Messaggi del 31/08/2012

Scrittori dimenticati:Charles Peguy

Post n°3603 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Di modeste origini, sua madre era impagliatrice di sedie, mentre suo padre era morto pochi mesi dopo la sua nascita. Fu notato dal direttore dell'École Normale d'Orléans, che lo fece entrare al Liceo di Orléans e gli ottenne una borsa di studio che gli consentì di diplomarsi brillantemente.

Ciò lo portò all'École Normale Supérieure di Parigi nel 1894. Qui fu allievo di Romain Rolland e di Henri Bergson, le cui lezioni lo segnarono molto e di cui poi divenne amico. In quegli anni sviluppò le sue convinzioni socialiste. All'inizio dell'Affare Dreyfus si schierò con i dreyfusardi. Vicino alla Sorbonafondò la libreria Bellais. Intanto nel 1900, dopo il quasi fallimento della sua libreria, si distaccò dai suoi soci Lucien Herr e Léon Blum e fondò la rivistaCahiers de la Quinzaine, allo scopo di far scoprire nuovi talenti letterari e pubblicare sue opere. Vi collaborarono, tra gli altri, Romain Rolland, Julien Benda et André Suarès.

Nel 1907, si convertì al cattolicesimo. D'allora, produsse sia opere in prosa di argomento politico e polemico (Notre JeunesseL'argent), sia opere in versi mistiche e liriche. Tuttavia, la sua intransigenza e il suo carattere appassionato, lo resero sospetto sia agli occhi della Chiesa di cui egli attaccava l'autoritarismo, sia ai socialisti di cui denunciava l'anticlericalismo e in seguito il pacifismo. Questi sospetti saranno rafforzati da certi atteggiamenti del figlio, custode della sua memoria, che, dopo la sua morte, darà una lettura conservatrice dell'opera del padre.

Tenente della riserva, durante la Prima guerra mondiale si arruolò nella fanteria. Morì in combattimento, all'inizio della prima battaglia della Marna, il 5 settembre 1914.

Opere 

 
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Scrittori:Lev Tolstoj

Post n°3602 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Il conte Lev Nikolaevic Tolstoj  nasce nella tenuta di campagna di famiglia di Jasnaja Poljana nel 1828 e qui cresce, ben presto orfano di madre,  insieme ai fratelli e alla sorella; la vita della campagna russa si apre a lui sin dall'infanzia. A quindici anni legge Voltaire e Rousseau; quest'ultimo esercita sul giovane Tolstoj una prolungata influenza. Per lungo tempo  Tolstoj porterà al collo il medaglione del filosofo ginevrino. Nel 1847, dopo una bocciatura alla facoltà di lingue orientali e una svogliata frequentazione della facoltà di diritto, lascia l'università e si stabilisce a Jasnaja Poljana con l'intento di rendersi utile ai contadini. Ma, nel 1851, dopo quattro anni di tormenti e interrogativi sul senso della vita e  insoddisfatto di quell'esperienza parte per il Caucaso e diventa sotto-tenente d'artiglieria: è qui che prende realmente inizio la sua attività letteraria.
Il Caucaso è all'epoca luogo di formazione e d'ispirazione per numerosi scrittori russi tra cui Lermontov alla cui prosa si avvicinano gli scritti di gioventù di Tolstoj, principalmente per le scene di guerra. L'annessione del Daghestan e della Cecenia all'Impero russo generano un conflitto con la popolazione locale, evento che l'autore descriverà nella novella I Cosacchi. A Sebastopoli durante la guerra di  Crimea (in veste di comandante di divisione), si trova in uno dei più pericolosi posti della città assediata, attraente scenario da cui trae spunto un ciclo di racconti intitolato Racconti di Sebastopoli che tratta nuovamente il tema della guerra. Il modo di presentare le scene di battaglia tramite la caratterizzazione dei personaggi e di sottoporre l'intero conflitto alla lente della morale, sono una grande novità.

