La voce di Megaride

Bandiera identitaria


dagli appunti di Angelo Manna….. La lingua è corpo, non è testa, è sangue, non è cervello. Le sue chiavi sono magiche ed è il
popolo a custodirle. Una parola pronunciata da un popolano ha un senso e un sapore che non sempre possono essere colti, compresi dal letterato che è abituato a starsene comodamente dietro una pila di libri, dietro una scrivania nel suo studio isolato, panoramico, privilegiato da una grande quantità di lauree e diplomi, luccicante di coppe e di medaglie. E così un modo di dire racchiude a volte un’esperienza storica che il popolano non conosce ma che ripetendo fa rivivere, e che il dotto, il letterato,perfino l’esegeta non riescono a penetrare, se non si calano in esso con umiltà. La lingua di una nazione non è quella che parlano i suoi reggitori, ma è quella che parla il suo popolo, perché è il popolo il suo “inventore” continuo, il suo sacerdote, il custode delle sue ortografie e delle sue fonazioni. I letterati la forzano, la violentano, anticipano abusivamente evoluzioni che non è detto che naturalmente si verificherebbero, e che, semmai dovessero verificarsi, si verificherebbero secondo natura, e cioè per gradi, rispecchiando l’evoluzione sociale del popolo: perché popolo e lingua hanno sempre lo stesso identico destino.La lingua è il termometro della civiltà di un popolo, il popolo è una vicenda narrata dalla propria lingua.
Nella lingua di Napoli tutte le sofferenze del popolo di Napoli, tutte le felicità, i sentimenti, i moti dell’anima e della testa. Un letterato che violenti il linguaggio del popolo e in TV faccia dire ad uno dei suoi personaggi inventati da lui “ me so’ comprato dudece ova” tradisce il popolo il quale ha sempre detto “ m’aggio accattato na dozzina d’ova” , inventa, abusa, tradisce Napoli per una manciata di milioni: e la scusa che il suo lavoro traditore deve essere compreso anche a Pordenone e a Pinerolo è un’aggravante.E’ corpo la lingua di un popolo, non è mai testa, è sangue, non è cervello. E le sue chiavi sono magiche, ed è il popolo, soltanto il popolo a custodirle.