Messaggi di Agosto 2012

Scrittori dimenticati:Nikolaj Nekrasov

Post n°3428 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Nikolaj Nekrasov nacque a Nemirov, nel distretto di Yaroslavl, a nord di Mosca. Il padre Aleksej era una persona volgare e illetterata, nobile di provincia e ufficiale dell'esercito; anche la madre, la polacca Aleksandra Zakrzewska, vantava origini nobili.

Lasciati gli studi che aveva iniziato nell'Università di San Pietroburgo, Nekrasov debuttò nel 1840 con l'antologia di poesie Sogni e suoni, criticata daVissarion Grigor'evič Belinskij, che tuttavia divenne in seguito suo amico e ammiratore della sua opera più matura. S'impegnò con bravura e con senso degli affari in un ciclo di progetti editoriali, l'«Almanacco pietroburghese», 1846, dove fu pubblicato il romanzo Povera gente di Dostoevskij, la rivistaSovremennik (Il Contemporaneo), nel 1847, che fu soppressa dal governo nel 1866 dopo il primo attentato contro lo zar Alessandro II, e gli «Annali patrii», rilevati da Nekrasov insieme con Saltykov-Ščedrin nel 1868, che diresse fino alla morte, tutte riviste che divennero il punto di riferimento dell'intellighenzia radicale e, in particolar modo, dei principali esponenti della scuola realista.

Del 1854 è l'opera Vlas, mentre del 1861 il poema Gli ambulanti, che contiene la celebre Canzone del vagabondo, nella quale Nekrasov esibisce con notevole veemenza significativa come il proletariato non sia per lui solamente una «letteraria dimensione sentimentale».

Argomento predominante dei suoi scritti sono i tormenti patiti dal popolo e le ingiustizie a cui il ceto prevalente assoggetta il popolo stesso, e l'aspetto poetico che gli è più consono è il poema lungo, la cui tecnica rievoca gergo e ritornelli dei canti popolari. Non sono tralasciate le riproposizioni in stile satirico di metri e forme che pertengono alla poesia alta. Nel 1863 scrisse Gelo, naso rosso, dove, distaccandosi per una volta dal costume della canzone popolare, idealizza quasi favolisticamente l'immagine della contadina russa sullo scenario maestoso di una grandissima foresta gelata.

L'ultima opera di Nekrasov, Chi è felice in Russia? (1866-1877), è pure il suo capolavoro, edito dopo la sua morte. La trama narra di sette contadini che vagabondano in tutta la Russia per trovare i motivi della propria tristezza, finisce con intonazioni di felice speranza nel futuro. Il popolo russo identificò Nekrasov come il «suo» poeta e gli rese omaggio con un funerale che fu uno dei più emozionanti tributi di popolo mai dimostrate a uno scrittore.

Fortuna

In Delitto e castigo e ne I fratelli KaramazovDostoevskij ricorda i versi del poeta che descrivono la morte di una cavallina, frustata a sangue nei miti occhi da un mužik e poi finita dai presenti, per definire l'orrore del mondo contro le creature più deboli e indifese. Dostoevskij, pur lontano da Nekrasov per tanti versi, scrisse anche che «Nekrasov concluse la serie di quei poeti che avevano detto una parola nuova e in questo senso doveva stare subito dopo Puškin e Lermontov [...] c'era nell'animo di Nekrasov una forza originale che non lo abbandonò mai: il suo sincero, appassionato e soprattutto immediato amore per il popolo».

La fama di Nekrasov, che pure si era dichiarato convinto che il suo nome sarebbe scomparso con la sua morte, è rimasta intatta anche nel Novecento: il poeta Nikolaj Semënovič Tichonov(18961979) scrisse che «Nekrasov fu un maestro disperso, ciondolone, capriccioso, ma ha dei versi sorprendenti. Probabilmente sentiva per istinto la necessità di prendere le parole, le rime, le frasi dal discorso comune, per contrasto con il canone dello "stile elevato" di Puškin. Parole non risonanti per bellezza, glaciali, flessibili, quelle che si dicono parole appassite, parole abortite. L'elevatezza della sua voce nobilita questo materiale».[1]

Note 

 
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Scrittori dimenticati:Shalom Alechem

Post n°3427 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Shalom Alechem, pseudonimo di Shalom Rabinovic (1859-1916), scrittore yiddish nato in Ucraina, fu per qualche tempo rabbino, poi commerciante senza fortuna, prima di dedicarsi alla letteratura. Cominciò a scrivere in ebraico ma passò ben presto allo yiddish, lingua allora disprezzata, sotto lo pseudonimo di Shalom Alechem (che in ebraico significa “la pace sia con voi”). Scrisse racconti, articoli, recensioni, opere teatrali e poesie in yiddish, ebraico e russo. In seguito a un pogrom nel 1905, Alechem si trasferì negli Stati Uniti. Abbandonata la Russia nel 1905 iniziò a girovagare per America e Europa e a riscuotere popolarità nel mondo.

