La voce di Megaride

Quando il senso di appartenenza crea disagio


di Marina SalvadoreGiuro!... i fuochi d'artificio a siglare un funerale cattolico... non li avevo mai visti... e devo ammettere, non scevra da qualche senso di colpa "identitario",  che mi hanno provocato nauseato stupore. Il martellante reality show a reti unificate sulle esequie di Mario Merola era l'ultima cosa di cui Napoli avesse bisogno in questo momento storico. Non a caso si parla di Mistero quando ci si riferisce alla Morte ed i "misteri" abbisognano di intimità, di sacralità, di meditazione; contrariamente ai prodigi che di norma vanno opportunamente strombazzati a furor di popolo. Certe volte se non sempre " 'a cartulina e ' Napule " risulta piuttosto imbarazzante da inoltrare agli amici, per quei suoi requisiti più che volgari, grotteschi, che nulla hanno a che vedere con l'intelligente autoironia di un popolo che cullò tra le braccia, millenni fa, la Civiltà, la Cultura... l'umano ingegno... l'arte... la filosofia e la poesia della Vita quotidiana. "Chapeau!" all'arte popolare, al mito Merola, che enfaticamente è stato pure insignito dell'onorificenza di creatore della "sceneggiata" (e... non è vero) da qualcuno che, ignaro, forse intendeva definirlo solo più che "interprete". Una estenuante serie di servizi televisivi celebrativi del personaggio, sulle reti nazionali, si preoccupava di accrescere il becero folklore napoletano, inviando immagini ed interviste all'artista sempre ripreso a qualche tavolata, in un'abbuffata, in scene da matrimoni interrotte solo da sorbetti e pignatte di spaghetti, da frutti di mare e ragù, scene di "MALAVITA" e "lacreme napulitane"... senza mai mandare in onda una sua performance, una sua canzone... che forse sarebbe stato l'omaggio migliore. Persino le "facce" scelte dai giornalisti presenti all'evento, pescate secondo la regia delle teorie lombrosiane e dell'estro del compianto Nanni Loi, per far ridondare di ancor più squallida napoletanità i servizi mandati in mondovisione, erano scelte tra volti più somiglianti a quelli di eventuali "zappatori", "figli piezze 'e core", "mamme cu 'e spade 'mpietto", "malafemmene" e "malòmmini", come tratte a forza da un presepe post-moderno di Ferrigno. Mancavano solo la venditrice di uova e il venditore di taralli. 
 Nemmeno Lina Wertmuller avrebbe saputo creare una scenografia così colorita, per raccontare in un film la Napoli americana del dopoguerra; quella di Malaparte... ovvero un nuovo documento su di una Napoli senza Identità; quella già bacata dalle "signurine 'e Capodichino che fanno ammore cu' 'e marucchine"... e... "sigarette, papà... caramelle mammà'"...  "ddoje dollare 'e signurine" in una orgiastica tammurriata che s'è pur vero che ha caratterizzato una realtà cittadina innegabile del secolo orribilis, il '900, ha provveduto anche, egregiamente, a cancellare la memoria, la dignità di una genìa famosa nel mondo per ben altre diverse peculiarità. Nell'antica piazza, quella gran folla baccante tra il sacro e il profano, era calata nei secoli più e più volte per altri eroi: Corradino, Tommaso Aniello, Michele Pezza detto Fra' Diavolo, le cui esecuzioni capitali ed esequie erano servite ad indicare svolte storiche, rivendicazioni, vandee contro lo strapotere straniero... quando Napoli aveva un'anima e un Popolo; oggi, v'è una Napoli virtuale, dimentica di se stessa e quel Popolo fiero si è trascinato man mano nell'anarchia e nella negazione di se', "tirammo 'a campa'",  finendo con l'essere numericamente "popolazione"... divisa in due schiatte: intellettuali giacobini chiusi nei salotti e nei circoli, a praticare lo sport del marketing culturale, fatto di speculazione e finanziamenti, in nome dell'illusoria internazionalità partenopea; dall'altra parte, la schiatta della popolazione di stampo coloniale post-americano, antropologicamente ancora legato per un filo di capello alla becera oleografia "pizza & mandolino", senza più sogni ne' speranze. Ambedue le categorie sanamente ancorate all'individualismo più sfrenato e, spiace ammetterlo, alla bestemmia dei Valori, totalmente assenti. Insomma, se ieri Napoli si rintracciava nel binomio Miseria e Nobiltà, bisogna ammettere che la "nobiltà" è latitante e che la "miseria" è calata come una coltre pesante sugli argenti di famiglia ma anche sulle montagne di monnezza... sui pioppi, sui mirti e sui pini silvestri... sulle cronache cittadine... sul futuro. Se quella folla baccante, che spara fuochi d'artificio e canta alle esequie di un suo figlio, la si potesse vedere anche in corteo contro il malgoverno, contro la camorra, contro il consumismo, contro i mali che affliggono Napoli... allora, sì... ci sarebbe una speranza!