L'Archetipo

L'incantesimo


Una figura scura vorticava in una frenetica danza avvicinandosi più veloce, sempre più veloce, fino a quando si sentì afferrare da quelle nere vesti, che la ghermirono, la soffocarono, trascinandola giù, sempre più giù nel cuore della terra, nell'oblio più profondo, tra le braccia della morte.Hanna sbarrò gli occhi nell'oscurità.Il tempo non esisteva, lo spazio, lei stessa non era altro che un ricordo che lentamente svaniva sfumando nel buio.Incapace di respirare, attenta ad ogni minimo rumore, rimase in attesa. Nella testa le rimbombarono cupi i battiti del suo cuore."Non c'è nessun mostro!"La voce rassicurante di sua madre la cullò con dolcezza e il ricordo le riempì di lacrime gli occhi."Qui non c'è niente"diceva assonnata, i capelli scompigliati, in vestaglia da notte, aprendo l'armadio e guardando sotto il letto. Quella notte però, non sarebbe venuta, nè quelle successive, per tutto il resto della sua vita. Con un sospiro si voltò verso il marito, che russava profondamente "Potrei svegliarlo" pensò titubante, ma ormai la paura ed i ricordi stavano svanendo, lasciando il posto ad un terribile mal di testa.Scivolò sul parquet e rabbrividì quando l'immagine improvvisa di un lungo e viscido tentacolo le si serrò attorno alle gambe."Hanna ti prego! Nemmeno tuo figlio, così piccolo e indifeso si spaventerebbe per una visione svolazzante avuta, tra l'altro, dopo aver ingerito una cisterna di Champagne!" così pensando si avvicinò alla culla del figlioletto, intento a dormire succhiandosi il pollice. Sorrise con dolcezza contemplandolo, ma una brezza leggera le increspò il pigiama di velluto. Lo coprì teneramente e lo sfiorò con un bacio. Poi si allontanò in silenzio."Chi ha lasciato la finestra aperta?!" pensò irritata sgusciando nel corridoio e richiudendosi la porta alle spalle.Dalla cameretta dei giochi, filtrava la luce soffusa della luna, mentre la porta s'apriva e richiudeva pigramente, cullata dalla brezza della sera.Sbuffando Hanna raggiunse la camera e richiuse le imposte, poi s'appoggiò al davanzale in preda alla spossatezza. Le doleva la testa e aveva una gran voglia di infilarsi nel letto.Proprio mentre stava per tornare indietro, l'assalì quella sgradevole sensazione che l'aveva perseguitata durante tutta la serata. "C'è qualcuno!" Il cuore aveva ricominciato a martellarle nel petto. Attorno a lei c'era solo penombra e silenzio.- Che diavolo mi prende?!- si domandò infastidita.- Ora mi faccio una tisana e torno a dormire - boffonchiò a mezza voce, cercando di ricacciare un brivido, ma appena preso il corridoio, rimase lì, stupita, a fissare le lancette immobili di un vecchio orologio da muro."Non funziona?!"Suo marito ne aveva sempre avuto gran cura, visto ch'era appartenuto al nonno e mai l'aveva mai visto fermo.Accese le luci del corridoio e, all'improvviso, le lancette ripartirono.Hanna sentì rizzarsi i capelli sulla nuca.- Devo ricordarmi di non bere più- si disse stringendosi nelle spalle - Mai più! -Una paura insensata le attanagliava lo stomaco. Si passò la lingua sulle labbra inaridite poi, proprio quando pensava di tornarsene a letto e magari di svegliare Carlo, qualcuno scoppiò in una fragorosa risata alle sue spalle.Irrigidita, Hanna prese a tremare dalla testa ai piedi, ma le risate continuavano e si avvicinavano veloci.La donna si voltò indietreggiando. Davanti a lei, in una danza disarticolata, balzavano le danzatrici della riproduzione del Picasso, appeso al muro.
- Non è possibile...- balbettò Hanna terrorizzata.Urtò contro lo scrittoio mandando in mille pezzi una statuetta di cristallo, ma non provò nessun dolore quando alcuni pezzetti le si conficcarono nella pianta del piede.- Carlo... - sussurrò - Carlo - ripetè in preda all'isterismo. Una delle danzatrici torse la testa deforme e allungò un arto verso di lei, prima di venire trasportata nella danza dalle compagne.I piedi della donna scattarono via veloci, alle sue spalle le luci presero a spegnersi, una dopo l'altra, lasciando il corridoio nell'oscurità.Hanna si gettò sulla maniglia della camera da letto. La porta era chiusa. In preda al panico vi si scagliò contro con tutto il peso.Sentiva il suo respiro sul collo. - Vattene! - urlò in preda al panico.Tremando si voltò per affrontarlo, ma davanti a lei c'era solo il buio della notte.Il pigiama, madido di sudore, le aderiva al corpo in un viscido abbraccio, un ciuffo di capelli le ricadeva davanti agli occhi.- Non c'è nessuno, non cè nessuno, non c'è nessuno... - continuava a bisbigliare con la mente in subbuglio, girando attorno lo sguardo con movimenti nervosi.- Ciao Hanna! -La luce del frigobar ronzò in cucina. Una lama di luce tagliò l'oscurità illuminando la sagoma di un uomo.Hanna si sentì cedere le ginocchia e s'accasciò al suolo, scivolando contro il muro.- Chi... chi sei?! -- Ma come? Pensavo mi avessi riconosciuto!- rispose lui beffardo - Ci siamo intravisti alla festa, ricordi?! -Il tempo di un battito di ciglia e il volto dell'uomo le si parò davanti - Il nero mantello! Uh, che paura! - le sussurrò all'orecchio. Un attimo dopo era di nuovo in piedi, intento a versarsi da bere.- Chi... chi sei, che vuoi, come... come hai fatto ad entrare?! - Hanna tremava. Non riusciva a muoversi, a ragionare, era terrorizzata dalla consapevolezza che forse lui l'avrebbe uccisa.- Uh, uh, uh... quante domande... Non gradiresti prima un bichciere di Champagne? -Hanna strabuzzò gli occhi sempre più confusa. Davanti a lei galleggiava nell'aria un bicchiere colmo di bollicine.- No, no... grazie... - riuscì a balbettare senza capacitarsi di ciò che stava guardando.Come per incanto, il bicchiere svanì.- No, non sono un prestigiatore!- scoppiò a ridere lo sconosciuto intrufolandosi nei suoi pensieri - E si, riesco a leggerti nella mente -Non terminò la frase che vide la donna scattare in piedi, negli occhi una scintilla di follia, pronta a qualche folle gesto.- No, no, no... Dove te ne vuoi andare?! -L'uomo fece schioccare le dita e due viscidi tentacoli si serrarono attorno alle caviglie della donna.Hanna iniziò ad urlare come una pazza, dimenandosi contro quella forza oscura che la trascinava giù, attraverso il pavimento, dentro la terra, lasciandola senza respiro, nell'abbraccio della morte.