Il labirinto
blog diarioMessaggi del 31/08/2012
Di modeste origini, sua madre era impagliatrice di sedie, mentre suo padre era morto pochi mesi dopo la sua nascita. Fu notato dal direttore dell'École Normale d'Orléans, che lo fece entrare al Liceo di Orléans e gli ottenne una borsa di studio che gli consentì di diplomarsi brillantemente.
Ciò lo portò all'École Normale Supérieure di Parigi nel 1894. Qui fu allievo di Romain Rolland e di Henri Bergson, le cui lezioni lo segnarono molto e di cui poi divenne amico. In quegli anni sviluppò le sue convinzioni socialiste. All'inizio dell'Affare Dreyfus si schierò con i dreyfusardi. Vicino alla Sorbonafondò la libreria Bellais. Intanto nel 1900, dopo il quasi fallimento della sua libreria, si distaccò dai suoi soci Lucien Herr e Léon Blum e fondò la rivistaCahiers de la Quinzaine, allo scopo di far scoprire nuovi talenti letterari e pubblicare sue opere. Vi collaborarono, tra gli altri, Romain Rolland, Julien Benda et André Suarès.
Nel 1907, si convertì al cattolicesimo. D'allora, produsse sia opere in prosa di argomento politico e polemico (Notre Jeunesse, L'argent), sia opere in versi mistiche e liriche. Tuttavia, la sua intransigenza e il suo carattere appassionato, lo resero sospetto sia agli occhi della Chiesa di cui egli attaccava l'autoritarismo, sia ai socialisti di cui denunciava l'anticlericalismo e in seguito il pacifismo. Questi sospetti saranno rafforzati da certi atteggiamenti del figlio, custode della sua memoria, che, dopo la sua morte, darà una lettura conservatrice dell'opera del padre.
Tenente della riserva, durante la Prima guerra mondiale si arruolò nella fanteria. Morì in combattimento, all'inizio della prima battaglia della Marna, il 5 settembre 1914.
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Sampat Pal Devi (Uttar Pradesh, 1960) è una attivista e scrittrice indiana , impegnata, nel suo paese, nella lotta per la conquista dei diritti per le donne.
Sampat Pal Devi, nata nel 1960 in Uttar Pradesh in India, è la fondatrice e la leader di un gruppo di attiviste politiche in India settentrionale, nel Banda district, appartenente allo stato indiano dell'Uttar Pradesh. Nonostante il matrimonio infantile sia illegale da moltissimi anni, in India, Sampat Pal Devi è stata obbligata asposarsi all'età di dodici anni, come racconta in un suo libro, Io, Sampat Pal, capobanda di un gruppo in sari rosa pubblicato da Oh! edizioni in Francia nell'ottobre2008.La sua biografia e la sua formazione [modifica]
Nonostante i suoi impegni famigliari e le proposte di entrare in politica, che lei continua a rifiutare, Sampat non intende fermarsi, ma vuole mostrare agli uomini chi sono le donne del suo gruppo e di cosa sono capaci.
Sampat è la moglie di un contadino e venditore di verdure e madre di cinque figli (quattro femmine e un maschio). Ha anche lavorato, con il governo, per la salute dei lavoratori.
La sua attivitàSampat Pal Devi formò la sua organizzazione all'inizio del 2006 e prese ispirazione dalla figura di Laxmibai Rani, una regina indiana che formò il suo esercito nel 1887 e tenne testa agli inglesi per un anno.
Il gruppo è chiamato Banda Gulabi o Gang Rosa (Pink Gang), perché molti di loro indossano un sari rosa. Banda è al centro di Bundelkhand, una delle zone più povere di uno degli stati più popolosi dell'India. Sampat Pal Devi, parlando del suo gruppo, afferma: Non siamo una banda nel senso usuale del termine. Siamo una banda per la giustizia.[1] Le donne della regione di Banda giudicano come eroine le componenti del gruppo per il lavoro che svolgono in loro favore[2].
Il gruppo, che conta diverse migliaia di donne e pochi uomini, si comporta come se fosse formato da vigilantes ed opera per far raggiungere una maggiore giustizia sociale per i poveri, ma con una maggiore attenzione alle donne povere. Il loro obiettivo è quello di incutere paura ai malintenzionati e di guadagnarsi il rispetto dei funzionari che hanno il potere di facilitare e promuovere un cambiamento della situazione. Le componenti della banda brandiscono bastoni di bambù ed asce, e, quando si presenta la necessità, ne fanno uso.[3] I loro obiettivi più importanti sono:
- Fine del fenomeno del matrimonio tra bambini.
