Il labirinto
blog diarioMessaggi del 01/03/2012
Anatole France, pseudonym for Jacques Anatole Thibault (1844-1924), was the son of a Paris book dealer. He received a thorough classical education at the Collège Stanislas, a boys' school in Paris, and for a while he studied at the École des Chartes. For about twenty years he held diverse positions, but he always had enough time for his own writings, especially during his period as assistant librarian at the Senate from 1876 to 1890. His literary output is vast, and though he is chiefly known as a novelist and storyteller, there is hardly a literary genre that he did not touch upon at one time or another. France is a writer in the mainstream of French classicism. His style, modelled on Voltaire and Fénélon, as well as his urbane scepticism and enlightened hedonism, continue the tradition of the French eighteenth century. This outlook on life, which appears in all his works, is explicitly expressed in collection of aphorisms, Le Jardin d'Épicure (1895) [The Garden of Epicurus].
France had written several stories and novels before he achieved his first great success with Le Crime de Sylvestre Bonnard (1881). The novel received a prize from the Académie Française, of which France became a member in 1896.
In 1885 he published Le Livre de mon ami [My Friend's Book], a kind of autobiographical novel, which he continued with Pierre Nozière (1899), Le Petit Pierre (1918), and La Vie au fleur (1922) [The Bloom of Life]. From 1888 to 1892 France was the literary critic of the newspaper Le Temps. His reviews, inspired by the scepticism of Renan, but highly subjective, were collected in four volumes under the title La Vie littéraire (1888-92) [On Life and Letters]. About this time France turned sharply against the naturalism of Zola. His own work of this period consists of historical fiction that evokes past civilizations with great charm and deep insight. The period of transition from paganism to Christianity was one of his favourites. In 1889 appeared Balthazar, a fanciful version of the story of one of the Magi, and in 1890 Thaïs, the story of the conversion of an Alexandrian courtesan during the Christian era. L'Étui de nacre (1892) [Mother of Pearl] is the story of a hermit and a faun, an ironic conjunction typical of France's art.
In 1893 France published his most celebrated novel, La Rôtisserie de la Reine Pédauque [At the Sign of the Reine Pédauque], a vast tableau of life in eighteenth century France. The central figure of the novel, the Abbé Coignard, a complex, ironical, and lovable character, reappears in Les Opinions de Jérôme Coignard (1893) and the collection of stories Le Puits de Sainte Claire (1895) [The Well of Saint Claire]. With the tragic love story, Le Lys rouge (1894) [The Red Lily], France returned to a contemporary subject and in the following years wrote Histoire contemporaine (1896-1901), a group of prose works, not really novels, that have their unity in the character of Professor Bergeret, one of France's most famous creations.
In his later years France became increasingly interested in social questions. He protested the verdict in the Dreyfus case and developed some sympathies for socialism. Among his last important works were a biography of Joan of Arc (1908), Les Dieux ont soif (1912) [The Gods are Athirst], and La Révolte des anges (1914) [The Revolt of the Angels]. The collected works of Anatole France were published in twenty-five volumes between 1925 and 1935.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Scrittore francese (Saint-Lô 1821 - Parigi 1890). Ha vissuto a lungo a Saint-Lô, dove compose parecchie delle sue opere drammatiche, Scènes et proverbes (1851) e Scènes et comédies (1854), che non solamente nel titolo ricordano Comédies et proverbes di A. de Musset. Dopo il successo di La crise (1854) e di Dalila (1857), si stabilì a Parigi; protetto da Napoleone III, entrò all'Académie Française (1862), e fu quindi bibliotecario imperiale a Fontainebleau (1868). Con favore furono anche accolti i suoi romanzi, sentimentaleggianti e convenzionali, specialmente Le roman d'un jeune homme pauvre (1858) e l'Histoire de Sybille (1862); da ricordare anche Monsieur de Camors (1867), Un mariage dans le monde (1875), Le journal d'une femme (1878), Histoire d'une parisienne (1882), ecc. È scrittore elegante, ma di scarsa efficacia creativa nel caratterizzare personaggi e ambienti.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
olena Baldini (Vernio, 16 gennaio 1921 – Roma, 5 settembre 2009) è stata una scrittrice italiana.
BiografiaComincia a scrivere a 16 anni, con favole in versi, a "Primarosa", diretto dalla torinese signora Miotto. A 19 anni collabora alla Tribuna con Arnaldo Frateili con racconti, ma il ministro Gaetano Polverelli abolisce la terza pagina a causa della guerra. Riprende a lavorare nel dopoguerra con Tomaso Smith per il Paese e successivamente a Paese Sera diretto da Fausto Coen con una rubrica di varia umanità: il Settevolante, firmandosi Berenice. Pubblicata tutti i giorni, aveva come logo una lunga treccia (da qui il nome Berenice) disegnata in ordine da Renato Guttuso, Renzo Vespignani e Corrado Cagli. Collabora a paginoni con inchieste a tema, interrogando personaggi diversi.
Ha scritto due romanzi: L'innamorata (Mursia) e Il Tevere d'oro (Newton&Compton). Alcune sue interviste più importanti sono state raccolte nel libro "Presi a volo" (Editori Riuniti), che comprende personaggi come Luchino Visconti, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Eduardo De Filippo, Luigi Silori, Cesare Zavattini, Giorgio De Chirico, ecc.
Ha inoltre scritto una biografia del regista Mauro Bolognini (edita dal comune di Pistoia) e due libri-intervista, uno su Giorgio De Chirico e l'altro su Anna Magnani.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
L'enorme presenza di prostitute che si registrò in epoca vittoriana ebbe quindi come primo motivo di condanna il fatto che le donne, di solito di bassa estrazione sociale, che esercitavano il meretricio di loro spontanea volontà trovavano il sesso appagante e soddisfacente.
