Messaggi del 01/08/2012

Scrittori dimenticati:Rupert Brooke

Post n°3342 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

A man of great physical beauty by reputation, Rupert Brooke was born in Rugby, Warwickshire where he attended the local school. He then gained entry into King's College, Cambridge (1905-11) where he became a Fellow in 1912. He travelled extensively and wrote many travel letters for the 'Westminster Gazette', London (1912-13). At the start of the First World War in 1914, he was assigned to the Royal Naval Volunteer Reserve. He saw action at Antwerp which inspired the writing of five passionately patriotic sonnets, the last of them being The Soldier. He was at the height of his fame when he died during the war aged twenty-seven. He had been on his way to serve in the Dardanelles when he died of blood poisoning at Scyros and was buried there.

 
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Scrittori dimenticati:Siegfried Sassoon

Post n°3341 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Siegfried Sassoon was born on 8th September 1886 at Weirleigh, near Paddock Wood in Kent. After Marlborough College he went to Clare College,Cambridge, but left without a degree. For the next eight years lived the life of a country gentleman. He spent his tie hunting, playing sports and writing poetry. Published privately, Sassoon's poetry made very little impact on the critics or the book buying public.

On the outbreak of the First World War Sassoon enlisted as a cavalry trooper in the Sussex Yeomanry. In May 1915 Sassoon became an officer in the Royal Fusiliers, and was posted to the Western Front in France. Considered to be recklessly brave, he soon obtained the nickname 'Mad Jack'. In June 1916 he was awarded the Military Cross for bringing a wounded man back to the British lines while under heavy fire. While in France he met the poetsRobert GravesandWilfred Owen.

After being wounded in April 1917, Sassoon was sent back to England. Sassoon had grown increasingly angry about the tactics being employed by the British Army and in July 1917 published a Soldier's Declaration, which announced that "I am making this statement as an act of willful defiance of military authority, because I believe that the war is being deliberately prolonged by those who have the power to end it."

Sassoon's hostility to war was also reflected in his poetry. During the war Sassoon developed a harshly satirical style that he used to attack the incompetence and inhumanity of senior military officers. These poems caused great controversy when they were published in The Old Huntsman (1917) and Counter-Attack(1918).

Despite his public attacks on the way the war was being managed, Sassoon, like Wilfred Owen and Robert Graves, agreed to continue to fight. Sassoon was sent to Palestine and France before further injuries forced him to return to England.

Over the next thirty years Sassoon wrote three semi-autobiographical works, Memoirs of a Fox-Hunting Man(1928), Memoirs of an Infantry Officer (1930) and Sherston's Progress (1936). This was followed by three volumes of autobiography, The Old Century (1938), The Weald of Youth (1942) and Siegfried's Journey(1945).

Siegfried Sassoon died in 1967.

 
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Quando i lillà (Whitman)

Post n°3340 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Quando i lillà fiorirono l’ultima volta davanti
alla casa,
E la gran stella s’immerse presto nel cielo
d’occidente a notte,
Ecco io presi a piangere, e sarò sempre in pianto
quando la primavera tornerà.

Primavera che sempre ritorni, certo una trinità
tu mi conduci,
lillà perennemente in fiore e stella declinante
ad occidente. 
Con il pensiero di colui che amo.

2

O stella possente che cali a occidente!
O ombre della notte – O malinconica notte di lacrime!

O grande stella scomparsa – Oh il velo nero che
Cela la stella!

O mani crudeli, che mi tenete impotente – O anima mia senza aiuto!
O nuvola spietata che mi accerchi, e non vuoi
liberare la mia anima.

3

Nell’aiola di fronte alla porta d’una vecchia
fattoria, vicino allo steccato tutto bianco di vernice.
Cresce l’alto arboscello dei lillà con le sue foglie
a cuore, di un intenso verde.

Con i suoi bocci a punta che delicatamente si levano,
con il forte profumo che amo.
Con ogni foglia un miracolo – e dall’arbusto che
sta presso la porta.

Con bocci dai colori delicati e con le foglie a cuore
di un intenso verde.
Spezzo un piccolo ramo col tuo fiore.

 
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Scrittrici dimenticate:Laura Terracina

Post n°3339 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

oetessa (Napoli 1519 - ivi 1577 circa). Fu assai lodata ai suoi tempi, ma la sua feconda produzione (Rime1548Seste rime1558; ecc.), di fondo moraleggiante, non si stacca dai canoni più consueti del petrarchismo. Singolare fortuna ebbe il suo Discorso sopra tutti i primi canti d'Orlando furioso (1549), in ottava rima.

