Messaggi del 13/08/2012

Scrittori dimenticati:B.Traven

Post n°3436 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Fra la prima e la Seconda guerra mondiale la letteratura del ’900 si arricchì di uno scrittore di cui, tranne l’opera, si ignorava tutto: il vero nome, la vera nazionalità, i lineamenti, persino il sesso… Si faceva chiamare B. Traven, ma c’era chi sosteneva che il cognome fosse Feige, o Torvan, o Marut, o Croves, che fosse statunitense di lingua tedesca, o scandinavo nato per caso a Chicago, o tedesco emigrato in Centro America… C’era anche chi riteneva che i cognomi in fondo non significassero nulla, ma fossero il tragico e l’epico di cui erano intessuti i suoi romanzi a dare la giusta indicazione e che quindi in realtà Traven fosse Jack London, dato per morto e invece in qualche modo risuscitato, Ambrose Bierce, dato per scomparso in Messico, Arthur Cravan, dato per scomparso in mare… Sulla base della completa assenza di figure femminili nei suoi libri, ci fu infine anche chi teorizzò che B. Traven fosse una donna, Esperanza López Mateos, curatrice dei suoi diritti d’autore. Il fatto che fosse apparsa sulla scena una ventina d’anni dopo i primi grandi successi, quando lei era cioè ancora una bambina, e Traven avesse continuato a pubblicare anche dopo che lei era morta, venne considerato ininfluente. In fondo i misteri sono tali perché non li si può spiegare.
Nato nel 1882, oppure nel 1890, Traven morì nel 1969, quasi novantenne o quasi ottantenne: il suo ultimo libro, Il canale, era uscito con scarso successo nove anni prima, ma alla fine degli anni Quaranta si era verificato il vero ritorno di fiamma in popolarità e quindi il riaccendersi dell’interesse intorno alla sua identità. Era successo che John Huston aveva ridotto per lo schermo Il tesoro della Sierra Madre (1927), affidando il ruolo di Dobbs, il vagabondo con l’ossessione del denaro, a Humprey Bogart e il film era divenuto un caso. Quelle vite miserabili, l’avidità che le animava, il rancore, l’odio, l’istinto omicida e insieme la banalità del male, la filosofica rassegnazione con cui gli assassini divenivano a loro volta vittime, viravano l’esistenza al nero e non consentivano più né eroi né ideali. Finita la propaganda bellica, il cinema si riprendeva i propri diritti e il romantico Rick di Casablanca poteva permettersi di divenire Dobbs la carogna…
Prima del Tesoro della Sierra madre, Traven aveva pubblicato, nel 1926, La nave morta, l’altro suo romanzo più letto, più citato e più venduto. Raccontava l’odissea di Gerard Gales, marinaio americano lasciato a terra dalla sua nave, salpata mentre dormiva ubriaco in una casa di piacere. Senza soldi, senza documenti, Gales diveniva un paria, uno che ufficialmente non esiste più: finiva per imbarcarsi su una «nave morta», come venivano chiamate quelle bagnarole destinate all’affondamento da armatori privi di scrupoli, imbarcazioni fantasma per uomini fantasma, obbligati ad andare per mare non potendo più scendere a terra…
Un po’ tutti i romanzi di Traven, da Il ponte della giungla a Speroni nella polvere, per citarne ancora due, oscillano intorno ai temi che Il tesoro della Sierra Madre e La nave morta prendevano di petto: la burocrazia occhiuta degli Stati e l’anarchia violenta dei singoli, il destino miserabile di chi non ha santi in paradiso, il rifiuto delle regole borghesi ma anche delle parole d’ordine delle ideologie allora di gran moda. «Coloro che fino a quel momento essi avevano considerato fratelli proletari, diventavano naturalmente nemici dai quali bisognava guardarsi. Fino a che non avevano posseduto nulla di valore, erano stati schiavi della fame. Ora tutto era cambiato. Avevano ormai varcato il confine oltre il quale un uomo diventa schiavo dei propri beni». Forte di una militanza anarco-socialista nella Germania dei moti spartachisti e dei Corpi franchi, preludio a Weimar e poi a Hitler, Traven si era fatto un’idea senza illusioni sul genere umano e capitalismo e bolscevismo gli erano sembrate alla fine le due facce di un’identica medaglia, la schiavitù del singolo nel nome del denaro o di una dottrina politica, il mercato o il partito unico come padroni incontrastati contro i quali l’unica resistenza possibile era l’arte della fuga: non farsi trovare, non rendersi complici. Anche su questo si basava il suo rifiuto di un’identità come scrittore: «La biografia di un autore non ha nessuna importanza. Se non si capisce chi è l’uomo dalle sue opere, o l’uomo non vale niente o ha scritto soltanto roba da niente». E ancora: «Io sono un artigiano, un lavoratore come tanti. Scrivo invece di cuocere il pane o fare altro. La mia vita appartiene a me, l’opera al pubblico».

