Messaggi del 06/08/2012

Scrittori dimenticati:Max Jacob

Post n°3381 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Scrittore, poeta e pittore francese (Quimper 1876 - Drancy1944). Originario della Bretagna, che gli ispirò la raccolta di poesie La côte (1911), partecipò alla nascita del cubismo e del surrealismo. Nei suoi scritti si alternano momenti di ironico e amaro umorismo a momenti di inquieto misticismo. La sua personalità è apparsa sconcertante per la sua maschera di satanismo e di santità che caratterizza, con improvvisi balzi dalla prosa al verso, dal burlesco al serio, tutta la sua opera (Saint Matorel1911Les ceuvres burlesques et mystiques de Frère Matorel1912Le cornet à dés1917La défense de Tartuffe1919Cinématoma,1920Le Laboratoire Central1921Le Terrain Bouchaballe1923Méditations religieuses1945; ecc.). Di origine israelita, J. si convertì pubblicamente al cattolicesimo (1915), ritirandosi a vita cenobitica a Saint-Benoît-sur-Loire. Morì in un campo di concentramento tedesco.

 
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Scrittori dimenticati:Salomone Fiorentino

Post n°3380 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Nacque a Monte San Savino (Arezzo) il 4 marzo 1743 da genitori di religione ebraica. Il padre, Leone, romano d'origine, praticava un redditizio commercio di stoffe, aiutato dalla moglie Elena d'Urbino. Le agiate condizioni economiche della famiglia consentirono al F., che aveva manifestato amore per lo studio, di ricevere una formazione regolare: fu infatti mandato a studiare nella vicina Siena, dapprima sotto la guida di un maestro privato, che gli impartì i fondamenti della cultura ebraica, quindi presso il collegio "Tolomei", dove seguì, probabilmente come esterno, i corsi di cultura classica.

Completati gli studi, al F. non restò tuttavia che il ritomo al nativo Monte e il proseguimento dell'attività paterna. In seguito gli affari lo portarono a Cortona, dove finì per fissare la sua dimora. Nel 1768 sposò Laura Gallico, conosciuta a Firenze, dalla quale ebbe numerosi figli e a cui è legata non soltanto una parte importante della sua vita, ma anche del suo destino poetico.

Nonostante gli impegni di lavoro - resi sempre più gravosi dalle necessità domestiche - lo tenessero molto occupato e lo costringessero a frequenti spostamenti nei diversi mercati della Toscana, il periodo cortonese dovette essere il più felice per il Fiorentino. Egli infatti non aveva abbandonato l'interesse per la poesia: nei brevissimi ritagli di tempo disponibili, continuò a leggere i poeti, appassionandosi anche allo studio della filosofia, e cominciò a comporre i suoi primi versi.

Si tratta, come risulta dalla prima raccolta di Poesie (Pisa 1803), in prevalenza di sonetti ispirati a occasioni diverse. Prevalgono, secondo la moda del tempo, i sonetti encomiastici legati all'ambiente di corte, come il n. 5, dedicato a Pietro Leopoldo, granduca di Toscana, in occasione della riforma del nuovo codice che prevedeva l'abolizione della pena di morte (lo stesso Pietro Leopoldo sarà il destinatario del poemetto celebrativo in versi sciolti La notte d'Etrutia, composto per la sua esaltazione al trono); non mancano componimenti "per nozze" e altri, di stampo frugoniano, di argomento storico-classico (si vedano i sonetti nn. 21-23: La testa d'Asdrubale gettata nel campo d'AnnibaleSul medesimo argomentoMorte di Annibale). Ma quelli che colpiscono l'attenzione del lettore sono certamente i sonetti iniziali che riflettono la cultura biblica del F.: Si ricerca perché la legge mosaica inculca i doveri del figlio verso il padree tace i doveri del padre verso il figlioIl diluvio universaleParagone fra Jefte e Abramo. Su una linea ancora più originale si collocano il sonetto n. 9 In morte d'un piccolo figlio dell'autore (che certo non dovette sfuggire a G. Carducci) e il sonetto n. 9 In morte d'un piccolo figlio dell'autore (che certo non dovette sfuggire a G. Carducci) e il sonetto n. 15 (senza titolo), che esibisce quel linguaggio immaginoso e al tempo stesso essenziale che tanto deve avere colpito G. Leopardi negli anni formativi ("Se un picciol punto è questa bassa terra / di spazio immensurabile e profondo, / che mille Soli fiammeggianti serra, / di cui ciascuno avviva e irraggia un mondo, / che sarà mai quel che vanneggia ed erra / atomo di materia cui m'ascondo"). Leopardi inserì poi due elegie nella Crestomazia poetica.