- Far cessare la tradizione dell'abbandono delle mogli.
- Lotta alla criminalità ed alla corruzione in India.
Il suo movimento di donne si batte per cambiare le cose. Nuove leggi vengono create ogni giorno in paesi diversi, anche in India, per ristabilire la parità tra uomini e donne. Tuttavia la lotta continua tutti i giorni.
La condizione della donna in India
Nella tradizione indiana le donne sono sempre state considerate come esseri inferiori. Quindi non hanno diritti e sono soggette all'uomo. Le donne devono obbedire ai loro mariti e non uscire senza il loro permesso. Le donne sono anche violentate e non possono dire nulla, per cui, nel 2007, fu approvata una legge contro la violenza sulle donne. Da una indagine recente risulta che in media, in India, una donna viene violentata ogni mezz'ora ed un'altra è uccisa ogni 75 minuti.
Mayawati Kumari, una donna delle caste inferiori, è stata eletta Capo dello Stato dell'Uttar Pradesh, ma non è stato possibile rapparesentarla in una statua, al suo posto è stato mostrato un uomo. Questo conferma la condizione nella quale si trovano le donne.
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Anita Nair vive a Bangalore, in India, con il marito e il figlio di otto anni. Un uomo migliore è il suo primo romanzo. Con Neri Pozza ha pubblicato Il satiro della sotteranea (2004) e Cuccette per signora (2002).
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Iddio pijò la fanga dar pantano,
formò un pupazzo e je soffiò sur viso.
Er pupazzo se mosse a l'improviso
e venne fòra subbito er cristiano
ch'aperse l'occhi e se trovò ner monno
com'uno che se sveja da un gran sonno.
— Quello che vedi è tuo — je disse Iddio —
e lo potrai sfruttà come te pare:
te do tutta la Terra e tutt'er Mare,
meno ch'er Celo, perché quello è mio...
— Peccato! — disse Adamo — È tanto bello...
Perché nun m'arigali puro quello?
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Siamo nel 1890. Milano si sta facendo metropoli. Da poco più di due anni funziona in città una guardia ostetrica gratuita rivolta alle madri illegittime, e a tutte quelle donne che non potevano permettersi un’adeguata assistenza ginecologica. L’impresa è lodevole e sta riscuotendo un grande successo tra il proletariato cittadino. Ma proprio per questo stenta a decollare: per far fronte alle tante richieste di prestazioni servirebbe molto più denaro, e invece solo a fatica le entrate bilanciano le uscite. Occorre muoversi con intelligenza tra le donne della buona borghesia milanese per sensibilizzarle e coinvolgerle finanziariamente nell’impresa, se non si vuole vederla fallire.
Nel gruppo di volontari impegnati a raccogliere fondi vi è in quell’anno anche Ersilia Bronzini, che da lì a qualche anno diverrà una delle più attive protagoniste del movimento emancipazionista femminile italiano. E la moglie di Luigi Majno, un avvocato di fede socialista famoso in tutta Milano per il suo impegno in difesa delle cause dei lavoratori. I Majno sono sposati da poco più di sette anni quando lei inizia ad interessarsi alla causa della guardia ostetrica, hanno avuto tre figli, uno a poca distanza dall’altro e non navigano nell’oro: le parcelle di lui, socio di uno dei due fratelli di lei, sono state da sempre più nominali che reali. Ma la cosa non sembra preoccupare Ersilia, che condivide appieno gli ideali del marito.
Sin dagli anni del fidanzamento, del resto, il loro rapporto si era costruito proprio sulla base di una ferrea solidarietà e di un reciproco cameratismo, più che sulla passione o sull’amore romantico. E poi la sua vita non era mai stata semplice: figlia di un piccolo imprenditore, era stata allevata con la sorella Virginia e i due fratelli da una sorella della madre, morta prematuramente. Alcuni investimenti sbagliati del padre, ai quali si era unita la frode di un socio, avevano rapidamente gettato la sua famiglia sull’orlo del fallimento. Ersilia e la sorella furono costrette ad interrompere gli studi, e la loro educazione fu affidata al fratello Alfonso, che invece aveva potuto laurearsi come l’altro fratello Edgardo.