La prima opera pubblicata, Infanzia (1852), non ha nessun legame con il Caucaso né con la Crimea; Tolstoj racconta i ricordi d'infanzia, ripercorre scene di vita a Jasnaja Poljana. Spedisce la novella alla rivista "Sovremienik" ("Il Contemporaneo") e il direttore suo amico, il poeta Nekrasov, decide di pubblicarla subito. Da questa pubblicazione, presto seguita da Adolescenza (1854) e Giovinezza (1857), Tolstoj emerge tra gli scrittori più famosi dell'epoca. "Ecco un talento nuovo e certo", confida Nekrasov a Turgenev.

Questa trilogia va oltre  la nostalgia per gli anni trascorsi, l'innocenza dell'infanzia, la freschezza delle percezioni: racchiude l'originalità delle opere postume dell'autore, principalmente l'inclinazione all'autoanalisi. Sin da giovane Tolstoj stabilisce un programma per lo sviluppo delle sue capacità intellettuali e morali con lo scopo di operare sempre verso il bene. A diciannove anni scrive un diario (che durerà tutta la vita, lungo migliaia di pagine) in cui analizza e critica ogni sua azione e riflessione.
Nonostante le profonde crisi che modificheranno a più riprese la sua evoluzione, l'utopia personale diventa presto chiara: soltanto il perfezionamento morale e individuale riesce a combattere il male e la menzogna, meglio di qualsiasi riforma sociale poiché la società corrompe l'uomo. Nel 1856, dopo aver spinto all'estremo questo paradosso, si avvicina a un gruppo di teorici dell'arte per l'arte; l'anno successivo visita la Svizzera, la Francia, la Spagna e scrive inoltre LucernaAlberto e tre Morti. Rimane colpito dalla democrazia che regna in Europa Occidentale facendo il confronto con la Russia, ma presto vede il rovescio della medaglia, i lati negativi del progresso. Il ritorno a Jasnaja Poljana avviene poco prima dell'emancipazione dei servi.


Nel racconto Il  mattino  d'un proprietario terriero (1856) il personaggio del giovane principe Nechljudov contiene molti tratti autobiografici; come l'autore abbandona l'università, trascorre le vacanze in campagna nel feudo familiare dove decide di stabilirsi per migliorare la vita dei contadini. Tuttavia, c'è un abisso che separa i contadini anche da un buon barin , un buon signore, e qui Tolstoj mostra una profonda conoscenza della campagna.
Per dieci anni, dal 1853 al 1863, si dedica alla più poetica delle sue opere I Cosacchi. Nella primavera del 1851, il protagonista Olenin, un giovane nobile profondamente insoddisfatto della propria vita, parte per il Caucaso. Tolstoj descrive la realtà di una cittadina cosacca con precisione quasi etnografica fino ad intesserla  dell'esotismo tipico della maggior parte della letteratura orientale. Con Olenin che non riesce ad inserirsi in quel mondo che tanto lo affascina e che abbandona, Tolstoj inaugura una pleiade di personaggi instabili.

Nel 1859, Tolstoj è sull'orlo di una crisi: l'uscita di Felicità familiare, racconto dal titolo ironico in cui si azzarda ad esprimere il proprio ideale di vita tranquilla in campagna (dove crede possibile poter operare il bene), lo vede in realtà insoddisfatto a tal punto da affermare, il 9 ottobre: "Ora non valgo più nulla come scrittore. Non scrivo; non ho più scritto sin da Felicitàfamiliare e temo che non scriverò più."
Si consacra così, dal 1859 al 1862, alla fondazione di una scuola per i figli dei contadini di Jasnaja Poljana.
Durante gli anni delle riforme contadine diventa giudice di pace e in svariate controversie svolge il ruolo di intermediario tra nobili e contadini.
Nel 1862 sposa Sonja Andreevna Bers; prima del matrimonio rischia di provocare una rottura facendole leggere il diario allo scopo di non nasconderle il suo passato amoroso. Più tardi, su consiglio del marito anche Sonia terrà un diario quasi esclusivamente dedicato alla loro relazione. I coniugi si mostrano a vicenda i rispettivi diari e Tolstoj prende nota delle annotazioni di lei. Nonostante una vita coniugale non proprio felice, Sonja Andreevna, resterà molto legata a Lev e alla propria famiglia e non esiterà a  recarsi fino a Mosca presso lo Zar per perorare la sorte dei libri di Tolstoj  sotto censura; lui rimane invece deluso dalla vita coniugale, la quale,  implicando i concetti di proprietà e avidità contraddice la propria visione del mondo.