Ad ogni modo, al di là di quello che l'opinione dei benpensanti tendeva a credere, l'esercizio della prostituzione era dettato soprattutto da un'estrema indigenza e da una domanda sempre crescente di uomini insoddisfatti nella loro mascolinità e virili pulsioni che, al contrario di quelle femminili, non erano affatto represse ma piuttosto incoraggiate nella cultura vittoriana.
Molte donne, spinte dalla povertà, decidevano di vendersi ad uno o ad una ruffiana, che disponevano di loro come merci. Se mai avessero voluto smettere di prostituirsi avrebbero prima dovuto affrontare i loro padroni, che raramente avrebbero lasciato libere le loro fonti di sostentamento, e poi si sarebbero dovute confrontare con delle famiglie d'origine che quasi sicuramente non avrebbero ripreso in seno un membro con il marchio dell'”infamia” sociale.
I ruffiani erano spesso i gestori delle case chiuse, strutture più o meno raffinate frequentate da uomini di ogni ordine sociale, in cui i padroni trattavano direttamente con i clienti. La prostituta subentrava solo in un secondo momento e aveva l'obbligo di scambiare solo poche e generiche parole con l'avventore, che aveva pagato anticipatamente la prestazione. Spesso invece le prostitute vivevano sotto affitto del ruffiano, che le teneva in scacco richiedendo canoni altissimi e difficili da pagare con gli esigui compensi del meretricio di strada. Tuttavia, se l'affitto non fosse stato pagato, le ragazze sarebbero state buttate in strada ed esposte a pericoli e violenze di ogni genere.
Le prostitute più fortunate e intraprendenti vivevano invece in “case alloggio”, una sorta di bordelli organizzati dallo Stato, in cui si autogestivano le tariffe e le prestazioni.
Le prostitute più pagate ed apprezzate erano le vergini e ciò ha causato una vera e propria compravendita di bambine (ma anche maschi) che le famiglie più povere cedevano ai bordelli in cambio di cifre che potevano sfiorare anche le 400 sterline se i malcapitati avevano meno di 12 anni. Quando le richieste erano particolari e i clienti altolocati e danarosi, i ruffiani non si fecero scrupoli nel rapire bambine della borghesia o dell'alta società.
Nell età vittoriana, in cui i matrimoni combinati avvenivano anche tra preadolescenti, l'età legale per il consenso sessuale era di 12 anni, portata poi a 13 nel 1875. Questo limite così basso tuttavia avallava notevolmente la prostituzione infantile e dopo l'agghiacciante reportage di William Stead, cronista del Pall Mall Journal, sul mondo delle prostituite bambine e delle sevizie che sono costrette a subire, nasce un movimento sociale che culminerà con l'elevazione del limite a 16 anni nel 1885.
I bambini erano inoltre molto richiesti perchè si riteneva che non fossero portatori di quelle malattie veneree come la gonorrea e la sifilide, diffusissime in età vittoriana, e inoltre perchè alcune credenze popolari ritenessero il rapporto sessuale con un bambino curativo di queste patologie.
Queste malattie divennero il vero e proprio incubo dell' Inghilterra di fine '800 poiché dagli utenti delle prostitute si diramavano tra le loro mogli e i loro figli, creando scandali nell'alta società ed un alto tasso di mortalità della popolazione. I medici vittoriani in prima istanza sottovalutarono l'enorme proliferare di queste patologie, relegandole a fenomeno dei “bassi fondi”, ma quando i sintomi e la mortalità divennero innegabili anche tra i borghesi e la nobiltà si ricorse nel 1864 a promulgare una legge apposita secondo la quale potevano essere fermate ed obbligate ad essere visitate le prostitute sospette di essere infette. In caso di accertata malattia, venivano relegate per 3 mesi in un ospedale militare, in cui erano curate in stato di detenzione.
Alcun controllo però venne effettuato sugli utenti, che continuarono a propagare il contagio fino a spingerlo verso picchi mostruosi con l'avvento del Novecento.
Per contenere il contagio e limitare il ricorso alla prostituzione, eminenti scienziati e medici vittoriani iniziarono a prescrivere per gli uomini un uso circoscritto e saltuario delle loro “energie spermatiche”, invitandoli ad una vita domestica più morigerata e al rifiuto di malsane e non salutari pulsioni. Si promosse la continenza e l'autocontrollo come sintomo di elevazione morale, successo materiale e distinzione dalle classi sociali più basse, attanagliate e dominate dalle ansie sessuali. Persino la masturbazione e le polluzioni notturne furono individuate come incompatibili con sensibilità artistica e culturale e furono messi a punto particolari dispositivi per aiutare gli uomini in questo percorso di superamento dei bassi istinti. Queste pratiche repressive, che attribuivano all'eccesso di eccitazione sessuale la maggior parte dei disturbi mentali e fisici degli adolescenti, arrivarono sino alla pratica diffusa della cauterizzazione del pene e del clitoride.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
he decade of the 1880s "saw the meteoric rise and catastrophic fall of the brilliant Lord Randolph Churchill."1 An intense personality of shining wit and piercing sarcasm propelled him to great political heights, but before he reached the pinnacle, his career was instantaneously extinguished when he resigned as Chancellor of the Exchequer. Then the spark of life itself was snuffed out. His death at age 45, reportedly from syphilis, cast a pall over his early fame. Now that pall may be lifted. Lord Randolph Churchill's main symptoms are much more consistent with a less titillating but far more logical diagnosis.