Questi e altri componimenti giudicati dall'autore "canore follie" restarono a lungo inediti. Tuttavia circolarono ugualmente tra i maggiori letterati del tempo con cui il F. entrò in contatto epistolare (specialmente M. Cesarottì, G. Fantoni e A. Bertola De Giorgi), facendosi conoscere ed apprezzare, tanto che nel 1785 l'Accademia degli Infecondi dì Prato lo volle tra i suoi soci.

Nel 1790 un grave lutto doveva sconvolgere la tranquilla esistenza del F.: dopo più di vent'anni di matrimonio, in seguito a una malattia, gli venne a mancare la moglie. Per il F. fu un dolore grandissimo a cui trovò conforto nella stesura di alcuni componimenti in sua memoria: nacquero così le Elegie, che ripercorrono, in una ripresa di motivi danteschi e petrarcheschi completamente nuovì per l'autore (anche nel metro, la terzina), le tappe della malattia e della morte della consorte.

Fu questa dolorosa circostanza ad imporlo al pubblico dei tempo; infatti alcuni amici lo convinsero a pubblicare, sia pure sotto l'anonimato, le prime tre Elegie. La prima edizione, che contiene La malattiaLa morteLa visione, fu pubblicata ad Arezzo nel 1790 e ripetuta poi a Firenze nello stesso anno e in quello successivo. Soltanto con la bella edizione bodoniana (Parina 1801) aumentata dell'elegia IV (La rimembranza) il F. accettò di assumerne pubblicamente la paternità: fu un vero successo tanto che fu invitato a dare alle stampe l'intera sua opera. La novità delleElegie, che segnano un cambiamento radicale del registro poetico dell'autore, consiste, oltre che nell'avere veicolato in maniera originale temi e toni jounghiani e varaniani di gusto prettamente preromantico, nell'avere reso poetico, nonostante la convenzione petrarchesca, un tema, come l'amore coniugale, considerato tra i meno poetici dalla lirica settecentesca.

Un secondo avvenimento ebbe conseguenze traumatiche per il F. gradualmente rientrato nella normalità (del 1794 è il suo secondo matrimonio con una vedova Gentili): le bande reazionarie dei "Viva Maria!" che nel 1799 imperversavano nell'Aretino perseguitavano in modo particolare gli ebrei. Il F. ebbe la casa e il negozio saccheggiati e bruciati. Da Cortona cercò quindi con la famiglia un primo riparo a Siena, ma già alla fine di luglio fu costretto a trasferirsi nella più sicura Firenze, ancora occupata dalle truppe francesi. Qui conobbe il generale S.A. Miollis (che comandava il corpo di spedizione napoleonico), dal quale ricevette gli aiuti necessan per avviare un piccolo commercio di stoffe; sempre grazie al suo interessamento il F. venne introdotto nella società letteraria della città: poté così conoscere la poetessa Corilla Olimpica, per la quale compose un'elegia e due sonetti, e V. Alfieri. Le crescenti difficoltà economiche costrinsero il R., dopo un primo rifiuto, ad accettare la cattedra di belle lettere che gli venne offerta dall'università (comunità) degli israeliti di Livorno, città dove visse fino al 1808 (e che fu erroneamente ritenuta sua città natale: Pera, pp. 3 s.).