Guerra e Pace
Nel 1863, intraprende il lungo lavoro di Guerra e Pace che durerà sei anni (terminata nel 1869, l'opera viene pubblicata nel 1878).

Ispirazioni storiche
Quest'opera monumentale viene concepita durante la campagna di Sebastopoli in cui lo scrittore assiste alla disfatta delle truppe russe. L'interpretazione più evidente porta a vedere nella scelta dell'epoca un desiderio di riscatto sulla storia, cioè offrire alla Russia una vittoria sostitutiva della realtà, facendone risaltare il carattere popolare della lotta contro Napoleone. Tolstoj riesce ad imporre una nuova interpretazione del conflitto che racconta spesso il contrario delle testimonianze. Stando ad una prima versione l'idea era di scrivere una novella, I Decabristi, la cui azione si sarebbe svolta  nel 1856 data in cui i Decabristi  deportati  tornano dalla Siberia. Successivamente il progetto iniziale viene abbandonato per raccontare sia l'elemento decisivo nella vita del protagonista Bezukov (l'insurrezione del 1825), sia della sua gioventù, che coincide con la guerra patriottica del 1812. Tolstoj preferisce cominciare il racconto dalla descrizione di una sconfitta: l'azione del romanzo prende il via nel 1805.

Reazioni e critiche
Guerra e Pace sfugge dalla solita classificazione: non è né un romanzo psicologico o storico, né una cronaca sociale o mondana; è tutto questo insieme. Appena uscito, provoca le reazioni più disparate; vengono mossi rimproveri alle inesattezza e lo stesso Zar trova che Tolstoj abbia confuso le vicende. La sua concezione di patriottismo ed eroismo non coincidono con quella dei veterani della guerra, che condannano il romanzo. Gli viene rimproverato di dominare male la forma e la critica progressista lo giudica severamente per il suo rifiuto dell'emancipazione della donna o per il suo amore per il passato. Lui dice che se in Guerra e Pace gli è molto piaciuta "l'idea del popolo", in  Anna Karenina gli è cara  "l'idea della famiglia"; questo non significa che  Guerra e Pace non descriva delle scene di famiglia, né che la problematica di Anna Karenina sia puramente intimista.


Dieci anni separano le due opere (iniziata nel 1873, abbandonata nel 1874, ultimata appena nel 1877): non è più lo stesso Tolstoj, né la stessa Russia. Man mano che lo scrittore si dedica a questo romanzo, l'idea di partenza di una donna sposata che poi si perde, diventa sempre più vasta e profonda. Il personaggio più vicino a Tolstoj è Kostantin  Levin, che come lui va a lavorare con i contadini e la tenuta di campagna  assomiglia molto a Jasnaja Poljana. I protagonisti, Anna e Levin, quasi non s'incontrano, evolvono in spazi paralleli, il che permetterà alla critica di presumere "l'incapacità di costruire il soggetto", a cui Tolstoj risponderà: "Sono invece fiero di quest'architettura, le volte degli archi talora si saldano in modo tale da impedire la veduta del castello." Il romanzo viene accolto con gran successo dal pubblico, ma la reazione della critica, come per Guerra e Pace si fonda su un malinteso: prende il romanzo come un esempio di letteratura mondana, giudicandolo meno riuscito di altri libri di quel genere.

