La voce di Megaride

PARTENOGENESI


Elucubrazioni semiseriedi Marina Salvadore
Io credo nel destino ch’è racchiuso nei nomi. I nomi non sono altro che dei mantra, formule divinatorie evocative ed invocative che se declamate con intenzione dagli occultisti di turno - nel bene e nel male - suggellano incantesimi e sortilegi. Gli operatori della “magia”, infatti, si premurano di presentarsi alla collettività con uno pseudonimo, mantenendo ben segreto il proprio nome, per non cadere vittime delle temute malìe altrui, così com’é sempre valida per loro, da millenni, la regola aurea del VOLERE – OSARE – POTERE e… TACERE. Nei nomi c’è un’energia sottile, un’intelligenza autonoma… uno spiritello elementale che fornisce una sorta di imprimatur alla personalità del “nomato”… perché un nome non è altro che un suono, una vibrazione e nel Kibalion di Ermete Trismegisto - tra i principi ermetici sui quali si basa la vita dell’Universo - il terzo principio enunciato è proprio quello della vibrazione: “Tutto si muove, tutto vibra e niente è in quiete. … chi comprende questa grande regola ha in mano lo scettro della potenza.” Il potere del suono del nome è nel riattivarsi delle sue primitive vibrazioni. In innumerevoli casi, quando poi ci mette lo zampino pure l’invidia degli Dei, alla sfiga del battesimo celeste si aggiunge la rogna totale, com'è nel caso di Napoli. Le Moire della tradizione greca presiedevano al destino dei terrestri; venivano chiamate anche Fatae - dalla parola Fato - già in epoca romana quando le medesime Moire furono appellate (nella mitologia) Parche… Stranamente, il termine “parco” in italiano è anche un’aggettivazione e sta ad intendere moderato, sobrio, frugale… parsimonioso… molto contenuto… ovvero anche TIRCHIO… Insomma le Parche sarebbero “fini a se stesse” nel distribuire doni ai mortali: taccagne! Se il nome di Napoli è quello della creatura mortale
Parthénos (vergine), una sirena bellissima, dolcissima, femminilissima ma…ahinoi!… inviolabile, asessuata e non prolifica, per giunta oppressa dal fato drammatico e triste che la condusse alla morte… praticamente, uno spietato caso di “nomen omen”… i dettagli per comprendere il destino di Napoli sono a  questo punto lampanti! Paradossalmente, il popolo napoletano ch’è figlio della Sirena, si sarebbe riprodotto – nomen omen – per PARTENO-GENESI, tenuto presente che in natura la partenogenesi è un modo di riproduzione in cui lo sviluppo dell’uovo avviene senza che questo sia stato fecondato… già li vedo, i napoletani, gloriarsi in proposito, convinti d’essere “razza eletta” ovvero il prodotto di un’altra mistica “Betlemme” in terra, anche loro di origine divina… ma devo assolutamente frenare l’ingiustificato entusiasmo, aggiungendo subito che la modalità della partenogenesi è comune solo – testualmente - a “piante e animali INFERIORI”. Soprattutto osservando il prodotto del ripetersi delle clonazioni nelle ultime generazioni napoletane, in
particolare la sua classe dirigente, non v’è ombra di dubbio circa la partenogenesi napoletana. Se foste ancora ostili o alquanto increduli, aggiungerò un altro elemento a favore della tesi della moltiplicazione dei napoletani per partenogenesi: cosa nascose Virgilio “mago” nelle fondamenta di Castel dell’Ovo?… lo dice il nome stesso del luogo; un UOVO!… Ebbene, è il famoso uovo di un animale inferiore, non fecondato, dal quale per PARTHENOS-genesis si sarebbero clonati all’infinito esemplari quali, tanto per fare qualche nome:  TORE 'e CRESCIENZO.... LIBORIO ROMANO... quindi i contemporanei, tanto per citare qualche nomen omen: POMICINO… BASSOLINO… eccetera...  Non ci resta che sperare nell’avverarsi della profezia virgiliana ovvero nel frittatone finale di quell’uovo ormai marcio!