Dopo la pubblicazione della raccolta pisana - che contiene, oltre a ventitre sonetti, leElegie (portate a sei quelle in memoria della moglie, con Il tempo La visione, precedute da altre due Per il suicidio di Neera), cinque odi di gusto metastasiano, più due poemetti didattici in ottave I pericoli della gioventù La penitenza giovanile …, l'attività letteraria del F. si indirizzò verso opere di maggior impegno, come la traduzione in versi sciolti del Tempio di Cnido di Ch. de Secondat de Moritesquieu, che verrà stampata a Livorno nel 1806 insieme con alcuni inediti. Del 1805 è la filofrancese Giornata d'Austerlitz in quaranta terzine; l'operetta, di gusto ossianico, fu però pubblicata posturna (Livorno 1840).

Tra le altre opere del F. va ricordata La spiritualità e L'immortalità dell'anima, un poemetto in due libri di argomento filosofico-didattico, in cui l'autore si prefigge di combattere il sensismo. Scritto, come viene precisato nella prefazione, in età giovanile, fu pubblicato nella "nuova edizione con aggiunte" delle Poesie (Livorno 1815, in 2tomi) e poi riedito singolarmente a Milano nel 1821. L'edizione livornese delle Poesie venne poi ristampata più volte a Firenze nel 1818, nel 1823, nel 1832e nel 1845. Infine vanno ricordate le Traduzioni in versi latini di alcuni poetici componimenti (Lucca 1813). Nonostante la sua produzione comprenda opere di genere diverso, il F. è ricordato soprattutto come l'autore delle Elegie e ad esse fu legata la sua fama presso i contemporanei.

Dopo il 1808 il F., colpito da paralisi e addolorato per la morte della seconda moglie, fece ritorno a Firenze, vivendo di un modesto sussidio, e nel capoluogo toscano si spense il 4 febbr. 1815.

 
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Scrittrici dimenticate:Maria Maddalena Morelli

Post n°3379 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Maria Maddalena Morelli, nasce in quel di Pistoia il 18 marzo 1727, da Jacopo (violinista apprezzato) e da Caterina Buonamici.

 

Il suo immenso intelletto fu ben chiaro sin dalla giovanissima età e, già 16enne, poteva vantare conoscenze molto approfondite a livello storico e filosofico.

 

Nel 1746, all’età di 19 anni, ad una serata fra intellettuali del luogo, esibì la sua mostruosa capacità perl’improvvisazione poetica, che la porterà ad essere una delle più grandi interpreti in questo campo.

 

Il 1761, esattamente il 1 aprile, la vede fondare -a Siena- una sua personale accademia, chiamata  Ordine dei Cavalieri Olimpici.

Tre anni dopo, in quel di Bologna, pubblica il canto In Lode di Maria Antonietta, grazie al libraio e tipografo Lelio Dalla Volpe.

 

Nel 1765, si sposta alla corte di Vienna, dopo aver accettato l’incarico di poetessa laureata, avuto dall’ Imperatore Francesco I.

Qui compone un poema epico dedicandolo all’imperatrice Maria Teresa d'Austria.

 

Nel 1766 Lord Earl Tylney, baronetto della contea di Essex (Inghilterra), organizza un principesco convivio nella sua residenza signorile sita in piazza del Comune a Firenze, ospitando Maddalena Morelli a presentare, ma soprattutto esibire le sue, oramai, celebri rime estemporanee.

Sempre nel mesmo anno arriva la nomina di membro dell’Accademia Clementina di Bologna che, in età napoleonica, verrà trasformata nell'odierna Accademia di Belle Arti (1804).

 Nel settembre del 1766 edita, a Lucca, il libro di poesie Per le nozze di Alberto Di Sassonia e Maria Cristina D'Austria.

 

Nel 1771 si traferisce a Roma dove diventa membro dell'Accademia romana dell'Arcadia con lo pseudonimo di Corilla Olimpica.

Qui a Roma, aumenta così tanto di popolarità, che verrà ritratta dai più celebri pittori del momento, quali Pietro Lubazzi e il Werlein.