Randolph Henry Spencer-Churchill, younger son of the 7th Duke of Marlborough, was born 13 February 1849. Like other young men of his time, he joined in the merry life of the Marlborough House set, where the tone was set by his friend the Prince of Wales.2 In 1874 at age 25, he married Jennie, the beautiful second daughter of Leonard and Clara Jerome of New York. He was elected a Member of Parliament for Woodstock and embarked upon a tumultuous political career.
Not all of Randolph's time was spent in the House of Commons. He took to the turf and traveled widely: as far afield as South Africa, from whence he returned in January 1892, sporting a beard. The next year he visited Russia and Germany to relax at spas with Jennie. Against their doctors' advice, Lord and Lady Randolph made a world tour in 1894 which was cut short by his rapidly deteriorating health. He returned to England in late 1894, "as weak and helpless in mind and body as a little child," according to his son and biographer.
Even as a young man, Randolph's health had been unreliable. He was a heavy smoker, sufficiently so to "burn his tongue," and friends and physicians advised him to quit smoking and moderate his drinking. He was a very hard worker, with a frenetic energy that Winston described as "of a temper that gallops till it falls."4 Periods of intense activity led to exhaustion, followed by periods of profound fatigue and melancholia.
Lord Randolph was seriously ill in 1890, with palpitations associated with exhaustion. His family physician, Dr. Robson Roose, prescribed belladonna, laudanum and digitalis. The following year, he experienced an episode of severe confusion, which suggests acute high blood pressure. Earlier, in 1882, he had had an extended illness which Lady Randolph's diary refers to as tiredness and fevers. Later, in mid-1893, Dr. Roose told Jennie, who was distraught over her husband's illness, that Randolph's heart condition had, nonetheless, been cured. But around this time, Randolph began to have speaking difficulties which were associated with hearing and balance problems.
Over the next two years until his death in 1895, Lord Randolph complained of dizziness, palpitations, and intermittent numbness in his hands and feet. His speech became more slurred, and during one of his last parliamentary speeches, he hesitated on the text. His friend Lord Rosebery later recorded that "he was the chief mourner at his own protracted funeral, a public pageant of gloomy years."5 He eventually became quick-tempered and combative. Finally, he died in a coma, with pneumonia and, probably, kidney failure.
His biographers, including his son Winston, were divided on the nature of Lord Randolph's medical problems and the cause of his death. They have generally attributed his deterioration and death to syphilis (Winston in conversation though not in print) and its late effects. Some have suggested other neurological conditions, such as epilepsy, multiple sclerosis, amyotrophic lateral sclerosis (Lou Gehrig's disease), chronic alcoholism or a brain tumor.
The dramatic deterioration in his health and the various descriptions of his behavior in his last three years might support a diagnosis of dementia paralytica in late or tertiary syphilis, which affects the brain and appears ten to twenty years after the primary infection. This would likely have affected Jennie and their two sons, Winston and Jack. But if a diagnosis of advanced syphilis is to be accepted, there must have been an initial infection.
There has been considerable speculation about when Randolph might have become"infected." The most notorious account is by journalist Frank Harris in his 1924 autobiography, My Life and Loves, who recounts a story told by Louis Jennings, Randolph's friend and political colleague, who had published Randolph's 1880-1888 speeches. After a drunken party, Jennings said, fellow students put Randolph with an "old hag." The next morning he woke, discovered his situation, threw money at the woman and fled. He was immediately treated by a local doctor with disinfectant. Eventually, "a little, round, very red pimple appeared...on his peccant member." (This is not the description of a primary syphilis chancre, but of herpes.) A doctor supposedly treated him with mercury and warned him off alcohol.
Jennings's story is questionable for several reasons. First, the chance of contracting syphilis in one sexual encounter is less than one percent. Also, Jennings, who was dead when Harris recounted the story, had an axe to grind: he had angrily deserted his friend when Randolph attacked the Tory party and several of its members in 1893. Jennings's account as reported by Harris has never been corroborated. By 1924, Harris himself had fallen out with Winston Churchill, for whom he had been a literary agent. Harris seems to have had a preoccupation with syphilis, having made the same assertions concerning Oscar Wilde, which were incorrect, and Guy de Maupassant.
Dr. Claude Quetel sheds further light on Harris: "He with whom became friendly in 1880, and who also had a one-track mind, tells of Maupassant's sexual vigor and boasting; the strange thing is that he was prouder of his amorous exploits than of the stories he had written."8 Lord Randolph's nephew, Shane Leslie, and Shane's daughter Anita, both concluded that Harris's "old hag" story was incredible, and offered their own scenarios. Shane Leslie alleged that Randolph was infected by a chamber maid at Blenheim Palace around the time of Winston's birth.9 He also asserts that Winston's brother Jack was not fathered by Randolph, but by John Strange, later Lord Roden, who at that time was the same age as Jennie's father-in-law, the Duke. There is no substantiation for this and pictures of Winston and Jack together belie the suggestion.
Anita Leslie theorizes that Randolph had a French mistress who had syphilis.11 She infers this from complaints by Jennie to the Duchess of Marlborough about Randolph's coldness toward her in 1886. But correspondence between Jennie and Randolph at that time begins "Dearest," possibly indicative of a sudden reconciliation. Was this the year Randolph first became aware of a deterioration in his health? While it would be another five years before the appearance of severe symptoms, did his physician Dr. Roose now suspect that late syphilis was a real possibility, and suggest he abstain from physical intimacy with Jennie?