"Fuggire il mondo"
Negli anni '80 Tolstoj entra di nuovo in una grande crisi spirituale, che descriverà nella prosa La Confessione . Dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente». In effetti si mette a lavorare la terra, rinuncia ai propri beni, reputando che il rinnovamento del mondo non possa avvenire che attraverso il lavoro manuale e individuale, predica la non- violenza e non lascia più Jasnaja Poljana. È il momento del Tolstoj evangelico e morale. Negli scritti di questo periodo la ricerca della verità occupa il primo posto: Padrone e ServoLa potenza delle tenebre (dramma in cinque atti), Che cos'è l'arte?, un gran numero di racconti popolari e di opere filosofico-morali: Qual è la mia fede (1888), I Vangeli(1890), La Chiesa e lo Stato (1891), Il regno di Dio è in noi (1894).

Nel 1886 completa il racconto breve La morte di Ivan Il'ic senza dubbio fra le narrazioni  più riuscite di questo periodo. Proprio meditando sulla morte Tolstoj avverte tutta la futilità della propria esistenza. Egli rappresenta la sofferenza morale dell'uomo che vede il proprio lavoro, la famiglia, tutta la vita come un inganno

Nella Sonata a Kreutzer (1887-1889 pubblicato nel 1891) Tolstoj affronta il dramma di una famiglia ordinaria dove il matrimonio non è che una vaga imitazione dei veri sentimenti. Podnizicev e sua moglie  non hanno alcun legame tra loro se non una mera sensualità. La gelosia di Podnizicev lo conduce al crimine: uccide la moglie. Qui viene rappresentata in tutta la sua contraddizione artistica l'aspirazione ad una vita ascetica, pura, che prédica il rifiuto se non l'odio dei corpi e l'irrinunciabile richiamo dei sensi.
Nella stessa atmosfera morale si  inscrivono Il diavolo e Padre Sergio. L'eroe della prima opera, Irtneniev, agisce come la maggior parte delle persone del suo mondo: prima di sposare una donna del proprio ceto  ha una relazione amorosa con una giovane contadina, Stepanide, e spera di cancellare il proprio passato. Ma Stepanide continua ad ossessionarlo come un'apparizione diabolica. Non può sbarazzarsene se non uccidendola o suicidandosi. In effetti il finale della novella conosce due versioni: nella prima si uccide, nella seconda assassina Stepanide. 

Agli inizi degli anni '90 Tolstoj sente il bisogno di esprimere la nuova visione  delle cose in un romanzo. Per diversi anni lavora a Resurrezioneche uscirà nel 1899. A centro di quest'opera c'è la storia di una ragazza semplice, Katiuscia  Maslova, sedotta e abbandonata dal nobile Nechliudov. Durante un fortuito incontro in tribunale dove lei è accusata di furto e omicidio, Nechliudov prova  uno sconvolgimento che gli cambierà la vita. In una prima versione del romanzo Nechliudov avrebbe sposato Katiuscia, in quella definitiva ciascuno dei protagonisti  va incontro al proprio destino: Katiuscia al seguito di un rivoluzionario deportato, Nechliudov nella lettura dei Vangeli. Tuttavia il 24 febbraio 1901 il Santo Sinodo russo scomunicherà Tolstoj  come eretico ed ateo. 

In una delle ultime opere Chadzi-Murat (1896-1904)  che vedrà la luce 
postuma  nel  1912 ritorna  ai ricordi del Caucaso.  La sua ricerca della verità lo induce a fuggire dalla casa e dalla moglie e a prendere il treno nell'intenzione di partire per il Caucaso, ma cade gravemente malato e muore in una stazione di campagna ad Astopovo il 7 novembre 1910. I suoi funerali si trasformarono in un manifestazione nazionale a cui accorreranno decine di migliaia di persone giunte da tutto il Paese. 

L'influenza di Tolstoj non solo come scrittore, ma come pensatore sarà immensa. Comunità di "tolstoiani" si  formarono allo scopo di vivere secondo i suoi precetti (ma saranno violentemente dispersi dopo  la rivoluzione).  Resta tuttora uno degli autori più letti al mondo e ogni generazione che sorge gli offre la sua schiera nutrita di affezionati lettori.

