La voce di Megaride

La città del mistero: Napoli o Partenope


di Clara Negri
 Napoli, anticamente Neapolis, ossia Nuova città, appartiene a una tradizione tutta incentrata sul mistero, l’occulto e il femminile. Essa, e il suo incantevole golfo, che idealmente va dalla Punta della Campanella a Capo Miseno, ha sempre goduto di condizioni terrestri climatiche e magnetiche, eccezionalmente buone.Da circa tremila anni la zona partenopea palpita di vita non soltanto per la sua terra ubertosa e fertile (essa veniva appunto chiamata:Campania felix) ma soprattutto per la combinazione naturale dei quattro magici elementi universali: Acqua, Aria, Terra e Fuoco che hanno costituito l’amalgama ideale per le innumerevoli alchimie mentali di uomini antichi e moderni che si sono trovati a soggiornare in quei luoghi.La città di Napoli è governata dal segno dell’Ariete e dal pianeta Marte, dio del Fuoco, quindi ottimo rappresentante del vulcano che la sovrasta: il Vesuvio. Ve, radice della parola Vesuvio, secondo alcuni studiosi deriva da Venere, sposa del brutto e gobbo Efesto, il fabbro degli dèi, che aveva le sue fucine giusto nei vulcani. L’amante preferito di Venere era però il focoso Marte, anch’egli, come Efesto, dio del fuoco, nonché del ferro, della guerra e…del sesso appassionato. Sappiamo tutti come finì la loro storia adulterina, dopo che Efesto bloccò con una rete il loro appassionato e illegittimo abbraccio amoroso e poi li espose agli sguardi e al riso di tutti gli dèi subitamente chiamati a gustarsi la scena. Non è forse un caso che il metallo specifico dell’Ariete e di Marte sia il Ferro,  che si trova in grande abbondanza proprio nelle acque sorgive della città, in particolare nella zona Chiatamone, che furono e sono tuttora chiamate Acque ferrate.Come detto, Napoli è la città magica per antonomasia ma è soprattutto città femmina perché ogni suo aspetto esalta i simboli femminili tanto vituperati negli ultimi due millenni esasperatamente maschilisti e fallocratici. 
Essa nasce nel IX secolo a.C. sulle rocce del Monte Echia, odierno Pizzofalcone, alle spalle di Santa Lucia. Secondo alcuni studiosi Echia risalirebbe a Euplea, altro nome dato ad Afrodite, la dea della bellezza. A questa dea i rodii eressero un piccolo tempio in una grotta di Posillipo (che in greco vuol dire:pausa dal dolore), verso la Gaiola, innalzandole una statua marmorea ai cui piedi vi era un bassorilievo in marmo raffigurante scene dell’Olimpo.Si racconta che molto prima che scoppiasse la Guerra di Troia alcune tribù preelleniche di razza camitica, scacciate dalla loro terra di origine e abilissime nel solcare i mari con agili imbarcazioni, si trasferirono sulle coste dell’Italia meridionale, e della Campania in particolare. Queste tribù, chiamate dei “Teleboi” (egei e rodii) si stabilirono quindi sulle nostre coste, attirati dalla dolcezza del clima e dalla bellezza dei luoghi. Costoro praticavano il culto delle Sirene, culto risalente però a tempi ancora più remoti degli antichi popoli siro-anatolici dell’Asia Minore, assimilati solo nel 1400 a.C. Questo culto è molto più complesso di quanto si può immaginare perché affonda le sue radici in quello delle dee-madri, un tempo considerate le uniche detentrici della Conoscenza, della vita e della morte. I nostri lontani progenitori avevano infatti un’unica grande divinità femminile-lunare che occupava il posto principale: Dêmeter, ovvero Dâ Mater o Terra Madre), riconosciuta come padrona del mondo visibile ed invisibile, della terra, del cielo e delle acque. Vi erano poi divinità femminili minori associate a questi elementi, e al mare in particolare, alcune chiamate Ninfe, altre Sirene.Le Sirene, in un lontano matriarcato, erano esseri alati col viso di fanciulle e il corpo di uccelli, detentrici della parola sacra che ammaliava per la loro dolcezza e veniva ascoltata come divino canto. I loro luoghi di residenza erano soprattutto le meravigliose regioni del meridione tra Napoli e Sorrento, che venivano chiamate Seirenea, nome che indica una specie di api, insetti che possiedono un simbolismo regale che risale addirittura a Caldei ed Egizi. A questi insetti è associato il dono dell’eloquenza, della poesia e dell’intelligenza e, nei misteri Eleusini, anch’essi femminili, le sacerdotesse venivano chiamate api. essendo considerate alla stregua di sacerdotesse o pitonesse che possedevano il dono della profezia.Nell’Odissea di Omero esse così parlano: “noi tutto sappiamo di quel che avviene sulla terra nutrice dove gli uomini nascono, vivono e muoiono. Nessuno si allontana da qui se prima non sente (il nostro canto) e pieno di vigore riparte, conoscendo più cose”.
Col finire dell’era matriarcale e col nascere di quella patriarcale il femminile però venne sempre più demonizzato e il loro corpo di uccello fu trasformato in quello d’un pesce, in rapporto analogico col simbolismo delle acque, lunari e femminili. Eraclito le definì “graziose baldracche” e Omero le situò nei paraggi dell’Ade, la Porta degli Inferi, che in seguito verrà individuata nel lago d’Averno. Così, a poco a poco esse persero il loro carattere iniziatico e ammaliatore per entrare in quello infero, lascivo e distruttore dei mostri femminili lunari connessi agli abissi marini. Ecco perché col tempo divennero simili alle Lamie o arpie, nemiche dei navigatori che prima vengono sedotti dal loro canto ammaliatore e poi, caduti in loro balia, crudelmente uccisi.A causa dell’inganno di Ulisse, che superò indenne il pericolo mortale facendosi legare a un albero dai suoi marinai a cui però tappò ben bene le orecchie,  le sirene Ligea, Leucosia e Partenope, ferite e umiliate, si dettero spontaneamente la morte nelle acque di Capri e, mentre i corpi delle prime due approdarono lontano, quello di Partenope venne ad essere ritrovato sulle rive di Megaride, nella zona compresa fra l’attuale Castel dell’Ovo e l’antico Borgo Marinaro. Gli abitanti del luogo, impietositi, le eressero un sepolcro e sorse così la città che prese il suo nome: Partenope. Per questa ragione l’antica Napoli crebbe e si sviluppò nel culto d’una semi-dea che la iniziò virtualmente ai misteri e all’occulto. La stessa cittadina di Sorrento dovrebbe avere un rapporto etimologico con la parola Sirena, così come lo hanno certamente le isole Sirenuse, enormi scogli oggi chiamati Li Galli, di fronte a Positano.
A testimoniare l’antico rapporto tra Napoli e l’oracolo della Sirena oggi si può ancora ammirare la splendida statua che raffigura una Sirena tra due delfini nell’aiuola di Piazza Sannazzaro. Vi è poi il Corso Sirena che da Piazza Procelle attraversa Barra oltre a numerosi elementi ornamentali su portoni di antichi palazzi nella zona della vecchia Napoli. L’interrelazione tra la divinazione, la magia, l’ispirazione non finisce però con le Sirene, anche se assume nuove e più ricche connotazioni.
 web personale di clara negri. www.astrarmonia.com immagini di Mauro caiano