 
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Scrittrici dimenticate:Minna Canth

Post n°3338 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

 

Minna Canth, nata Ulrika Wilhelmina Johnsson (Tampere19 marzo 1844 – Kuopio12 maggio 1897), è stata una scrittrice finlandese, oltre a svolgere il ruolo di attivista sociale.


Quando il marito divenne direttore di un giornale, Minna incominciò una decisa campagna femminista.Nacque in una famiglia operaia e sposò il giornalista Johan Ferdinand Canth (1835-1879).

Nonostante la sua ardua situazione, venutasi a creare dopo la morte del marito e la presenza di sette figli da mantenere, Minna proseguì la sua attività di scrittrice.

I temi ricorrenti dei suoi primi lavori furono soprattutto le ingiustizie sociali ed i guasti provocati dalla miseria. I drammi Tyomieben vaimo ("La moglie dell'operaio") del 1885 e Kovan onnen lapsia ("Figli della sventura") del 1888 si caratterizzarono per un intenso realismo e per il gusto di scene violente.[1]

Nella successiva fase letteraria, Minna Canth focalizzò le problematiche morali, evidenziando ottime qualità di penetrazione psicologica. E quindi nel dramma Papin perbe ("La famiglia del pastore") del 1891, l'autrice ripresentò il contrasto fra padri e figli, mentre in Sylvi del 1893 la scrittrice mostrò segni di influenza ibseniana descrivendo la storia di una giovinetta generosa ma eccessivamente impulsiva.

In una delle sue opere più riuscite, Anna Liisa del 1895, invece l'autrice evidenziò elementi di ispirazione tolstojani, riuscendo a portare a compimento l'operazione di trasfigurazione del male con modalità e strumenti artistici.

Minna Canth è stata la prima donna a ricevere un suo Flag days in Finlandia, a partire dal 19 marzo del 2007.

 

 
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Ritratti di donna:Argentina Altobelli

Post n°3337 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Argentina Altobelli è una delle più splendide figure femminili che siano esistite tra Ottocento e Novecento. Nata a Imola nel 1866, morì a Roma nel 1942. Dirigente socialista con Filippo Turati e Anna Kuliscioff, fondò il sindacato dei lavoratori agricoli e anticipò le battaglie per l’emancipazione delle donne. Fu segretaria nazionale della Federterra dal 1905 al 1922 quando i gerarchi fascisti la fecero allontanare da Bologna dove aveva sede l’organizzazione sindacale. Qualche tempo dopo, Mussolini, che l’aveva conosciuta personalmente in gioventù, la fece chiamare per proporle di dirigere il sindacato agricolo fascista. Ma lei oppose un netto rifiuto e preferì affrontare nella miseria gli anni che le restavano da vivere.

Il suo primo impegno nel sindacato fu rivolto alla difesa dei diritti delle mondariso e dei giornalieri avventizi, le due categorie più umili dei lavoratori della terra, “le formiche erranti più numerose – per usare una espressione a lei cara – che non hanno mai la sicurezza del pane”. Argentina Altobelli era profondamente convinta che per avanzare sulla strada delle conquiste sociali e politiche bisognava coinvolgere nelle lotte anche le donne, occupandosi prima di tutto dei loro problemi. Da qui la costante attenzione alla difesa dei diritti civili dei contadini e dei loro figli, dalla casa ai servizi sociali e all’istruzione, e l’impegno costante per ottenere già in quegli anni una legge che permettesse il divorzio.

Partendo dall’originario nucleo bracciantile padano, la dirigente sindacale guardò sempre con grande attenzione al Mezzogiorno, organizzando convegni sui temi dell’emigrazione interna e della colonizzazione in Sardegna e in Basilicata e iniziative di lotta contro la disoccupazione in Puglia, Calabria e Sicilia. Nel 1908 si precipitò a Messina per partecipare alle attività di soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto e per questa sua azione ottenne una menzione speciale da parte del governo. Nel 1915 organizzò nei locali di Roma della Cassa Nazionale Infortuni (l’Inps attuale), che lei aveva contribuito a fondare, una clinica di fortuna per accogliere ed assistere una parte dei feriti nel terremoto della Marsica. 

Intensificandosi i fenomeni migratori prima verso l’Argentina e poi verso gli Stati Uniti, fu la Federterra, più di ogni altro sindacato di categoria, a svolgere una funzione di tutela e di assistenza a favore degli emigranti, persino con accordi di sindacalizzazione coi paesi di arrivo.


