di Clara Negri
Molti personaggi illustri del passato remoto e recente hanno soggiornato per breve o lungo tempo nella terra di Partenope, polo d’attrazione di dèi e di eroi, di maghi e di sibille, di grandi saggi o di martiri. Potremmo cominciare dal figlio di Zeus e Alcmena, donna mortale fedele sposa di Anfitrione, con la quale Zeus giacque con l’inganno, facendosi passare per il legittimo sposo, in una notte che egli fece durare il tempo di tre. Da questo amplesso particolare, che già prelude alle “performances” del figlio concepito in quelle lunghissime ore, nacque l’invincibile Eracle, il nostro Ercole, anch’egli dio solare come il padre, antico iniziato obbligato dagli dèi a purificarsi attraverso la grande ruota della vita, lo zodiaco, superando una dopo l’altra le dodici mitiche fatiche. In una di queste fatiche, e precisamente dopo il rapimento dei buoi di Gerione, un mostro con tre teste, tre corpi e sei mani, abitante una lontana zona ai confini dell’attuale Spagna, egli attraversò le Alpi e portò il suo armento in Italia, arrivando sino in Campania. Qui fondò Pompei, così chiamata perché lo fece con solennissima pompa, e subito dopo Ercolano, cittadina che ancora porta il suo nome. Ulisse, invece, nel suo peregrinare per far ritorno a Itaca, fece costruire un santuario in onore di Atena al Capo di Sorrento. Cicerone acquistò due ville, una a Pozzuoli e l’altra a Pompei. Lucullo preferì avere la sua villa nei pressi del Chiatamone, abbandonasi poi a una vita dissoluta simile a quella degli abitanti di Baia. Ovidio asserì che “in otia natam Parthenope” e
Virgilio amò proprio il suo ozio soggiornandovi, scrivendo e decidendo di esservi seppellito per sempre. La tomba del grande poeta è a Mergellina e la terra partenopea tutta ispirò molta della sua arte. S. Paolo soggiornò a Pozzuoli circa sette giorni prima di arrivare a Roma. Plinio il Vecchio vi morì per osservare la grande eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Tiberio si ritirò nella sua amata Capri e lì finì i suoi giorni. Il nostro suolo ha ospitato inoltre la scuola pitagorica, le colonie ebraiche e cabaliste del 1° secolo d.C., lo stesso S. Gennaro, e poi il gruppo gnostico che dopo la morte di Cristo si spostò a Ercolano e, più vicino a noi, Giotto, Simone Martini, Boccaccio, Petrarca, G.B. Vico, Metastasio, Goethe, Lamartine, Leopardi, Sthendal, Pergolesi, Filangieri e tanti altri. La caratteristica di Napoli resta però la sua fedeltà a se stessa: culla per millenni di culture e religioni le più diverse, le ha tollerate, accettate, seguite, arricchendosi con esse senza mai perdere il proprio volto specifico anzi conservando immutate nel tempo le sue specifiche connotazioni. Come una Grande Madre che accoglie nel grembo anche i figli non
suoi (non per niente abbiamo sempre definito Napoli città femmina). Essa ha accolto e generato culti, credenze, filosofie e religioni, alchimisti e maghi, saggi e poeti che nutrendosi del suo sapere, ne sono diventati parte integrante o anche figli riconoscenti, lasciando ai posteri storie, leggende e testimonianze del loro ottimo rapporto con la città. Citarli tutti non è possibile, visto che tra figli naturali e figli adottivi l’elenco non finirebbe mai, ma un cenno particolare meritano due personaggi certamente “speciali”: Virgilio mago e Raimondo di Sangro, Principe di S. Severo, entrambi famosi per le diverse qualità del loro genio che rafforza la verità d’un antico adagio napoletano: “sotto questo cielo non nascono, né risiedono, gli sciocchi”.