Ad entrambi, Ersilia doveva molto: grazie alla passione e all’impegno di Alfonso aveva ricevuto un’ottima educazione, conosceva ora discretamente due lingue e aveva imparato ad amare la letteratura, la storia e la filosofia; grazie ad Edgardo aveva conosciuto Luigi, e cominciato ad amare le sue battaglie in difesa dei diritti dei più deboli.
Coinvolta nell’impresa della guardia ostetrica, Ersilia vi si butta subito anima e corpo. In pochi mesi riesce ad aumentare notevolmente le entrate, ed organizza una martellante campagna affinché possa al più presto essere trasformata in ente morale, e quindi usufruire di finanziamenti pubblici. Grazie ai suoi sforzi la struttura migliora rapidamente: tutte le richieste d’aiuto possono ora essere soddisfatte, e alle future madri si può cominciare ad offrire, oltre ad un sostegno più puntuale e sollecito, anche un contributo in denaro e alcune lezioni pratiche di puericultura. Per Ersilia la maternità è la prima e più forte connotazione dell’identità femminile, per questo va protetta e tutelata: in nome suo ogni donna, madre reale o potenziale, deve lottare contro lo sfruttamento, l’ingiustizia e la discriminazione.
L’esperienza alla guardia ostetrica fu fondamentale nella vita di Ersilia: fu lì che conobbe Anna Kuliscioff, e con lei molte delle donne con cui avrebbe dato vita negli anni a venire alle iniziative del femminismo sociale milanese. Fu sempre lì che, ascoltando i racconti disperati di tante future madri, maturò la convinzione che se era importante offrir loro un sostegno materiale, ancora di più lo era educarle a cambiare il proprio destino, e aprirle ad una nuova visione di sé, più consapevole ed autonoma, come donne, come madri, e come lavoratrici: «Assistere quelle donne - ricordava Ersilia - farle rialzare dalle tenebre della vita, è rialzare la dignità conculcata del nostro sesso». Lì stava la vera emancipazione delle donne.
Ed ecco che proprio negli stessi anni che la videro impegnata a favore della guardia ostetrica, Ersilia decise di aderire anche all’Associazione Generale delle Operaie, della quale qualche tempo dopo divenne presidente. Intanto, mentre proprio grazie a lei la battaglia a favore della guardia ostetrica stava ormai per essere vinta, i sanguinosi scioperi del maggio 1898 avevano quasi del tutto spazzato via molte associazioni femminili milanesi nate a difesa delle lavoratrici. Colpita dalla loro fragilità, Ersilia decise di dar vita ad un’unica associazione che le legasse tutte, rafforzandole reciprocamente. Vi era bisogno di «un movimento di lavoro pratico», come lei stessa lo definì, che potesse unire le donne «senza distinzione di classe, di cultura e di opinioni, poiché abbiamo in comune come donne doveri per i quali è utile prepararci insieme, e diritti che lavorando unite potremmo più facilmente conquistare».
Nel 1899 nacque così a Milano l’Unione Femminile, di cui la Majno fu presidente per una decina d’anni. Tramite l’Unione, che ospitava anche il Comitato milanese contro la tratta delle bianche, diretto dalla stessa Majno dal 1901, Ersilia fondò un periodico, l’Unione femminile, organizzò spazi sicuri in cui le piccole operaie potessero riunirsi nei giorni festivi, offrì lezioni di puericultura, di economia domestica, seminari e corsi professionali, e sperimentò accanto a iniziative di carattere più tradizionale anche progetti del tutto nuovi, sfruttando ogni minimo spiraglio che le leggi offrivano alle donne.
Poiché la legge sulle Opere Pie del 1890 le ammetteva nei Consigli di Amministrazione di ospedali, orfanotrofi ed istituzioni analoghe, l’Unione cominciò ad organizzare corsi per preparare le donne della classe media ad occupare quei ruoli, istituzionalizzando la tradizionale presenza femminile nella beneficenza. Lei stessa del resto, prima donna nella storia del nostro paese, dal 1900 ricoprì la carica di consigliere d’amministrazione all’Ospedale Maggiore di Milano.