***

La nascita e il radicamento dell’organizzazione sindacale nelle campagne italiane s’inserivano nel più vasto e grandioso moto di emancipazione delle masse contadine in Europa, in America e in Australia. E come avvenne in Italia, anche in altri paesi e regioni, dal Canada alla Danimarca fino all’Andalusia, questo processo fu guidato essenzialmente dai socialisti. 

E’ stato, dunque, per primo il movimento socialista a far sì che i contadini rompessero le proprie catene non più attraverso la jacquerie, come era avvenuto nei secoli precedenti da Spartaco fino al brigantaggio post unitario, ma organizzandosi in moderne strutture partecipative. In Canada, il partito della “Nuova Democrazia”, aderente all’Internazionale Socialista, nacque come partito delle cooperative rurali. In Danimarca, il tessuto cooperativistico, che tuttora caratterizza la totalità del settore agroalimentare danese e ne fa il tratto fondamentale della sua forza economica, è opera dell’impegno che profuse già negli ultimi decenni dell’Ottocento il partito socialdemocratico di quel paese.

Anche in Italia, le origini del movimento socialista furono rurali e l’impegno di questa forza politica si espresse non solo nel campo cooperativistico e nella gestione degli enti locali, ma soprattutto nella costruzione di un ramificato tessuto sindacale nelle campagne. Quel processo di sindacalizzazione era l’esito non solo e non tanto delle lotte per i miglioramenti salariali e di orario, ma soprattutto delle iniziative per strutturare il collocamento. La Federterra ambiva, in sostanza, ad esercitare una sorta di monopolio nel collocamento della manodopera, obiettivo che le avrebbe consentito di detenere le chiavi del mercato del lavoro. Argentina Altobelli considerava, infatti, la disciplina del collocamento l’elemento determinante della strategia sindacale, anzi “la salvaguardia di ogni conquista”. 

La costruzione del sindacato agricolo era, dunque, tutt’uno con la nascita e lo sviluppo dei servizi attraverso i quali passava il flusso di manodopera e della pratica di imporre al datore di lavoro l’assunzione di coloro che man mano venivano scelti sulla base di una graduatoria precedentemente stilata. E’ da queste esperienze maturate nei primi decenni del Novecento nelle campagne italiane che nacquero il principio della richiesta numerica, l’organizzazione delle strutture del collocamento e le forme di tutela previdenziale, su cui si esercitò nel secondo dopoguerra l’azione riformista nelle campagne.

Si trattava, in definitiva, di un sindacalismo fortemente e meticolosamente strutturato e istituzionalizzato: più dell’azione di controllare il salario, il problema fondamentale era quello di ripartire le scarse occasioni di lavoro. Il modello era per certi versi analogo a quello che in altri paesi, e solo in parte in Italia, si sviluppava sul terreno economico del mercato dei prodotti agricoli, mediante la costruzione di una meticolosa ed estesa rete associativa dei produttori, volta a controllare tutto lo spazio entro cui si realizzavano e si realizzano lo scambio delle materie prime e le fasi della trasformazione e commercializzazione degli alimenti. 

Sia sul versante del lavoro e dei diritti civili che su quello dei prodotti agricoli, settori importanti del movimento socialista del primo Novecento anticipavano contenuti e strumenti dello Stato sociale, del protezionismo agricolo e delle condizioni civili e sociali, dalla casa al diritto di famiglia e al divorzio, che sarebbero diventati oggetto di importanti riforme, conquistate con l’iniziativa di massa nel secondo dopoguerra. 


***

Ricordare Argentina Altobelli e gli albori del sindacalismo agricolo deve indurre a riflettere su quanto avviene oggi nelle campagne italiane alle prese con la globalizzazione e le crisi economica, climatica ed energetica: si è in presenza di gravissimi problemi di disorganizzazione nelle filiere produttive, nel mercato dei prodotti agricoli e nei sistemi territoriali e di una debolezza cronica del potere contrattuale dei produttori. A questi fenomeni, negli ultimi tempi, sono venuti ad aggiungersi lo sfruttamento degli immigrati, a volte anche nelle forme raccapriccianti dello schiavismo, che non permette di cogliere le opportunità derivanti dai flussi migratori su scala planetaria, e il fenomeno dell’antagonismo miope e devastante tra modelli culturali agricoli, che impedisce un loro reciproco rafforzamento mediante l’interazione virtuosa nell’ambito dello sviluppo territoriale.