The spirochete responsible for syphilis was not to be discovered until 1905 and the definitive blood test was not available until a couple of years later. Since the initial and secondary manifestations of syphilis are highly contagious, Dr. Roose would have been mindful of the current medical practice, requiring him to determine if Jennie and the two boys were infected. A contemporary medical text states: "When the patient is a married man the health of his wife and children will form a guide in enabling us to arrive at a correct diagnosis."12 Roose would also have inquired into any history of secondary syphilitic features such as a rash over much of the body. There is no record of any such problems.
There is no indication that Lady Randolph or her sons were infected with syphilis. If it is accepted, as reported, that both boys were born prematurely, this was more likely to have been due to a weak opening to the womb than to the disease. If the boys were not born prematurely, that would cast even greater doubt on a diagnosis of syphilis. Neither son was born with the infections that resemble secondary syphilis, nor did they have late hereditary syphilis, commonest between the ages of 7 and 15, manifested by deafness, partial blindness and/or notched teeth.
There is likewise no evidence that Jennie's subsequent husbands, or the many lovers she is alleged to have had, ever contracted syphilis. Although unlikely, this might have included the Prince of Wales, who wrote her after Lord Randolph's death: "My dear Lady Randolph, the sad news reached me this morning that all is over...& I felt that for his and your sakes it was best so...There was a cloud in our friendship but I am glad to think that it is long been forgotten by both of us."
In the late 19th century, there was a clear predisposition toward syphilis in clinical diagnosis. In 1889, Dr. William Gowers, a well-respected neurologist, emphasized this overdiagnosis of neurologic syphilis when he delivered the Lettsomian Lecture to the Medical Society of London. He chose as his topic "Syphilis and the Nervous System."
In mid-1893, Dr. Roose conferred with Dr. Gowers's colleague, Dr. Thomas Buzzard. By then, Lord Randolph was experiencing intermittent problems with speech, concentration, depression and more frequent outbursts of violent temper. Dr. Buzzard was an expert in managing neurosyphilis, or late syphilis of the brain. It was his opinion that 95 percent of his patients had the disease.
Dr. Roose's and Buzzard's preoccupation with dementia paralytica, sometimes referred to as "general paralysis" of the insane, as an explanation for Randolph's illness is understandable. There was then no definitive blood test, no effective treatment, no sophisticated neurological testing, and no imaging techniques, such as CAT scans and MRIs. Untreated syphilis, particularly dementia paralytica, manifests itself in many ways, and may be confused with other diseases without careful diagnosis.
The 19th century preoccupation with syphilis was noted again later by Dr. F. M. R. Walshe, a mid-20th century neurologist, who said: "The belief that syphilis is the commonest single cause of organic nervous disease dies hard. It is a legacy from the text books of the end of the last century, in virtue of which syphilis of the nervous system occupies the place of honor, as though 'by merit raised to that bad eminence,' in most accounts of disease of the nervous system."
It seems likely that Lord Randolph had been convinced by his doctors that he had a severe degenerative neurological condition, possibly syphilis, as early as 1886. But this is not clear because Dr. Roose uses the term "general paralysis" to refer to a condition caused by the disease, and to a condition caused by "exhaustion." He once commented, "Chronic inflammation of the brain attacks persons of exhausted habits, brought on by excesses and irregular living. The patient has frequent headaches and gradual loss of health, and then gets a perversion of most of the senses, as of sight, taste, smell,etc., and in fact, all the symptoms of the incipient mania. The only treatment is to try and combat the various morbid symptoms as they arise and improve the general health in every way; but, in two or three years, general paralysis is almost sure to occur." Here the term "general paralysis" is clearly associated with exhaustion--not syphilis.
Lady Randolph Churchill may have been apprised of her husband's condition during a secret visit to his doctors in 1892, which provoked a fearful row. Winston may have learned from the doctors about the seriousness of his father's illness in 1894. He wrote a distraught letter to his mother while her parents were on their world tour. But it is not certain whether he understood Randolph's illness to be syphilis.
At the end, it was evident that Drs. Roose and Buzzard were convinced that Randolph had "general paralysis," which many people have taken to be a code word for syphilis of the brain. Dr. Buzzard, in response to an inquiry from the Prince of Wales' physician, explained in December 1894 that "Lord Randolph is affected with General Paralysis the early symptoms of which in the form of tremor of the tongue and slurring articulation of words were evident to me at an interview two years ago. In Lord R's case the physical signs--tremor, faulty articulation, successive loss of power in various parts of the frame have been much more marked than the mental ones which have hitherto been of comparatively slight character, grandiose ideas however, not being absent at time & on some occasions violent of manner."
Are there diagnoses other than syphilis that explain the reported changes in Randolph's personality, the problems with speech, and the evidence of neurological and other deterioration? Could the changes simply have been the evidence of "exhaustion," as may have been Dr. Roose's notion? "At the present day 'want of tone' is the characteristic feature of disorders in general and in none is it more obvious than in those which peculiarly affect official and professional men working at high pressure. Excessive smoking, too much alcohol, tea, and coffee, often resorted to by overworked persons, are frequent causes of sleeplessness," wrote Dr. Roose two years after his famous patient's s death.21 Lord Randolph's personality appears to have been intense, and one psychiatrist has concluded that he was a manic depressive. Brilliant in many ways, Lord Randolph was also brisk and impatient. Much of his behavior during his last five years seems to be no more than an accentuation of his prior personality.
Lord Rosebery described Lord Randolph in comparable terms: "His wit, his sarcasm, his piercing personalities, his elaborate irony, and his effective delivery, gave astonishing popularity to his speeches. His slim, boyish figure, his mustache which had an emotion of its own, his round protruding eyes, gave a compound interest to his speeches and his conversation."