Nel giugno del 1901 Ersilia era a Roma per una riunione sui diritti femminili. Mentre era lontana, sua figlia minore, la più amata, morì all’improvviso di difterite. Schiacciata dai sensi di colpa, alimentati da chi sembrava non perdere mai occasione per farle notare che la piccola era morta perché lasciata ad estranei, Ersilia decise di abbandonare ogni impegno politico. Non ebbe neppure il cuore di assistere alla cerimonia d’inaugurazione dell’Asilo Mariuccia, un istituto destinato al recupero delle bambine e delle adolescenti pericolanti o già avviate alla prostituzione che così tanto aveva voluto. Il giorno dell’inaugurazione era lontana da Milano, era insieme alla figlia maggiore. Era con Carlotta, dicevano alcuni, perché la poverina stava male. Secondo altri Ersilia era invece lontana da Milano per sfuggire al ricordo della piccola Mariuccia, distrutta al pensiero di rientrare in città. Al posto della sua bambina avrebbe trovato ora solo un’istituzione che portava il suo nome.
La cattiva sorte sembrava volersi accanire su di lei: quattro anni dopo la morte di Mariuccia morì anche Carlotta. Ed Ersilia fu sola ad affrontare anche questa nuova tragedia: sebbene dall’esterno il suo matrimonio fosse sempre apparso sereno ed esemplare, Luigi le aveva confidato di essersi innamorato di Anna Kuliscioff. Da allora l’equilibrio che da sempre aveva retto il loro matrimonio si era spezzato: «Così ha voluto il destino – scriveva Ersilia nella sua agenda nel 1909 – una vita in due senza mai un attimo di fusione, nemmeno l’amore per i figli, per lo strazio di perderli, nell’ansia di quello che ci rimane». A lei non era stato mai concesso tempo per sognare, era sempre stata troppo presa a combattere. E le battaglie non erano ancora state vinte tutte.
Forte di questo decise di tornare in prima linea, a cominciare proprio dall’Asilo Mariuccia, che col tempo avrebbe trasformato in un’opera di assistenza all’infanzia, realizzando uno dei suoi più antichi desideri, quello di lavorare alle “radici” di tutti i mali tutelando i bambini, perché «il diritto all’amore, alla gioia, all’educazione,allo sviluppo integrale di tutte le facoltà si riconosca a tutti, e sia uguale per tutte le creature chiamate alla vita».
Nel primo decennio del Novecento Ersilia era presente in tutte le associazioni più attive per la riforma del trattamento della delinquenza minorile, e con il figlio Edoardo, appena laureato, condusse una instancabile campagna per l’introduzione anche in Italia dei Tribunali dei minori. Nel 1910 fu chiamata a far parte della Commissione reale per lo studio della delinquenza minorile, ed elaborò un denso studio sui caratteri della delinquenza delle minorenni, e sui mezzi per prevenirla, in aperta polemica contro l’organizzazione che ancora era data ai Riformatori, affidati a personale religioso femminile. Ersilia, la «santa laica», criticò senza mezzi termini i metodi utilizzati dalle suore, che giudicava antiquati e inadatti.
Uno degli appunti maggiori che in quegli anni venivano mossi all’Asilo Mariuccia era del resto proprio la sua laicità, e il suo indirizzo moderno. Intanto, con lo scoppio della guerra e per quanto fosse contraria all’intervento, su incarico del comune di Milano si impegnò ad assistere i figli dei richiamati. Solo qualche anno più tardi, non condividendo le posizioni antidemocratiche assunte dalla dirigenza dell’Unione Femminile, decise di abbandonare l’associazione. Ma non per questo cessò di combattere le sue battaglie. Instancabile, continuò sino a pochi giorni prima di morire ad impegnarsi in difesa delle donne lavoratrici, della sorte dell’Asilo Mariuccia e di quella delle sue piccole e fragili ospiti.
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Tim è un bellissimo ragazzo,ma soffre di un lieve ritardo.Fra lui e una donna quarantenne nasce un'improbabile storia d'amore,che li porterà al matrimonio.Un libro delicatissimo,da leggere più volte
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Dentro un ring o fuori non c'è nulla di sbagliato a cadere.E' sbagliato rimare a terra (Muhammad Alì)
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38