La voce di Megaride

chiAma Napoli


di Marina SalvadoreChi ama Napoli ha intima consapevolezza che Napoli esiste oltre ogni volgare luogo comune, oltre ogni pittoresco folklore, oltre la menzogna storica istituzionale,…oltre l'offesa dell'ignoranza e del tempo. Chi ama Napoli è ancora capace di vederla pulsare di vita nelle antiche profondità del suo corpo di giallo tufo imbibito di sole, di respirarla sulla superficie del sacro calice d'acqua salata del golfo, di annusarla lungo il sentiero delle spezie che cinge come corona il suo cuore ardente di vigne, di agrumi, di arte, di storia… profumato di umano genio e di tuberosa; frutti e fiori…RADICI della sua fertile terra vulcanica.Silenzio! Napoli parla a chi sa ascoltarla e racconta:
"Sono nuda di panni eppur vestita di sale e d'acqua, di fuoco e di vento e dall'eternità le mie ali leggere e possenti trattengono nel fiero abbraccio questo cristallo di Paradiso, caduto sulla Terra direttamente dalle mani congiunte di Dio.Io sono l'Angelo... il Deva, lo Spirito Immortale... La Stella… la Sirena; ora il Castello su Megaride… ora Nisida perduta dalle braccia di Posillipo… quindi il Faro di questo luogo che mi fu affidato. Ho i mille nomi che mi hanno imposto e altrettanti volti; ognuno coniato nel tempo… dai "tempi" dei Mortali. Vi fu chi, tra gli eroi omerici, mi scorse tra i flutti di questo mare turchino e di metallo o tra le nuvole arancio e viola di questo magnifico e terribile Cielo Meridiano... o, anche, tra le pieghe della costa frastagliata che qui si lancia - in lungo e in largo - dall'alito caldo di messer Vesèvo nell'abisso, in rapido balzo giù per le chiome dei pini, tra i rovi e la ginestra, tra vestigia di rocche, ricordi di pizzi e merli di templi e castelli decaduti, per sfiorare più in basso gli odorosi agrumeti a mezza costa, vigne e pergole, tra le cupole di mosaico e d'oro zecchino delle chiese ed i tetti di rame e coccio dei monasteri… per affondare le membra giù in fondo, nei dolci giardini di fiori e spezie, palmeti, gerani, affatate piantine di cetrangolo e fichi d'india, distribuiti tra sfarinate di casarelle linde e austeri palazzi, su e giù per scale, vicoli e scese… eppoi, per numerose torri, grotte, insenature e fiordi delle minuscole marine, tra barche e reti di pescatori, a gloriosa corona dell'orlo dell'abisso Mistero Mare.Altri, mi munì d'ali d'uccello e mi rassegnò a popolar colonie di strigi piumate sulle pareti scoscese della costiera e sui minuti isolotti ... oppure mi appellò regina delle Sirenuse, quando alle ali gallinacee e agli speroni impietosi gli uomini preferirono il fasciarmi in un corpo invitante di donna, dal canto suadente e dalla coda pescina, perfidamente seducente perché impenetrabile, asessuata, contronatura, priva di fertile ventre... Oh! Quant'è vero che la bellezza pura incute più gelido orrore della mostruosa bruttezza! Non vi è forse più familiare l'Ade di questo sfolgorante Paradiso, che voi osate definire accecante? Sempre e in ogni modo mi hanno percepito magnifica e terribile, come magnifica e terribile è la suggestione immutata di questo luogo che, invece, stringo materna quale delicata creatura sul mio petto pulsante all'unisono col pulsar delle stelle ed al ritmo incessante del respiro del mare; talvolta, ninnandola al suono di conchiglie e corni, d'antiche cetre, liuti, flauti ed archicembali; tal' altra sollazzandola col tamburello, il triccaballacche, il putipù e la voce di un posteggiatore che accompagna e che racconta l'amara storia del diletto figlio adolescente Corradino o di uno dei
tanti Masaniello "nemo propheta in Patria"...Di quando - a questa creatura - rammento il suo antico censo marinaro, di quand'aveva la flotta più imponente del Mediterraneo ed anche, forse, d'Europa... ed allora improvviso sale, come da canne d'organo, una musica trionfale: è il dio del vento che sfiora con le sue lunghe dita i pinnacoli e le guglie delle nobili magioni arroccate sotto un cielo di stelle, laddove la storia di Napoli da qui s'innalza come preghiera al Cielo, quale una cattedrale gotica scolpita dalle note e dai silenzi dei fasti di una musica divina.Lo sciabordio nelle marine, la risacca, la spuma sulla battigia della calma, la tempesta e il fragore dell'onda, il frangersi dei legni sugli scogli,
….l'urlo vetroso del pietrisco… Lo scalpiccio di sandali dei milioni di antichi passi sulle scese del Decumano… Il crepitar dei fuochi di taverna, in un presepe affollato di San Gregorio Armeno… il vociare scanzonato dei bottegai: così è qui composta l'orchestra ed il coro di Dio!Io sono l'Angelo in piedi sull'ago della tua bussola, segno il Sud tra i petali odorosi d'Oriente della Rosa dei Venti che punta sempre il vorace Nord geloso. Io sono l'anima della fornace che cuoce i pani per il desco, le misere terraglie per le umili dimore e le pregiate maioliche variopinte per i ricchi templi. Sono lo scrigno di mille meraviglie… il forziere forzato dai ladri d'ogni tempo e d'ogni guerra. Sono il genio che muove le mani del vasaio, del teatrante, dell'artigiano di mille nobili mestieri ormai scomparsi; quello che dirige le mani del direttore d'orchestra nel tempio del San Carlo ed a San Pietro a Majella e quelle che infilano l'ago che a Mergellina e a Coroglio ripara con pazienza le reti e le vele sulla spiaggia…  Sono l'argento dei guizzanti pesci del mare e delle mandolinate lune… piene di milioni di stelle… la farina e l'acqua e il vento che mescolano nel tripudio a Cerere la sacra libagione del frumento.Sono la luce del Sole ardente, il plasma trasfuso ai succosi frutti delle limonaie, il fuoco dell'elisir di lunga vita, racchiuso religiosamente in ampolle, come reliquia vivente del santo patrono di questa Terra.Pigio il torchio delle profumate cartiere e con inchiostro trasparente d'acqua di mare scrivo sulle migliaia di fogli, odorosi di fiori campestri, tutte le storie della incredibile Storia di quest' ameno luogo. Io sono - assieme - l'eccelso spirito di Partenope e la carnale sua serva Napoli!
Ho il potere, da millenni, di risvegliare dalla catarsi i dormienti, i misogini odissei, gli ignavi, gli indifferenti, i distratti, suscitando con il fulgore della mia spietata bellezza e con il fuoco di questo cristallo di Paradiso, lo sgomento, la scossa, l'"insulto opossico" necessario ad ogni creatura che deve rinascere al mondo superiore, alla consapevolezza… alla maestosità di Dio, perché non si perda in eterno nel vuoto infinito della bestemmia di un Limbo o vaghi esule morto vivente nella Terra di Mezzo dei suoi dèmoni istinti.Io, spezzo il fiato! Rigenero! Tu, invocami se m'ami…Nelle tue tristi notti forestiere CHIAMA NAPOLI ed io, Partenope, verrò a regalarti una carezza, una canzone…la promessa di un ritorno e… un sogno."