 

Il 16 febbraio 1775, in Arcadia fu indetta un'adunanza per promuovere la sua incoronazione in Campidoglio, a Roma, dietro le insistenze del suo mecenate (e amante) don Luigi Gonzaga, principe di Castiglione. Ma, nonostante le pressioni presso l'abate Pizzi, direttore della prestigiosa Accademia romana, e presso Papa Pio VI, il Gonzaga non riuscì nell'intento, che invece si concretizzò grazie ad un altro più influente amante della Morelli: così, il 31 agosto 1778, ottenne dal papa l'assenso all'incoronazione di Poetessa laureata e al conferimento del titolo di Nobile Romana, un onore che, in precedenza, era toccato soloPetrarca e al poeta, anch’egli improvvisatore, Bernardino Perfetti.Descrizione: http://bits.wikimedia.org/skins-1.19/common/images/magnify-clip.png

 

«Leopoldo protesse, ed amò pure una Maddalena Morelli, meschina poetessa, conosciuta col nome di Corilla Olimpica, che volle onorata alla sua corte e fece coronare in Campidoglio a guisa dell'antica Corilla, e perché delegò ad un monsignor Maffei, vescovo di Monte Pulciano, a lui caro, ed a Pio VI, l'incarico di promuovere ad ogni costo quella ridicola incoronazione, i romani che accolsero fra le risa e le fischiate la poetessa, fecero affiggere la seguente satira contro l'infatuato Corillista: - Ordina e vuole Monsignor Maffei / Che se passa Corilla coll' alloro / Nessun le tiri bucce o pomidoro / Sotto la pena di bajocchi sei».

 

Lo scherno a e il disprezzo a cui fu sottoposta a causa degli avvenimenti in Campidoglio, la costrinsero ad abbandonare Roma e a tornare a Pistoia.

Appena giuntavi donò la corona d'alloro alla Basilica della Madonna dell'Umiltà di Pistoia (dove è tuttora conservata) e nel 1780 si trasferì, definitivamente, a Firenze in via della Forca (oggi via Ferdinando Zannetti n. 2) e per tutto il resto della sua vita tenne sempre salotto in questa sua nuova casa.

Una sua grande estimatrice fu Madame de Staël, che si ispirerà a lei per la sua Corinne. Scambiò versi con il poeta ebraico Salomone Fiorentino. Nell'anniversario della sua scomparsa la città pose una lapide commemorativa sulla porta della sua casa fiorentina.

 
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Scrittrici dimenticate:Mary Wesley

Post n°3378 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Mary Wesley, CBE (24 June 1912 – 30 December 2002) was a English novelist. She reportedly worked in MI5 during World War II.[citation needed]During her career, she became one of Britain's most successful novelists, selling three million copies of her books, including 10 best-sellers in the last 20 years of her life.

She wrote three children's books, Speaking Terms and The Sixth Seal (both 1969) and Haphazard House (1983), before publishing adult fiction. Since her first adult novel was published only in 1983, when she was 71, she may be regarded as a late bloomer. The publication of Jumping the Queue in 1983 was the beginning of an intensely creative period of Wesley's life. From 1982 to 1991, she wrote and delivered seven novels. While she aged from 70 to 79 she still showed the focus and drive of a young person.
Her best known book, The Camomile Lawn, set on the Roseland Peninsula in Cornwall, was turned into a television series, and is an account of the intertwining lives of three families in rural England during World War II. After The Camomile Lawn (1984) came Harnessing Peacocks (1985 and as TV film in 1992), The Vacillations of Poppy Carew (1986 and filmed in 1995), Not That Sort of Girl (1987), Second Fiddle (1988), A Sensible Life (1990), A Dubious Legacy (1993), An Imaginative Experience (1994) and Part of the Furniture (1997). A book about the West Country with photographer Kim Sayer, Part of the Scenery, was published in 2001. Asked why she had stopped writing fiction at the age of 84, she replied: "If you haven't got anything to say, don't say it.