Su questa curiosa quanto affascinante figura, oggi in Italia pressoché dimenticata e che pure editorialmente varrebbe la pena ritirar fuori, Vittorio Giacopini ha scritto un saggio interessante, L’arte dell’inganno (Fandango, pagg. 280, euro 16): l’inganno della Letteratura, l’inganno della Politica. Giacopini è uno specialista in biografie, come dire, apocrife, che sono qualcosa di più e di meglio di una biografia romanzata, perché costruite sull’empatia ma anche sul gusto dell’invenzione e della narrazione, con un lavoro intelligente di assemblaggio, ma anche di notazioni e gusti personali. Nel caso in questione nuoce forse a L’arte dell’inganno un eccesso febbrile, nel senso di uno stile a volte troppo eccitato perché troppo partecipe nella ricerca di una qualsivoglia motivazione ideologica, il che fa perdere a Giacopini un punto importante della vicenda Traven. Non si chiede infatti come e perché un romanziere così anarchico nel suo rifiuto delle istituzioni e delle convenzioni fosse in realtà riuscito a condurre un’esistenza che gli aveva permesso di aver ragione di entrambe. Paradossalmente, Traven non è uno scrittore senza identità, ma uno scrittore il quale, in possesso di un’identità reale (se così non fosse non potrebbe viaggiare, avere documenti, stipulare contratti, sposarsi eccetera), riesce a renderla inesistente e non pubblica. È sì l’uomo che inventa la «scomparsa dello scrittore», ma può farlo proprio perché a ogni istante può rivendicarne l’esistenza a petto di chi veramente conta: autorità statali, editori, uffici delle tasse… È il caso limite di chi sceglie di vivere come pura scrittura, ma può farlo soltanto perché non gli importa nulla dell’apparenza. È sufficiente esistere, e forse è già troppo.

 
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Scrittori dimenticati:Joseph Sheridan Le Fanu

Post n°3435 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

 

Joseph Sheridan Le Fanu (Dublino28 agosto 1814 – Dublino7 febbraio 1873) è stato un avvocato e scrittore irlandese, ricordato soprattutto per le sue storie di fantasmi e di paranormale.


Joseph Sheridan Le Fanu era figlio di Thomas Le Fanu e di Emma Dobbin. Nel 1826 la famiglia si trasferisce ad Abington, Limerick, dove il padre è nominato rettore.

Casa Sheridan Le Fanu, Merrion Square, Dublino

Nel 1832 intraprende gli studi giuridici al Trinity College di Dublino.

Sei anni dopo viene pubblicato un suo racconto, The Ghost and the Bonesetter, nel Dublin University Magazine.

Nel 1841 muore la sua amata sorella Catherine. Le Fanu incomincerà a mostrare segni di depressione e malinconia.

Nel dicembre 1843 sposa Susan Bennet, sorella di un avvocato irlandese. Avranno quattro figli: Eleanor (1845), Emma (1846), Thomas Philip (1847) e George Brinsley (1854). Nel 1826 la famiglia si trasferisce a 18 Merrion Square (oggi 70), nel centro della città.

Dopo la morte della sua amata moglie nel 1858, Le Fanu si chiude ancora di più in se stesso.

Nel frattempo l'avvocato irlandese continua a scrivere romanzi e racconti, prediligendo il genere del soprannaturale. Morì nel 1873 per un attacco di bronchite.

Fu sepolto nel cimitero di Mount Jerome accanto all'amatissima moglie.