Another friend, George Smalley, commented, "Lord Randolph had...an imperious temper, an intellectual disdain of natures from which intellects had been omitted, moods of black despair late in life, but all through life acted to win his battles without much thought of the cost--all these he had, and no one of them nor all of them broke or impaired the spell laid upon those about him." And A.L. Rowse, the Churchill historian and biographer, asserted, "Though a very quick and piercing judge of a situation, Lord Randolph Churchill's judgment was not really reliable. He was self-willed and impulsive, above all impatient. If he had only had patience all the rest would have come into line. But he had the defect of an artistic temperament, what we in our day of psychological jargon diagnose as the manic depressive alternation--tremendous high spirits and racing energy on the upward bound, depression and discouragement on the down."
It is necessary to say, however, that Lord Randolph's uncontrollable rages were an embarrassment to him. In 1892, Winston inadvertently annoyed his father by firing a shotgun under his window; his father lost his temper, then quickly made amends. "Understanding that I was distressed," Winston wrote, "he took occasion to reassure me."There were other similar incidents, for which Lord Randolph was immediately apologetic.
Lord Randolph had always had a slight speech impediment, and as a youngster he had had hearing problems, so it is difficult to single out problems with his speech, once thought to be a clear and common symptom of syphilis in its late stage affecting the brain. In the same sense, the muddled thoughts, memory lapses and profound confusion, all features of syphilis's paralytica dementia, were absent from Randolph's writings until the end of 1894. He wrote more lengthily, and his script became shaky, but it was never unintelligible. Until the last, when he was in a coma, his thoughts expressed in writing were rational; they include a cogent letter to Winston while on the world tour in August 1894.
In a letter to his mother on 8 October 1894, Lord Randolph describes how he cured the numbness in his hands and feet by putting them in hot water.28 If he had been suffering from dementia, he would not have been able to write such a cohesive letter. A likely explanation for the longstanding problem with his circulation is his chain-smoking. Spasms in the arteries reduce circulation which causes numbness and pain due to lack of oxygen in the tissues.
His speech problems caused Randolph great frustration. "I know what I want to say but damn it, I can't say it," he told his friend Wilfrid Blunt in May 1894.29 At several times he expressed similar anxiety over the difficulty of articulating his words. These fugue states, or "psychic seizures" are strongly suggestive of a variety of epilepsy found in the deep parts of the brain, close to the speech area. The progressive march of the disease process strongly suggests an expanding lesion or mass.
Consistent with his right handedness is the possibility that Lord Randolph developed a left side brain tumor, for which no surgery was available. This would also be consistent with the circulation problems in his hands, which in turn would be related to his intermittent heart failure and arterial spasms from nicotine in cigarettes. Even Dr. Buzzard might have agreed when he said "...intense pain in the head, when it is coupled with amaurosis (or prostration) is very suggestive of the presence of an intra-cranial tumor...If instead of atrophy of the discs we had found optic neuritis, this condition, when taken in connection with the intense severity of the pain in the head, would have gone far towards enabling us to pronounce a somewhat confident diagnosis of intra-cranial tumor."
If Dr. Buzzard had been convinced that Lord Randolph Churchill had advanced syphilis, he would certainly have treated him with mercury and with potassium iodide, which he strongly espoused for all neurosyphilitic patients.31 But Buzzard makes no mention of such treatments in any of his papers during Randolph's illness--and, had Randolph taken these two, their toxic effects would have been evident.
Indeed, the only medications Lord Randolph received that can be documented were for pain (laudanum) and heart failure (belladonna and digitalis). Dr. Buzzard's reference to "general paralysis" in Randolph's case is not diagnostic of syphilis, although it suggests this was his eventual conclusion. While syphilis may have been a reasonable diagnosis in the absence of modern techniques, the patient's temperament, combined with his main symptom of speech and articulation problems and absence of dementia, is more consistent with a tumor deep in the left side of his brain. It is not possible to be certain; but it is more likely to be the proper diagnosis.
His father's illness impressed Winston Churchill with a strong sense of impending mortality. He frequently remarked that he needed to accomplish his goals before his forties, and his resultant activity caused observers to refer to him as a "young man in a hurry." Presumably he was happily surprised at his longevity, but he long accepted the common rumors about his father's death. Late in life he told his private secretary, "you know my father died of locomotion ataxia, the child of syphilis."
When did Churchill pick up this story? The likely time seems to be 1924, when Frank Harris's book was published, precisely when Winston had left the Liberal Party and reverted to the Conservatives. The Tories were incensed and attempted to blacken his name, calling him a drunkard and saying that he was infected with syphilis. This same year, his 11-year-old nephew was confronted by a classmate at Summer Field Prep School, Oxford, who charged, "My daddy says all you Churchills have revolting diseases and are quite mad.
Winston survived the Tory attacks and became Chancellor of the Exchequer, the greatest cabinet position his father had held. Now, his father's reputation can also be vindicated.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
When, in 1918, Jennie Churchill married her third husband, the implausibly named Montagu Phippen Porch, she was 67, he 44 - three years younger than her son Winston. Nevertheless, her nephew Sunny Marlborough noticed at the time that Porch seemed to be 'physically in love' with her, that she 'showed signs of his attentions' and looked worn out after three days with him. Jennie, meanwhile, was quoted as saying of her latest catch: 'He has a future and I have a past, so we should be alright.'