 
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Scrittrici:Sampal Pat Devi

Post n°3601 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Sampat Pal Devi (Uttar Pradesh1960) è una attivista e scrittrice indiana , impegnata, nel suo paese, nella lotta per la conquista dei diritti per le donne.


Sampat Pal Devi, nata nel 1960 in Uttar Pradesh in India, è la fondatrice e la leader di un gruppo di attiviste politiche in India settentrionale, nel Banda district, appartenente allo stato indiano dell'Uttar Pradesh. Nonostante il matrimonio infantile sia illegale da moltissimi anni, in India, Sampat Pal Devi è stata obbligata asposarsi all'età di dodici anni, come racconta in un suo libroIo, Sampat Pal, capobanda di un gruppo in sari rosa pubblicato da Oh! edizioni in Francia nell'ottobre2008.La sua biografia e la sua formazione
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Nonostante i suoi impegni famigliari e le proposte di entrare in politica, che lei continua a rifiutare, Sampat non intende fermarsi, ma vuole mostrare agli uomini chi sono le donne del suo gruppo e di cosa sono capaci.

Sampat è la moglie di un contadino e venditore di verdure e madre di cinque figli (quattro femmine e un maschio). Ha anche lavorato, con il governo, per la salute dei lavoratori.

La sua attività 

Sampat Pal Devi formò la sua organizzazione all'inizio del 2006 e prese ispirazione dalla figura di Laxmibai Rani, una regina indiana che formò il suo esercito nel 1887 e tenne testa agli inglesi per un anno.

Il gruppo è chiamato Banda Gulabi o Gang Rosa (Pink Gang), perché molti di loro indossano un sari rosaBanda è al centro di Bundelkhand, una delle zone più povere di uno degli stati più popolosi dell'India. Sampat Pal Devi, parlando del suo gruppo, afferma: Non siamo una banda nel senso usuale del termine. Siamo una banda per la giustizia.[1] Le donne della regione di Banda giudicano come eroine le componenti del gruppo per il lavoro che svolgono in loro favore[2].

Il gruppo, che conta diverse migliaia di donne e pochi uomini, si comporta come se fosse formato da vigilantes ed opera per far raggiungere una maggiore giustizia sociale per i poveri, ma con una maggiore attenzione alle donne povere. Il loro obiettivo è quello di incutere paura ai malintenzionati e di guadagnarsi il rispetto dei funzionari che hanno il potere di facilitare e promuovere un cambiamento della situazione. Le componenti della banda brandiscono bastoni di bambù ed asce, e, quando si presenta la necessità, ne fanno uso.[3] I loro obiettivi più importanti sono:

Il suo movimento di donne si batte per cambiare le cose. Nuove leggi vengono create ogni giorno in paesi diversi, anche in India, per ristabilire la parità tra uomini e donne. Tuttavia la lotta continua tutti i giorni.

La condizione della donna in India 
Questa foto è stata scattata in un piccolo villaggio nei pressi del Rajasthan Sawai Modhpur, dove le donne sono responsabili della crescita dei figli, della cura della casa e della maggior parte dei lavori agricoli. Sono inoltre tenute a lavorare completamente velate in pubblico, come questa donna diretta verso un pozzo.


Nella tradizione indiana le donne sono sempre state considerate come esseri inferiori. Quindi non hanno diritti e sono soggette all'uomo. Le donne devono obbedire ai loro mariti e non uscire senza il loro permesso. Le donne sono anche violentate e non possono dire nulla, per cui, nel 2007, fu approvata una legge contro la violenza sulle donne. Da una indagine recente risulta che in media, in India, una donna viene violentata ogni mezz'ora ed un'altra è uccisa ogni 75 minuti.

Mayawati Kumari, una donna delle caste inferiori, è stata eletta Capo dello Stato dell'Uttar Pradesh, ma non è stato possibile rapparesentarla in una statua, al suo posto è stato mostrato un uomo. Questo conferma la condizione nella quale si trovano le donne.

