La voce di Megaride

Il silenzio di Megaride


di Marina Salvadore
Lei era solare, flessuosa, appassionata e ciarliera. Viveva attaccata alla sponda di Partenope, portandosi dietro l’oltraggio della sua coda pescina che non le consentiva di toccare terra, di camminare, correre, saltare sulla terraferma. Viveva perennemente attaccata allo scoglio, per illudersi di condividere con i pescatori di sotto il Castel dell’Ovo un vivo spirito di condominio, per sentirsi parte di quel popolo del quale ascoltava, rapita, i suoni onomatopeici della lingua, i canti struggenti, gli accordi di chitarra, le parole d’amore, la passione di una lite tra innamorati… i passi di una danza popolare e il suono della tammorra… il profumo dei fiori d’arancio di una “pastiera” o di un corteo nuziale… Non si rendeva conto di quanto fosse stata fortunata a nascere sirena e non donna, a godere di quel gran privilegio datole dal suo punto naturale di osservazione del mondo…poiché ignorava quanto Napoli fosse maledettamente bella…  ma solo se vista dal mare e dal cielo.Cantava Megaride, nelle notti di luna piena sul golfo, intrecciando le sue note argentine ai bagliori tremuli di stelle d’argento sul pelo dell’acqua. Cantava le storie, i volti, le voci di secoli e secoli di umanità, splendori e rovine di uomini e donne passati su quella sponda. Cantava del bene e del male di generazioni sempre appassionate, vitali, comunque sollecite nel bene quanto nel male… scolpite nella luce o nelle tenebre, comunque dotate di “carnalità”, di Passione; quel sentimento instillato nei cuori delle genti marinare proprio dall’umoralità scatenata del Mare Nostrum, esasperato dall’elemento del fuoco vesuvino ma assente del tutto, assurdamente, nei cuori puri delle creature marine che vivono di puro amore.E la gente - gli indigeni ed i turisti - in ogni epoca volgendo lo sguardo all’orizzonte, spaziando estasiati nel surreale giro di giostra intorno al golfo… dal Castello al Vesuvio, lungo la corona dei comuni vesuviani, fino a Sorrento…quindi su Capri a fermare lo sguardo… sempre esclamava, rapita :”Dio! Quant’è bella questa Napoli!” senza mai rendersi conto che Napoli è quella che incombe alle spalle; non quella riflessa nella baia azzurra di Megaride, confinante da Napoli attraverso la linea segnata dai frangionde, dalle calette delle imbarcazioni dei pescatori, dalle terrazze delle taverne affacciate sul mare e dagli abbracci delle coppiette innamorate incollate ai muretti. Lei, avrebbe voluto gridarlo, ogni volta, che Napoli era solo lo specchio deformante in cui il suo regno si rifletteva nel fuoco e nel tufo, trattenendo nella “cartolina” i sentimenti, gli umori, la libertà e la potenza del dio del Mare, che tanto aveva influito sul carattere dei napoletani con il proprio carattere…fino a quando la divinità e Megaride e le altre creature acquatiche ancora avevano il piacere di parlare e di insegnare ai napoletani i misteri divini.Megaride cantava le leggende del mare ai napoletani e dei napoletani raccontava le storie incredibili al Mare. Per millenni, un’armonia perfetta, una musica celestiale, un canto accorato si erano levati nel cielo su Napoli. Anche nelle epoche infami delle ferite procurate dagli stranieri invasori a Napoli, Megaride curava col sale del mare e quello delle sue lacrime materne le ferite, ninnando soavemente sul suo seno e con dolci melodie i vinti, i disperati, gli affranti figli suoi. E quel canto risanava e rigenerava… e lo spirito del popolo di Napoli riemergeva dagli inferi,ogni volta, con nuovi progetti e gioiose speranze.
Poi, lei vide nello specchio in cui si rifletteva il suo regno, tempo dopo tempo, sfarinarsi lentamente quel presepe di tufo e di fuoco, di case e di genti, si avvide che il sole baciava sempre più raramente quella città non più intrisa dell'aura azzurra del mare e che il grigiore del decadimento abbrutiva i suoi figli che avevano preso a concorrere alla distruzione della città, avendo smarrito oltrechè tutti i doni del mare, speranze ed attese, amore e passione… Megaride non cantò più. Di lei si raccontò solo la triste leggenda del bugiardo e misogino Odisseo.Non canta più, Megaride. Punisce con la peggiore delle vendette i suoi figli ingrati e traditori: con il Silenzio inquietante e terribile; unica potente arma di lotta ad uso delle generose ma implacabili Sirene!