This combination of sexual energy and breezy optimism had propelled Jennie - 'more panther than woman' according to one of many admirers - through an incredible roller-coaster life. Not surprisingly, given whose mother she was and her reputed tally of 200 lovers, there have been several biographies; this thoughtful and scrupulously researched book by Anne Sebba is the sixth.
Born in New York in 1854, Jennie inherited from her financier father, Leonard Jerome, an indomitable spirit that had led him, as one of his grandsons wrote, up a new financial hill every time he fell down. Aged 19, at an afternoon ball aboard a ship in Cowes harbour, the sultry Jennie Jerome met Lord Randolph Churchill, then 23, the second surviving son of the 7th Duke of Marlborough. She fell instantly in love and three days later agreed to marry him.
What made the young Jennie tick up to this point in her life is not easy to fathom - as Sebba points out, the letters between members of the Jerome family are 'short on emotions, expectations and anxieties'.
But Sebba makes a convincing case that what occurred with Randolph was a coup de foudre - however unlikely that may seem given how Randolph looked and behaved. She is equally persuasive that Winston was most probably conceived before they married, in 1874 - attesting to Jennie's 'confidence, physical passion, craving for excitement and sexual fearlessness' - though the author's plea that her interest here is 'not a prurient one' sounds a little priggish.
Overall, however, Sebba's tone is far from that; her prose is clear, her judgments sensible. She is good on how Jennie helped the erratic Randolph in his strangely meteoric political career and moving when chronicling the disintegration of their marriage and their final world cruise as he went through what were probably the last stages of syphilis - Rosebery memorably recorded that Randolph was 'the chief mourner at his own protracted funeral'. But the real strength of the book is its examination of Jennie's role in shaping the character and career of Winston.
It is hard to disagree with the assessment of Winston's daughter Mary Soames that even by the standards of their generation, Lord and Lady Randolph Churchill were 'pretty awful parents' to their eldest son when he was a boy.
This book has plenty of evidence to back this up - notably Winston's letters from his peculiarly sadistic prep school imploring his parents to take him away, or at least come and see him; on the back of some of these are scribbled the names of those Jennie planned to ask to dinner. Sebba does not deny the neglect, but nevertheless has us believe that Jennie always loved her eldest son, and that she 'always knew that Winston would be her greatest achievement'.
Winston's adolescent letters accusing his mother of maltreatment, far from damaging their relationship, taught him 'how far he could push and still carry those who loved and supported him, basic leadership skills', writes Sebba.
When he was ready to embark on a career, Jennie badgered everyone she thought might advance it. His pushy mother made Churchill a controversial figure at times, but no one could say that she hadn't helped him on his way.
Sebba suggests that Jennie's liking for younger men - her second husband, George Cornwallis-West, was, like her third, more than 20 years her junior - was due to the fact that she did not wish to allow anyone to compete with Winston for her attention. And she never did. She even interrupted her honeymoon with Cornwallis-West to help her son's election campaign in Oldham.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Il matrimonio non era solo uno strumento sociale per vari fini, ma anche un complesso intreccio di regole dette e non dette, consuetudini più o meno rigide e comportamenti che ci fanno un esempio di una società molto diversa da quella a cui siamo abituati, fornendoci quindi un mezzo di paragone attraverso una istituzione ancora presente, ma che ha progressivamente mutato le sue caratteristiche
Il fidanzamento
Ovvero ciò che c'era prima. Il fidanzamento era il primo passo dell'unione e rappresentava la fase delle trattative e delle ambascerie. Come per tutte le cose c'erano due motivi per cui ci si fidanzava (e poi sposava), prendendo quindi un impegno sia legale che economico: per amore o per convenienza.
I matrimoni e i fidanzamenti per amore erano rari e considerati sconvenienti, del tutto provinciali. Il matrimonio per amore era una pratica che esisteva tra la povera gente che aveva poco da guadagnare e da perdere, mentre ad alti livelli imperversavano accordi prenuziali, alleanze strette con lo sposalizio di figli ed eredi e scambi di fortune a mezzo di doti e apannaggi.
La famiglia: il suo ruolo nel matrimonio
La famiglia era la vera burattinaia dei matrimoni. Trattandosi di accordi di convenienza abilmente orchestrati da chi dirigeva il casato e il patrimonio, molto spesso i pareri degli sposi non erano neanche tenuti in considerazione, il che di certo non aiutava a creare unioni felici perchè molto spesso si venivano a creare coppie dove i due fidanzati si trovavano addirittura insopportabili.
Se vogliamo questa può essere anche una delle ragioni per cui la prostituzione era una piaga così difficile da estirpare in una società puritana come quella di epoca vittoriana.
Erano i parenti, tutt'al più lo sposo che prendevano gli accordi per il matrimonio, ovvero la dote e le richieste della famiglia di lei: trattamento, spese, mantenimento, cosa fare in caso di altri figli, come trattare la prole nata dal matrimonio e così via.
Ogni dettaglio veniva analizzato e si sceglievano sempre le strade più convenienti.
Alla fine il matrimonio non era altro che una contrattazione dove la parte rappresentata dallo sposo cercava di strappare le condizioni più vantggiose e la famiglia della sposa cercava di alzare il prezzo.
A questo proposito è facile intuire come mai le ragazze da marito venissero così spesso paragonate a cavalle, mucche e altri animali da cui trarre profitto, piuttosto che esseri umani dotati di una loro dignità.
Allargando inoltre la famiglia, le due casate entravano in contatto, scambiandosi agganci e conoscenze influenti che potevano vantare per elevarsi maggiormente nella scala sociale.
La dote: il matrimonio e la ricchezza
Tasto assai dolente era rappresentato dalla dote.