 

 
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Scrittrici:Cesarina Vighy

Post n°3434 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Nata a Venezia nel 1936, da Maria D’Alberton e Dino Vighy, consegue la maturità presso il Liceo Classico Marco Polo. Ancora giovanissima, diventa una piccola stella del Teatro Universitario di Ca’ Foscari con il quale partecipa nel tempo a diverse tournée in giro per l’Europa. Si iscrive successivamente alla facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Padova ma già alla fine degli anni Cinquanta decide di trasferirsi a Roma dove si laurea in Epigrafia latina con una tesi sulla condizione dell’attore in epoca romana. Nel 1982, stabilitasi nel quartiere di Trastevere con il marito Giancarlo e la figlia Alice, e dopo un periodo di attività al Ministero per i Beni Culturali, comincia a lavorare per la Biblioteca di storia moderna e contemporanea, nello storico palazzo Mattei di Giove, in cui resta fino alla pensione. Nel 2009, all’età di settantatre anni e già gravemente malata di sclerosi laterale amiotrofica, esordisce con L’ultima estate, un romanzo dai forti spunti autobiografici, che vince il Premio Campiello opera prima, il Premio Cesare De Lollis, imponendosi nella cinquina del Premio Strega. Muore nel maggio del 2010, due giorni dopo l’uscita del suo secondo libro, Scendo. Buon proseguimento, un addio in forma epistolare costruito con uncorpus di mail spedite a familiari e amici.

 
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Scrittrici dimenticate:Fumiko Enchi

Post n°3433 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Scrittrice giapponese, nata a Tokyo il 2 ottobre 1905, morta ivi il 14 novembre1986. Figlia di un noto studioso di letteratura e linguistica, Ueda Kazutoshi (1867-1937), acquisì fin dall'infanzia una profonda conoscenza della letteratura classica che tanta parte avrebbe avuto nell'intero suo percorso letterario. Dopo aver esordito con testi drammatici sotto la guida di uno dei pionieri del teatro giapponese moderno, Osanai Kaoru, dal 1935 si dedicò al romanzo e al racconto, anche se la guerra e problemi di salute la costrinsero a lunghi periodi di silenzio.

Nel 1953 si affermò con il racconto breve Himoji tsukihi (I giorni della fame), in cui compare una delle sue prime figure femminili, una donna costretta a una vita di miseria e rassegnazione. Una struttura e uno svolgimento più complessi e articolati presenta Onnazaka (1949-57; trad. it. Onnazaka. Il sentiero nell'ombra1987): ambientato fra il 19° e il 20° secolo ha anch'esso per protagonista una donna che, sotto un'apparente compostezza e silenziosa dignità, cela un tenace rancore e la consapevolezza di quanto sia ingiusto il sistema di valori impostole dalla società. Una diversa e inquietante prospettiva è introdotta in Onnamen (1958, Maschere), considerato tra i suoi capolavori, che trasferisce in un contesto moderno uno dei grandi temi della letteratura classica, la forza distruttiva della gelosia e del risentimento femminile. L'atmosfera della corte imperiale e una predilezione per il fantastico e il soprannaturale caratterizzano Namamiko monogatari (1965, La storia delle false sciamane), in cui sono ancora più evidenti i legami con la letteratura classica. L'autrice vi rievoca la storia di due giovani dame di corte realmente vissute, concubine dell'imperatore Ichijō (986-1011), divenute inconsapevoli strumenti nella lotta per il potere ingaggiata dalle loro famiglie. L'incursione nel terreno del soprannaturale si ritrova anche in Yūkon (1970, Spiriti vaganti), in cui vengono sottolineati gli aspetti erotici e sensuali della psiche femminile e il conflitto fra la sensualità e l'avanzare dell'età. Tema quest'ultimo anticipato in Hanachirusata (1957, Il villaggio dei fiori caduti) e ripreso anche inSaimu (1975, Nebbia colorata). Degna di rilievo è la versione in lingua moderna, cui E. attese dal 1967 al 1973, del Genji monogatari (La storia di Genji), capolavoro della narrativa giapponese, scritto intorno all'anno Mille dalla dama di corte Murasaki Shikibu.

 
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Ritratti di donna:Alice Salomon

Post n°3432 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Alice Salomon nasce a Berlino, da una famiglia di commercianti ebrei benestanti. Dal 1878 al 1887 frequenta una scuola femminile, seguendo anche corsi privati. Nella sua formazione si approfondisce in particolare le questioni sociopolitiche delle classi meno abbienti.

