La voce di Megaride

Il Mercato del Tempo Andato


di Marina Salvadore
… Scandisce il tempo l’orologio della Storia… di quell'antica Storia chetroppo spesso obliata, diventa leggenda…e ch’è tuttavia viva sin da quando, ben prima degli orologi, il sole e la luna, albe e tramonti…eppoi le stagioni…eppoi i frutti ed i pesci, le semine e le messi, le erbe e i fiori…e le voci del “mercato” scandivano l’inesorabile, perfetto, trascorrere del tempo, su i gesti del passato e le attese del futuro…quando – viaggiatori del tempo e dello spazio, nella luce del varco d’uscita da un buco nero tra le galassie – in ogni era ritrovavamo puntualmente sui banchi del Mercato del Tempo Andato immagini di noi, così quali eravamo…Il Turismo privilegia esclusivamente città italiane del centro-nord intese quali Città d’Arte relegando ingiustamente Napoli – ch’è una città che rivela la sua storia attraverso vestigia plurimillenarie – nei bassifondi del folklore, nell’iconografia stereotipata di “pizza e mandolino” nonostante sia Culla della Civiltà. E' vero che la microcriminalità locale è un forte deterrente ma il problema di fondo è che i napoletani medesimi non hanno consapevolezza della loro Storia; occultata quindi dimenticata e ciò equivale ad immensa mancanza di rispetto verso se stessi, verso le proprie radici ed anche verso le future generazioni. I napoletani dovrebbero imparare a camminare, metabolizzandole, attraverso le vestigia, le fonti ancora riconoscibili del loro Passato, ch’è molto più remoto di quello di altre città italiane, perché Napoli può offrire al mondo intero un panorama artistico che va dall’arte antica alla moderna, in traboccante profusione. A Napoli le pietre “cantano” e “raccontano”, sfogliando l’infinito libro di pietra e tufo che non consentirà mai alla nostra città di globalizzarsi negli usi, costumi e tradizioni  e meno che mai nello spirito identitario di questa meravigliosa patria. Anche i napoletani più informati continuano a credere che la magnifica San Lorenzo sia la Chiesa più antica della metropoli e quasi non conoscono – se non, forse, qualche vecchio abitante dello storico quartiere Mercato-Pendino – una delle più antiche Chiese della città: S.Eligio Maggiore… Eppure, la celebre erma di fattura greco-arcaica della sirena Parthenia
– conosciuta quale “Marianna ‘a Capa ‘e Napule”, il cui originale manufatto è ora visibile a Palazzo San Giacomo, costretto tra lapidi inneggianti ai martiri dell’effimera repubblica partenopea eppoi a Garibaldi e all’Italia UNA - trionfava in tempi remotissimi, alla stregua di una golena sulla prora della città ad accogliere le genti dal mare che nell’antico quartiere del Mercato, porta di accesso alla città, sbarcavano. Probabilmente, ornava un tempio dedicato alla sirena Parthenia. Nel medesimo quartiere, la popolarità assunta dal culto della Madonna Bruna nel tempo ha favorito sempre più il “primato” (se così si può dire) della vicina Chiesa del Carmine, togliendo smalto e afflusso di fedeli alle splendide chiese, architettonicamente UNICHE, di S.Eligio (angioina) e della ancor più antica San Giovanni a Mare (aragonese, così detta perchè il mare la lambiva), vittime per anni anche dell’incuria che segue all’oblio. Esempio eclatante dell’incuria è anche la Chiesa
di Santa Croce al Mercato, oggi chiusa per restauri…lenti… ed ormai dimentica dell’icona simbolica che provvide ad ispirare la sua fabbrica: la stele in pietra sormontata da una croce, a ricordo del supplizio di Corradino di Svevia nella pubblica piazza… Addirittura, questo tempio - restaurato religiosamente dai Borbone quando andò distrutto a causa di un incendio sviluppatosi in seguito allo spettacolo pirotecnico del falò del vicino campanile del Carmine - fino a qualche anno fa, veniva impropriamente utilizzato quale deposito di giocattoli… Nella piazza, le due antiche fontane settecentesche che servivano per abbeverare il bestiame, nonostante siano state restaurate, sono state ancora derubate dei glifi e dei leoni che ornavano di ognuna le quattro vasche e trionfano, come obelischi, sulle montagne di rifiuti, dalle quali - specialmente durante ogni "alta marea" di "emergenza monnezza" -  spuntano per un terzo della loro altezza, come gli "zen" dalle cuspidi delle piramidi d'Egitto. Nel medesimo quartiere la Storia e le Vestigia ad essa connesse sono state orribilmente accerchiate e sommerse dalla speculazione edilizia, mediante la costruzione di mostruosi condomini da squallida periferia…l’antico “mercato” del bestiame che vi si teneva e le botteghe artigiane e le corporazioni che vi pullulavano sono state sostituite da altri tipi di commerci….La Storia, con i suoi Corradino, Masaniello e fra’ Diavolo, emblemi della nostra  Identità, giace appassita e incolore solo in polverosi tomi e volumi addormentati sugli scaffali delle biblioteche, scritti in maggior parte da stranieri conoscitori e amanti della nostra Civiltà. Ma la Storia non può morire: non avremmo un futuro senza cognizione del passato! La Storia è come una rosa del deserto; basta una sola goccia di rugiada, per rianimarla. Celebrare i nostri trascorsi significa anche sottolineare l’indistruttibile connubio tra Fede e Civiltà che ha caratterizzato, nei secoli, la Tradizione del popolo napoletano, il suo stesso humus. E’ bene ricordare che il solo centro storico di Napoli conta più chiese dell’antica città di Barcellona nella cattolicissima Spagna. Ed è estremamente importante, in questa cruenta epoca di confusione e declino morale, riproporre alle anime senzienti ma distratte quell’inscindibile connubio,  anche solo attraverso semplici informazioni, senza scomodare gli accademici di solito impegnati in vetusti salotti d’elite, che finirebbero col distogliere la già scarsa attenzione che lo stress della vita moderna è in grado di concedere ai comuni mortali. Le antiche pietre riprendono a “cantare” ed a raccontare le storie della nostra Storia, tra le cui pagine poter ritrovare qualcosa di bello e di buono che stimoli positivamente la consapevolezza del presente mediante la cognizione del passato, perché sia possibile intravedere un possibile futuro per la nostra Civiltà. Necessita più che mai offrire Napoli ai napoletani, perché se ne riapproprino consapevolmente. Perché la amino e la rispettino... Perchè non si può amare ciò che non si conosce!