Essa era costituita da denaro, bestiame, terreni o altri beni che venivano consegnati al marito assieme alla ragazza. Più una ragazza proveniva da una famiglia altolocata o benestante, più la sua dote era faraonica, il che la rendeva un'ottima conquista sia per coloro che volevano assestare la propria posizione sociale ed economica o addirittura acquisirla direttamente dal matrimonio (i cacciatori di dote).
Innumerevoli sono stati i matrimoni contratti per saldare debiti di gioco o di investimenti falliti dove si è sfruttata la dote di lei.
Le ragazze erano molto serie sul concetto della dote perchè ciò le rendeva desiderabili e, allo stesso tempo, conferiva loro quel minimo di autorità. In alcuni casi la dote delle ragazze di casa era accantonata nel corso degli anni fin dalla nascita e si trattava di un patrimonio al quale anche il capofamiglia non poteva attingere, per questo era, insomma, l'unica cosa di cui potevano disporre liberamente.
Una ragazza senza dote difficilmente si sposava.
Nella nostra cultura moderna il concetto della dote assueme quasi le fattezze di un premio per lo sposo per essersi portato via la ragazza, in realtà essa aveva un significato molto profondo per una società dove le donne contavano meno di zero.
Il corredo: il necessaire per un sposa
Il corredo era l'altra faccia della dote, si trattava della biancheria e degli abiti, delle supellettili e degli oggetti che la sposa portava con sè per iniziare una nuova vita insieme.
Benchè solitamente col termine corredo ci si riferisca a biancheria da casa e da persona, sono capitati casi di ragazze che hanno portato con loro anche cavalli e carrozze e una moltitudine di servi.
Il corredo poteva essere pagato dalla famiglia di lei (in quel caso era detratto dalla dote) oppure dalla famiglia dello sposo, la ragazza passava le giornate del suo lungo fidanzamento a confezionare quello che le sarebbe tornato utile come sposa.
Si ricamavano copriletti e camiciole, babbucce da casa e ventagli. Si decoravano cuscini e carta da lettere.
Negli ultimi giorni prima del matrimonio era consuetudine che le donne di casa si riunissero per ultimare assieme il corredo fornendo alla futura sposa validi consigli dettati dall'esperienza, dal buonsenso e dalla morale.
La fuga d'amore: scappiamo a sposarci!
Benchè i matrimoni d'amore fossero rari, senz'altro non erano estinti.
In quel caso l difficoltà per i due giovani sposi erano notevoli, non solo bisognava riuscire a sposarsi contro il volere delle famiglie, ma occorreva addirittura andare a farlo all'estero! Già, specialmente se la sposa era minorenne per la legge inglese (che a quel tempo prevedeva la maggiore età dopo i 21 anni).
E in quel caso?
Si andava in Scozia.
Gretna era la prima città oltre il confine scozzese ed era la meta prediletta per tutte le coppie fuggiasche d'Inghilterra, lì gli innamorati potevano sposarsi alla maggiore età degli scozzeri, ovvero 16 anni.
Il fabbro celebrava una cerimonia ufficiale nel retro della sua bottega rendendo quindi valido l'atto. Grazie poi all'Atto di Unione, il matrimonio contratto in Scozia era valido anche nel resto del Regno Unito, quindi anche per i fuggitivi.
Molti libri accennano ad una fuga a Gretna: Orgoglio e Pregiudizio dice infatti che Wickham e Lydia sono fuggiti per andarsi a sposare a Gretna e che poi non hanno mai lasciato Londra, finendo quindi per rovinare la reputazione di lei non essendo ufficialmente sposati.
Anche in L'uomo del mio desiderio la protagonista Megan Penworthy e il Duca di Wrothson, travestito da stalliere, sono costretti a fuggire in Scozia per un matrimonio riparatore piuttosto rapido visto che lei era rimasta incinta.
Come accennato la fuga d'amore era solo uno dei motivi per cui si andava a sposarsi all'estero, naturalmente il matrimonio riparatore era ad un gradino piuttosto alto nelle motivazioni, fuggire a Gretna permetteva inoltre una cerimonia veloce senza troppe complicazioni legale e giudiziarie, inoltre era anche un'ottima meta per gli approfittatori che, facendo credere alla ragazza di essere innamorati di lei, la conducevano in Scoziae la sposavano contro il volere della famiglia, appropriandosi quindi della di lei dote (magari cospicua) e garantendosi il nome della famiglia di lei assieme al proprio, sebbene questi potessero non essere bene accolti.
Non tutte le famiglie accettavano bene un figlio o una figlia che erano stati costretti a sposarsi in quel modo, in casi estremi, per aver compiuto una scelta sbagliata (ai loro occhi) sulla compagna della vita, questi finivano per essere diseredati ed estromessi dal testamento.
Il matrimonio religioso
Nessuno si fa problemi ad affermare che la società vittoriana fosse bigotta, ma il ruolo del matrimonio è un'ottima cavia da analizzare.
Dal punto di vista teologico esso univa per tutta la vita due persone agli occhi di Dio e degli uomini con un vincolo che nessuno aveva il potere di rompere, a parte la Chiesa Anglicana stessa con validi motivi.
Con il matrimonio si acquisivano obblighi nei confronti di Dio verso la propria sposa e viceversa, tuttavia il matrimonio sanciva sia legalmente che teologicamente la completa sudditanza della donna al marito, del quale era praticamente schiava.
Un esempio semplice è il caso di omicidio: esisteva la pena capitale per questo crimine, tuttavia se una donna aveva ucciso sotto ordine del marito, in quel caso la pena non veniva inflitta perchè una donna era tenuta ad obbedire al consorte e non a pensare agli ordini ricevuti.