Dal 1893 inizia il suo impegno sociale, dedicato al lavoro e ai movimenti femminili. Inizia a lavorare in un istituto femminile per la formazione scolastica e professionale.

Nel 1899 è nominata presidente della federazione dei gruppi femminili per il lavoro socio-assistenziale. Nello stesso anno organizza dei corsi di formazione per le donne, della durata di un anno, per la formazione al lavoro sociale.

Nel 1900 diventa membro del Bund Deutscher Frauenvereinen (Federazione tedesca delle associazioni femminili, della quale sarà presidente fino al 1920) e nel 1909 dell’International Council of Women (Consiglio internazionale delle donne del quale sarà vicepresidente a partire dal 1920)

Nel 1902, in seguito alla pubblicazione di due voluminosi articoli riguardanti il movimento femminile, riceve il permesso di assistere alle lezioni di scienze politiche, storia e filosofia della Friedrich Wilhelms-Universitaet di Berlino.

Nel 1906 ottiene il dottorato in Economia Nazionale, sviluppando un proprio studio per la spiegazione della disparità di salario tra lavoratori e lavoratrici.

Nel 1908 fonda a Berlino la “Soziale Frauenschule” (scuola sociale femminile), che rappresenta la culla del lavoro sociale professionale in Germania.

Nel 1917 è nominata presidente della “Konferenz Sozialer Frauenschulen Deutschlands“ (conferenza delle scuole sociali femminili tedesche) da lei promossa.

Nel 1925 fonda la "Deutschen Akademie für soziale und pädagogische Frauenarbeit" (Accademia tedesca per il lavoro sociale e pedagogico femminile), scuola d’apprendimento e sperimentazione (comprendendo il dipartimento dedicato alla ricerca empirica). Lei stessa chiuderà definitivamente l’accademia nel 1933, per evitare incursioni da parte della Gestapo.

Nel 1929 partecipa alla fondazione del comitato internazionale delle scuole sociali (tuttora esistente), di cui sarà presidente fino al 1933.

Nel 1932 la facoltà di medicina dell’Università di Berlino le conferisce il dottorato honoris causa in medicina. La “Soziale Frauenschule” è ribattezzata “Alice-Salomon Schule” in coincidenza con il suo sessantesimo compleanno.

Nel 1933 perde tutte le sue cariche pubbliche, a causa della sua origine ebrea. Già durante la prima guerra mondiale, la diffusione dell’antisemitismo le aveva reso difficile il mantenimento delle proprie cariche.

Nel 1937, costretta dalla Gestapo a lasciare la Germania, emigra negli Stati Uniti, dopo un breve passaggio in Inghilterra.

Nel 1939 le viene disconosciuta la cittadinanza germanica, oltre al titolo di dottore.

Nel 1944 ottiene la cittadinanza americana.

Nel 1945 è nominata presidente onorario dell’”Internationalen Frauenbundes” (federazione femminile internazionale) e dell’”Internationalen Vereinigung der Schulen für Sozialarbeit” (associazione internazionale delle scuole per il lavoro sociale).

Il 30 agosto 1948, Alice Salomon muore a New York.

 
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Sogno d'estate (Barbaro)

Post n°3431 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Sulla riva deserta
del mio cuore di sabbia
a piccole onde si frange
il tuo amore salmastro;

onde incessanti
di malinconica gioia,
d’ingenua malizia
e di provocante dolcezza
che si versano in me
lentamente,
invadendomi l’animo
e inabissandomi in te
dentro me stesso.

 

 
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Libri dimenticati:Una morte rapida e improvvisa

Post n°3430 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

 

Romanzo di Anne Perry,che ha come protagonista l'ispettore Monk,ambientato anch'esso nella Londra vittoriana.
Monk è un poliziotto molto particolare:in seguito ad un incidente con una carrozza,ha perso la memoria,e quindi deve ricominciare tutto da capo.Lo affianca nelle indagini Esther Latterly,donna volitiva che ha partecipato come infermiera alla guerra di Crimea e che diverrà sua moglie

 
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Frase delgiorno

Post n°3429 pubblicato il 13 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Psicanalista:individuo che per risolvere i suoi problemi si finge capace di risolvere quelli altrui (Morandotti)

 
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