 
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Scrittrici:Anita Nair

Post n°3600 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Anita Nair vive a Bangalore, in India, con il marito e il figlio di otto anni. Un uomo migliore è il suo primo romanzo. Con Neri Pozza ha pubblicato Il satiro della sotteranea (2004) e Cuccette per signora (2002).

 
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Incontentabilità (Trilussa)

Post n°3599 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Iddio pijò la fanga dar pantano,
formò un pupazzo e je soffiò sur viso.
Er pupazzo se mosse a l'improviso
e venne fòra subbito er cristiano
ch'aperse l'occhi e se trovò ner monno
com'uno che se sveja da un gran sonno.
— Quello che vedi è tuo — je disse Iddio —
e lo potrai sfruttà come te pare:
te do tutta la Terra e tutt'er Mare,
meno ch'er Celo, perché quello è mio...
— Peccato! — disse Adamo — È tanto bello...
Perché nun m'arigali puro quello?

 
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Ritratti di donna:Ersilia Majno

Post n°3598 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Siamo nel 1890. Milano si sta facendo metropoli. Da poco più di due anni funziona in città una guardia ostetrica gratuita rivolta alle madri illegittime, e a tutte quelle donne che non potevano permettersi un’adeguata assistenza ginecologica. L’impresa è lodevole e sta riscuotendo un grande successo tra il proletariato cittadino. Ma proprio per questo stenta a decollare: per far fronte alle tante richieste di prestazioni servirebbe molto più denaro, e invece solo a fatica le entrate bilanciano le uscite. Occorre muoversi con intelligenza tra le donne della buona borghesia milanese per sensibilizzarle e coinvolgerle finanziariamente nell’impresa, se non si vuole vederla fallire.

Nel gruppo di volontari impegnati a raccogliere fondi vi è in quell’anno anche Ersilia Bronzini, che da lì a qualche anno diverrà una delle più attive protagoniste del movimento emancipazionista femminile italiano. E la moglie di Luigi Majno, un avvocato di fede socialista famoso in tutta Milano per il suo impegno in difesa delle cause dei lavoratori. I Majno sono sposati da poco più di sette anni quando lei inizia ad interessarsi alla causa della guardia ostetrica, hanno avuto tre figli, uno a poca distanza dall’altro e non navigano nell’oro: le parcelle di lui, socio di uno dei due fratelli di lei, sono state da sempre più nominali che reali. Ma la cosa non sembra preoccupare Ersilia, che condivide appieno gli ideali del marito.

Sin dagli anni del fidanzamento, del resto, il loro rapporto si era costruito proprio sulla base di una ferrea solidarietà e di un reciproco cameratismo, più che sulla passione o sull’amore romantico. E poi la sua vita non era mai stata semplice: figlia di un piccolo imprenditore, era stata allevata con la sorella Virginia e i due fratelli da una sorella della madre, morta prematuramente. Alcuni investimenti sbagliati del padre, ai quali si era unita la frode di un socio, avevano rapidamente gettato la sua famiglia sull’orlo del fallimento. Ersilia e la sorella furono costrette ad interrompere gli studi, e la loro educazione fu affidata al fratello Alfonso, che invece aveva potuto laurearsi come l’altro fratello Edgardo.

Ad entrambi, Ersilia doveva molto: grazie alla passione e all’impegno di Alfonso aveva ricevuto un’ottima educazione, conosceva ora discretamente due lingue e aveva imparato ad amare la letteratura, la storia e la filosofia; grazie ad Edgardo aveva conosciuto Luigi, e cominciato ad amare le sue battaglie in difesa dei diritti dei più deboli.