 
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Ritratti di donna:Jeanne Hèbuterne

Post n°3377 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Della tormentata vita di Amedeo Modigliani pochi conoscono la storia dell’amore disperato fra lui e Jeanne Hébuterne, la giovane donna che gli rimase accanto negli ultimi tre anni e da cui ebbe una figlia ed unica erede. Di questa ragazza, innamorata e devota fino all’estremo, non si è saputo quasi nulla per ottant’anni, quando - nel 2000 - i discendenti delle due famiglie hanno consentito di rivelare i particolari di una vicenda che, i Modigliani in Italia e gli Hébuterne in Francia, avevano continuato a considerare imbarazzante.
Delle numerose donne che erano entrate ed uscite nella vita dell’artista livornese, Jeanne fu l’ultima e la più importante, anche come modella della sua pittura essendo stata ritratta in una ventina di quadri e in innumerevoli disegni. Nata a Parigi il 16 aprile 1898, la giovane sembrava incarnare perfettamente l’ideale di bellezza femminile che Modì rappresentava nei suoi dipinti; con quei suoi capelli dai riflessi ramati, gli occhi di un azzurro chiarissimo e lievemente strabici, la carnagione talmente bianca da sembrare quasi diafana. Anche lei dipingeva con talento e grande sensibilità, celando un mondo interiore così intenso da farla apparire schiva e riservata. Restava spesso silenziosa e in disparte, ma osservava attentamente e sceglieva. Non le sfuggì quell’affascinante pittore italiano, bello e conteso dalle donne, convinto maschilista il quale dava per scontato di portarsi a letto tutte le modelle che posavano per lui. Nell’autunno del 1916 Jeanne, appena diciottenne, riusci a farsi presentare a Modigliani che aveva appena concluso la turbolenta relazione con Beatrice Hastings, una volitiva scrittrice sudafricana con la quale aveva condiviso per due anni, oltre al letto, l’interesse per l’occultismo e l’alcool.
Dopo quella presentazione, Jeanne acconsentì di diventare l’amante di Modigliani solo nella primavera del 1917, ma trovò nei suoi un’opposizione radicale e furibonda: casalinga e bigotta la madre, contabile di un negozio il padre, i genitori non tolleravano che la figlia frequentasse quell’ebreo italiano spiantato, di 14 anni più vecchio di lei e dalla torbida fama di donnaiolo alcolizzato. Fu cacciata da casa e abbandonata al suo destino, soprattutto dal perbenismo ipocrita della madre che le chiuse per sempre la porta in faccia.
In quel periodo in cui inizia la loro relazione, il pittore viveva in un hotel modesto e non riceveva più l’assegno mensile che la famiglia benestante gli inviava da Livorno. Jeanne e Modì cominciarono a convivere all’insegna della povertà e dell’arte, traslocando a Montparnasse in un’abitazione umida e fatiscente di rue de la Grande-Chaumiere. Trascorrevano gran parte delle loro giornate dipingendo, l’uno di fronte all’altro, ma le condizioni di salute di Modì si facevano sempre più critiche per la tubercolosi che lo tormentava da tempo, una malattia progressivamente aggravatasi per l’impossibilità, allora, di curarla adeguatamente e per la vita dissipata che aveva condotto nei suoi anni parigini. Su insistenza del comune amico e mercante polacco Zborowski, i due amanti si trasferiscono in Costa Azzurra alla ricerca di un clima più mite e soleggiato che possa alleviare le condizioni critiche dell’artista e migliorarne la salute. Siamo agli inizi del 1918 e Jeanne scopre di essere incinta di una bambina che darà alla luce, a Nizza, il 29 novembre di quell’anno. Vollero chiamarla con lo stesso nome della mamma, ma solo molti anni dopo la morte dei genitori le sarà riconosciuto, dai tribunali, il diritto di chiamarsi Jeanne Modigliani e di esserne l’unica erede.