Una palese ingiustizia visto che l'uguaglianza degli uomini era già stata redatta qualche decennio prima... ma forse è da dire che l'uguaglianza dei maschi era stata abbozzata, quella tra uomini e donne avrebbe dovuto aspettare ancora un secolo prima di diventare ufficiale.
Se un marito era tenuto a rispettare la moglie, trattarla bene, averne cura e darle dei figli, una donna aveva molti più obblighi verso l'uomo: obbedienza, devozione, umiltà, prendersene cura, praticamente assoluta sottomissione.
Le percosse domestiche erano una triste realtà (purtroppo lo sono tutt'ora) che non creava scalpore.
Il divorzio: la parola proibita
Il divorzio era considerato immorale. E come quasi tutte le cose immorali, molto praticato.
E' scontato che con le premesse che sono state fatte sul matrimonio, molte non arrivassero al "finchè morte non vi separi". Moriamo tutti, ma moli non insieme.
Insomma, quando un uomo e una donna riuscivano a liberarsi dell'ingombrante influenza della famiglia o erano abbastanza fortunati da avere una scusante, il divorzio era una strada battuta.
Sperare nella morte del proprio coniuge, sebbene non fosse una stranezza con la mortalità dell'epoca, era comunque poco umano, il che rendeva le strade annullamento/divorzio e similari abbastanza frequentate. Chi poteva permetterselo mandava la moglie lontano, in campagna magari o nella tenuta invernale per l'intera durata dell'anno, i coniugi conducevano vite separate, avevano i loro circoli e i loro giri, le loro conoscenze. La comparsa di coppia era una rarità per le occasioni particolarmente mondane.
Il divorzio era una pratica che non permetteva comunque l'annullamento teologico del matrimonio, ma almeno non richiedeva motivazioni particolari; per l'annullamento vero e proprio, gestito da un gruppo di specialisti simile alla Sacra Rota romana, occorreva fornire dei perchè si richiedesse l'annullamente e fornire esempi e causali con testimoni. I motivi dovevano andare contro alcune delle leggi divine, tra cui il più utilizzato ero senza dubbio la non consumazione del matrimonio.
Le tre regole di validità di un matrimonio
Paradossalmente di solito venivano a mancarne due su tre, ma anche il 3 a 3 era piuttosto quotato.
Libertà di scelta. Gli sposi non dovevano aver subito pressioni e dovevano aver preso con coscienza la decisione di sposarsi. Come si è detto sopra, non erano loro che si occupavano di questa scelta.
Validità degli atti. Il matrimonio celebrato da un pastore era valido legalmente se questi aveva posto le domande di rito (libertà di scelta, consapevolezza di sè ecc) e depositato gli atti al locale municipio. Se il matrimonio era celebrato solo civilmente (cosa rarissima), occorrevano testimoni alla lettura delle domande di rito, firme varie e che il celebrante fosse autorizzato legalmente.
Consumazione del matrimonio. Dopo la celebrazione il matrimonio doveva essere consumato. Un matrimonio non consumato non era valido nè agli occhi di Dio nè a quelli della legge. Il problema era trovare il momento giusto di dirlo.
La sposa perfetta
Una ragazza era considerata una potenziale ottima moglie se possedeva diversi requisiti impotanti. Ella non doveva essere considerata "stupida", doveva avere una buona reputazione e non essere conosciuta per i suoi eccessi al gioco o con il bere (per esempio il punch era piuttosto alcolico).
Doveva avere buona educazione e buone maniere, modestia, fede e carità. Compassione per i più miserabili e spirito lavoratore.
Doveva essere vergine e pia e desiderosa di compiacere il marito in ogni forma egli ritenesse opportuna.
L'educazione eccessiva era un difetto, esattamente come l'avere opinioni e idee riguardo al mondo. Anche uno spirito particolarmente indipendente che si manifestava con un impiego proprio era poco apprezzato.
Doveva frequentare gente rispettabile senza volersi innalzare a livelli superiori.
Doveva avere una dote e un corredo.
Per gli uomini la cosa fondamentale era che avessero i soldi o i mezzi per mantenere la famiglia. Il resto era secondario. Alcune badavano al fatto che non fosse conosciuto come un violento o un frequentatore di bordelli, chissà perchè...
Risposarsi.
Era consuetudine diffusa che le persone si risposassero nel caso divorziassero o rimanessero vedove.
Era quindi abbastanza comune avere coppie con una discreta differenza d'età, magari uomini avanti negli anni che sposavano giovani fanciulle nel fiore degli anni per garantire la discendenza in cambio di potere e denaro. Oppure mature matrone di mezza età che sceglievano giovani mariti scavezzacollo per godere delle grazie della giovinezza una seconda volta.
Solitamente erano gli uomini quelli con l'età più avanzata, anche perchè un gentiluomo iniziava a mettersi alla ricerca di una moglie intorno ai 25 anni. In alcuni casi aveva già un fidanzamento costruito quando era ancora nella culla, in altri il giovane doveva procacciarsi una compagna. Le ragazze da marito, comunque, avevano tutte dai 17 ai 23 anni.
Un uomo che sposava in seconde nozze una ragazza non faceva scandalo, il contrario era invece degno di diventare lo scandalo del prossimo quotidiano.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Tutti aspiriamo a un posto in Paradiso.Corriamo,inseguiamo chissà che,per poi scoprire che si trovano solo posti in piedi,perchè tutti cercano la stessa cosa (dall'ultimo film di Carlo Verdone)
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38