 
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In vita postuma (Barbaro)

Post n°3426 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Ho visto sopra un marciapiede stanco
il cadavere ancora caldo di un mort’ammazzato,
il sangue rosso vivo e la pioggia, e una donna,
in piedi lì accanto, pallida e smorta come la paralisi,
come l’ostia consacrata, come la neve sporca,
con un filo di voce perso nell’aria di cemento…

 

Sono andato in cerca 
di ciò che non poteva essere trovato,
ho scritto qualche brutto verso,
ho ascoltato le parole dei folli,
ho letto e riletto pagine di lucido dolore
che ho scolpite nel cuore e nel cervello.

 

Ho diviso con lei, angelo impuro,
i giorni e me stesso:
abbiamo respirato la stessa aria,
bevuto le stesse lacrime, sognato gli stessi sogni,
abbiamo unito i nostri corpi e le nostre anime sole;
ma io ho saputo darle soltanto
la triste gioia di un amore malato.

 

Ho visto primavere grigie,
ho baciato labbra insapori,
ho trascorso intere giornate ad aspettare,
ho provato amicizia soltanto per gli alberi spogli
e il mare nero di notte.

 

Ho visto migliaia di facce,
facce di dubbi, facce di problemi, facce di noia,
facce di malinconia per una sera d’estate,
per un amico lontano, per un sogno perduto;
facce di marmo, facce di cera,
facce di terra solcate dal tempo,
facce rassegnate, smarrite e stanche,
e facce raggianti, luminose e bianche
con occhi grandi per guardare il mondo.

 

Ho trascinato la mia vita in strade desolate e buie,
ho abbattuto idoli, spezzato catene,
ho scavato dentro me stesso e toccato il fondo;

 

ho fatto mia la notte 
ascoltandone i silenzi, 
assaporandone la solitudine, 
lasciandone traboccare i pensieri
fino a sommergermi,
e il giorno in cui sono morto
ho cominciato a vivere. 

 

 
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Scrittrici dimenticate:Margherita Guidacci

Post n°3425 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Poetessa italiana (Firenze 1921 - Roma 1992). Studiosa di lingua e letteratura inglese, ha curato traduzioni di J. DonneE. Dickinson, Th. S. Eliot. La sua poesia, di un'intimità morale aperta a un senso religioso della vita, si affida all'intensità dei sentimenti e all'immediata evidenza del dettato: La sabbia e l'angelo (1946); Morte del ricco (1955); Giorno dei santi (1957); Paglia e polvere(1961); Neurosuite (1970); Terra senza orologi (1974); Il vuoto e le forme (1977);L'altare di Isenheim (1980); L'orologio di Bologna (1981); Una breve misura(1988).

 
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Scrittrici dimenticate:Sally Salminen

Post n°3424 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Sally Salminen was born in the town of Vargata on Åland. After completing basic schooling, she worked in various jobs, including as a maid in Stockholm, did a correspondence course, and dreamed of becoming an author. In 1930, she travelled to New York and found work as a domestic help. After marrying the Danish artist Johannes Dührkop in 1940, she settled in Denmark. Her motifs stem from her familiar world of the poor communities on Åland and the lives of emigrants.

She made her debut in 1936 with her depiction of an ordinary life,Katrina (Eng. tr. Katrina), which won first prize in a novel competition and became an international success. It overshadowed all her subsequent works, which encompassed novels, travel accounts, and autobiographies, including her Åland novels Den långa våren, 1939, På lös sand, 1941, Lars Laurila, 1943, and Nya Land, 1945; the short story collection Barndomens land, 1948; and novels such as Små världar, 1949, Klyftan och stjärnan, 1951, Prins Efflam (1953; Eng. tr. The Prince from the Sea), Spår på jorden, 1961, and Vid havet, 1963.

Sally Salminen's later works, which are autobiographical, include the travel books Jerusalem, 1970, På färder i Israel, 1971, and her memoirsUpptäcktsresan, 1966, and Min amerikanska saga, 1968, I Danmark, 1972, and Världen öppnar sig, 1974. Many of Sally Salminen's books were translated into various languages. Her memoirs Sallys saga were published in 1968.

 
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