Il 31 maggio 1919 il pittore è di nuovo a Parigi, dove un mese dopo lo raggiunge Jeanne con la piccola, rivelandogli di essere nuovamente incinta. La malattia di Modì e gli stenti che continuano ad assillare la loro esistenza non ne intaccano il rapporto sentimentale, l’amore si fa sempre più intenso e appassionato, mentre Jeanne continua a disegnare o dipingere incessantemente e il compagno la ritrae in una serie di opere tra le più suggestive ed ispirate dell’ultimo periodo. Al contrario del suo amante che non aveva mai dipinto paesaggi, la Hébuterne ritraeva spesso quello che vedeva dalla finestra o gli interni della casa dove la coppia viveva a Montparnasse. Per il suo temperamento riservato e silenzioso sappiamo che Jeanne non era benvoluta, né stimata dagli amici di Modì che la consideravano poco brillante e dal carattere insignificante. In realtà la ragazza era circondata da persone molto più grandi di lei e, forse, intimidita dalla personalità forte ed esuberante di alcuni di loro che sarebbero diventati fra i protagonisti dell’Arte moderna. Basterebbe citare, fra gli amici e conoscenti, Pablo Picasso ed il suo rapporto conflittuale con Modigliani per comprendere l’imbarazzata timidezza di una ventenne.
Agli inizi del nuovo anno, le condizioni di salute dell’artista vanno peggiorando rapidamente. Una sera svenne per strada e fu riportato a casa ubriaco e febbricitante. Jeanne, completamente sola e disperata, restò per una settimana accanto al letto del suo uomo, senza mai muoversi, indebolita dalla fame, dalla seconda gravidanza e dal gelo di quella casa priva di riscaldamento. Devastato dal ‘delirium tremens’ e dalla febbre altissima per una sopraggiunta meningite tubercolare, il 22 gennaio 1920 Modigliani viene ricoverato, ormai in coma ed in condizioni disperate, all’ospedale parigino della ‘Carità’ dove muore due giorni dopo senza aver ripreso conoscenza.
Jeanne, entrata nel nono mese di gravidanza, non regge al dolore per la perdita del suo unico amore e ventiquattr’ore dopo si suicida, gettandosi alle tre di notte dalla finestra di casa al quinto piano.
Fu sepolta alle otto del mattino di una fredda giornata di gennaio al Bagneux, un cimitero di periferia, senza che la notizia di quel funerale – vergognoso per la famiglia– venisse comunicata ad alcuno. Pare addirittura che, in un primo momento, i genitori ne rifiutassero il cadavere e fu solo il fratello André ad occuparsi in gran segreto della sua anonima sepoltura. Di certo gli Hébuterne, ancora convinti che quell’unione fosse stata scandalosa, rifiutarono che la figlia riposasse accanto all’amato compagno.
Il giorno prima, alle due del pomeriggio del 27 gennaio, si erano svolti – tra una grande folla - i funerali di Modì che fu inumato al cimitero di Père Lachaise con un gran seguito di pittori, poeti, intellettuali ed amici. 
Tuttavia dovettero passare otto anni, prima che Jeanne venisse traslata e seppellita - come avrebbe desiderato - accanto al suo uomo, al padre della sua unica figlia. Ma l’epitaffio sulla tomba, ancora oggi, li separa nettamente nei ruoli sociali che si volle loro attribuire; per lui la scritta recita “Colpito dalla morte nel momento della gloria”; per lei un anonimo “Devota compagna fino all’estremo sacrificio”.
La piccola Jeanne, di appena 14 mesi, non venne riconosciuta dagli Hébuterne e fu praticamente adottata dalla sorella del pittore, Margherita Modigliani, che la condusse a Livorno dove dedicherà la vita a raccogliere documenti sull’arte del padre, diventandone la principale biografa fino alla sua morte nel 1984.
Si era cercato in tutti i modi da parte delle due famiglie, zia Margherita in testa, di cancellare dalla memoria - della bimba prima e della donna poi – il ricordo di sua madre occultando le lettere, i disegni e i quadri di Jeanne rivelati al pubblico – come detto – solo nel 2000. 
Ma Jeanne e Modì, nonostante i tentativi di farne scordare la scandalosa relazione, resteranno ancora insieme nell’eterna dimensione della creazione artistica, perché il loro amore lo si ritrova trasfigurato in quei capolavori che ritraggono il volto o il nudo della donna. E – a dispetto dei familiari benpensanti e del mondo intero -  il loro saràun amore per sempre.

 
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Libri dimenticati:L'uomo e il mito Modigliani

Post n°3376 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

E' sicuramente la migliore biografia che sia stata scritta su Modì,perchè non si limita solo al mito,ma ci propone l'uomo nella sua interezza e tragicità

 
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Frase delgiorno

Post n°3375 pubblicato il 06 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Il diavolo è un ottimista se crede di poter peggiorare gli uomini

 
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