Ma a questo punto non si può eludere una domanda che sorge spontanea: perché agli inizi del secolo scorso la creazione di una grande rete protettiva nelle campagne, fortemente istituzionalizzata nelle relazioni contrattuali, nei servizi di collocamento e nell’organizzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli, ebbe una grande funzione di sviluppo civile e culturale e accompagnò la nascita e l’espansione del riformismo socialista; mentre oggi siamo in presenza di un sindacalismo che, per certi versi, è parte esso stesso della crisi dell’agricoltura e dei territori rurali? 

La risposta non è semplice e non può non partire da una riflessione seria sulle modalità con cui le organizzazioni sindacali e professionali hanno gestito, dagli anni Settanta in poi, le conquiste dello Stato sociale e della politica agricola comune (PAC). Anziché utilizzare i successi per creare trasparenza nel mercato, riduzione delle iniquità, riconoscimento di capacità e meriti delle persone, delle imprese e delle realtà associative, le organizzazioni hanno preferito orientare le normative ei flussi di risorse pubbliche, spesso distorcendone le finalità, per alimentare le proprie strutture a prescindere dai reali benefici per i propri associati e per la collettività.

Che altro senso può avere che l’Europa continui ad erogare forme di sostegno al reddito agricolo in una visione assistenzialistica e corporativa e mai come legittimo e misurabile corrispettivo di un bene pubblico indipendentemente dalla condizione professionale di chi lo produce? Che altro può significare che ancora oggi l’INPS continui a riconoscere l’indennità di disoccupazione a chi dichiara di aver lavorato per 51 giornate in agricoltura - soglia minima che si riduce addirittura a quattro giornate nei periodi in cui si verificano condizioni di maltempo - quando è a tutti noto che la maggior parte dei cosiddetti “cinquantunisti” non ha nulla a che vedere con l’attività agricola?

Eppure si tratta di enormi risorse che, anziché continuare a produrre ingiustizie e iniquità, potrebbero essere orientate verso ben più giustificabili obiettivi: generare beni pubblici, come il paesaggio agrario e la biodiversità; perseguire lo sviluppo rurale; rafforzare gli strumenti e i servizi che accrescono il potere contrattuale dei produttori nel mercato; integrare gli immigrati nelle aree a rischio di spopolamento, dotandoli di competenze, terra, credito agevolato e servizi civili.

Per cogliere lo spirito originario della costruzione delle reti sociali, civili ed economiche, che ha pervaso l’impegno politico e sindacale di figure come Argentina Altobelli e del movimento socialista a cavallo tra Ottocento e Novecento, e così creare effettive opportunità di crescita e tutele diffuse, le forze politiche e sociali che intendono ereditare quella nobile tradizione devono saper intercettare le aspettative di libertà degli individui e di tenuta solidale delle comunità, riconoscendo il merito, la fiducia, la reciprocità e la responsabilità come i nuovi ingredienti dell’eguaglianza, valorizzando l’iniziativa di singoli e di associazioni per il bene comune e concependo la soddisfazione di un bisogno primario non più come un atto assistenziale ma un’opportunità di sviluppo. 

Si tratta, in sostanza, di combattere a viso aperto le pretese corporative e i privilegi degli insiders e di quelle burocrazie sindacali che su di essi si alimentano in modo autoreferenziale e, al tempo stesso, di riconoscere i meriti, i comportamenti che producono fiducia e responsabilità, le pratiche di mutuo aiuto e di reciprocità, il valore delle pari opportunità per i giovani e per le donne, nonché i bisogni dei soggetti più deboli, verso cui orientare non più misure assistenziali derivanti da politiche redistribuitive sempre più residuali, ma azioni di sviluppo, che facciano leva sulla valorizzazione di capitale umano, conoscenza, beni relazionali e risorse territoriali. 

 
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Libri dimenticati:La migliore amica

Post n°3336 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Parigi,1951.
Jeanne ,proprietaria di un albergo,viene trovata uccisa in cantina.A commettere il delitto è stata la sua migliore amica, Sylvie.
Ma chi è questa donna,il cui processo appassionerà e dividerà la Francia?
Cinzia Tani ci racconta questa storia vera in un libro appassionante,da leggere d'un fiato.

 
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Frase delgiorno

Post n°3335 pubblicato il 01 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Il comico è riso,l'umorismo sorriso

 
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