Coinvolta nell’impresa della guardia ostetrica, Ersilia vi si butta subito anima e corpo. In pochi mesi riesce ad aumentare notevolmente le entrate, ed organizza una martellante campagna affinché possa al più presto essere trasformata in ente morale, e quindi usufruire di finanziamenti pubblici. Grazie ai suoi sforzi la struttura migliora rapidamente: tutte le richieste d’aiuto possono ora essere soddisfatte, e alle future madri si può cominciare ad offrire, oltre ad un sostegno più puntuale e sollecito, anche un contributo in denaro e alcune lezioni pratiche di puericultura. Per Ersilia la maternità è la prima e più forte connotazione dell’identità femminile, per questo va protetta e tutelata: in nome suo ogni donna, madre reale o potenziale, deve lottare contro lo sfruttamento, l’ingiustizia e la discriminazione.

L’esperienza alla guardia ostetrica fu fondamentale nella vita di Ersilia: fu lì che conobbe Anna Kuliscioff, e con lei molte delle donne con cui avrebbe dato vita negli anni a venire alle iniziative del femminismo sociale milanese. Fu sempre lì che, ascoltando i racconti disperati di tante future madri, maturò la convinzione che se era importante offrir loro un sostegno materiale, ancora di più lo era educarle a cambiare il proprio destino, e aprirle ad una nuova visione di sé, più consapevole ed autonoma, come donne, come madri, e come lavoratrici: «Assistere quelle donne - ricordava Ersilia - farle rialzare dalle tenebre della vita, è rialzare la dignità conculcata del nostro sesso». Lì stava la vera emancipazione delle donne.

Ed ecco che proprio negli stessi anni che la videro impegnata a favore della guardia ostetrica, Ersilia decise di aderire anche all’Associazione Generale delle Operaie, della quale qualche tempo dopo divenne presidente. Intanto, mentre proprio grazie a lei la battaglia a favore della guardia ostetrica stava ormai per essere vinta, i sanguinosi scioperi del maggio 1898 avevano quasi del tutto spazzato via molte associazioni femminili milanesi nate a difesa delle lavoratrici. Colpita dalla loro fragilità, Ersilia decise di dar vita ad un’unica associazione che le legasse tutte, rafforzandole reciprocamente. Vi era bisogno di «un movimento di lavoro pratico», come lei stessa lo definì, che potesse unire le donne «senza distinzione di classe, di cultura e di opinioni, poiché abbiamo in comune come donne doveri per i quali è utile prepararci insieme, e diritti che lavorando unite potremmo più facilmente conquistare».

Nel 1899 nacque così a Milano l’Unione Femminile, di cui la Majno fu presidente per una decina d’anni. Tramite l’Unione, che ospitava anche il Comitato milanese contro la tratta delle bianche, diretto dalla stessa Majno dal 1901, Ersilia fondò un periodico, l’Unione femminile, organizzò spazi sicuri in cui le piccole operaie potessero riunirsi nei giorni festivi, offrì lezioni di puericultura, di economia domestica, seminari e corsi professionali, e sperimentò accanto a iniziative di carattere più tradizionale anche progetti del tutto nuovi, sfruttando ogni minimo spiraglio che le leggi offrivano alle donne.

Poiché la legge sulle Opere Pie del 1890 le ammetteva nei Consigli di Amministrazione di ospedali, orfanotrofi ed istituzioni analoghe, l’Unione cominciò ad organizzare corsi per preparare le donne della classe media ad occupare quei ruoli, istituzionalizzando la tradizionale presenza femminile nella beneficenza. Lei stessa del resto, prima donna nella storia del nostro paese, dal 1900 ricoprì la carica di consigliere d’amministrazione all’Ospedale Maggiore di Milano.

Nel giugno del 1901 Ersilia era a Roma per una riunione sui diritti femminili. Mentre era lontana, sua figlia minore, la più amata, morì all’improvviso di difterite. Schiacciata dai sensi di colpa, alimentati da chi sembrava non perdere mai occasione per farle notare che la piccola era morta perché lasciata ad estranei, Ersilia decise di abbandonare ogni impegno politico. Non ebbe neppure il cuore di assistere alla cerimonia d’inaugurazione dell’Asilo Mariuccia, un istituto destinato al recupero delle bambine e delle adolescenti pericolanti o già avviate alla prostituzione che così tanto aveva voluto. Il giorno dell’inaugurazione era lontana da Milano, era insieme alla figlia maggiore. Era con Carlotta, dicevano alcuni, perché la poverina stava male. Secondo altri Ersilia era invece lontana da Milano per sfuggire al ricordo della piccola Mariuccia, distrutta al pensiero di rientrare in città. Al posto della sua bambina avrebbe trovato ora solo un’istituzione che portava il suo nome.

La cattiva sorte sembrava volersi accanire su di lei: quattro anni dopo la morte di Mariuccia morì anche Carlotta. Ed Ersilia fu sola ad affrontare anche questa nuova tragedia: sebbene dall’esterno il suo matrimonio fosse sempre apparso sereno ed esemplare, Luigi le aveva confidato di essersi innamorato di Anna Kuliscioff. Da allora l’equilibrio che da sempre aveva retto il loro matrimonio si era spezzato: «Così ha voluto il destino – scriveva Ersilia nella sua agenda nel 1909 – una vita in due senza mai un attimo di fusione, nemmeno l’amore per i figli, per lo strazio di perderli, nell’ansia di quello che ci rimane». A lei non era stato mai concesso tempo per sognare, era sempre stata troppo presa a combattere. E le battaglie non erano ancora state vinte tutte.

Forte di questo decise di tornare in prima linea, a cominciare proprio dall’Asilo Mariuccia, che col tempo avrebbe trasformato in un’opera di assistenza all’infanzia, realizzando uno dei suoi più antichi desideri, quello di lavorare alle “radici” di tutti i mali tutelando i bambini, perché «il diritto all’amore, alla gioia, all’educazione,allo sviluppo integrale di tutte le facoltà si riconosca a tutti, e sia uguale per tutte le creature chiamate alla vita».

Nel primo decennio del Novecento Ersilia era presente in tutte le associazioni più attive per la riforma del trattamento della delinquenza minorile, e con il figlio Edoardo, appena laureato, condusse una instancabile campagna per l’introduzione anche in Italia dei Tribunali dei minori. Nel 1910 fu chiamata a far parte della Commissione reale per lo studio della delinquenza minorile, ed elaborò un denso studio sui caratteri della delinquenza delle minorenni, e sui mezzi per prevenirla, in aperta polemica contro l’organizzazione che ancora era data ai Riformatori, affidati a personale religioso femminile. Ersilia, la «santa laica», criticò senza mezzi termini i metodi utilizzati dalle suore, che giudicava antiquati e inadatti.

Uno degli appunti maggiori che in quegli anni venivano mossi all’Asilo Mariuccia era del resto proprio la sua laicità, e il suo indirizzo moderno. Intanto, con lo scoppio della guerra e per quanto fosse contraria all’intervento, su incarico del comune di Milano si impegnò ad assistere i figli dei richiamati. Solo qualche anno più tardi, non condividendo le posizioni antidemocratiche assunte dalla dirigenza dell’Unione Femminile, decise di abbandonare l’associazione. Ma non per questo cessò di combattere le sue battaglie. Instancabile, continuò sino a pochi giorni prima di morire ad impegnarsi in difesa delle donne lavoratrici, della sorte dell’Asilo Mariuccia e di quella delle sue piccole e fragili ospiti.

 
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Libri dimenticati:Tim

Post n°3597 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Tim è un bellissimo ragazzo,ma soffre di un lieve ritardo.Fra lui e una donna quarantenne nasce un'improbabile storia d'amore,che li porterà al matrimonio.Un libro delicatissimo,da leggere più volte

 
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Frase delgiorno

Post n°3596 pubblicato il 31 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Dentro un ring o fuori non c'è nulla di sbagliato a cadere.E' sbagliato rimare a terra (Muhammad Alì)

 
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Ciao, serena serata
Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
 
Ciao per passare le tue vacanze vi consigliamo Lampedusa...
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
 
Buon pomeriggio.Tiziana
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
 
i gatti sono proprio così.:)
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
 
questi versi sono tanto struggenti quanto veritieri. Ciao e...
Inviato da: Krielle
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