La voce di Megaride

Napoli - La rivolta dei "Vigili Urbani"


riceviamo e volentieri pubblichiamo, esprimendo la ns/solidarietà ai "caschi bianchi" di Napoli
I caschi bianchi della Polizia Municipale di Napoli in rivolta? Può sembrare paradossale, ma è così. Dopo le manifestazioni in piazza, negli anni scorsi, di agenti, sovrintendenti e ispettori della Polizia di Stato, adesso anche i vigili urbani scendono in piazza, ma per far valere i propri diritti verso la loro stessa amministrazione, rea di non onorare appieno gli impegni assunti per iscritto verso i dipendenti del Servizio Polizia Municipale di Napoli. Più precisamente, i vigili urbani lamentano la totale noncuranza, da parte dell’Amministra-zione comunale, nei loro riguardi, in particolare per le vicende in cui, attualmente, sono coinvolti diversi loro colleghi. Allo stato attuale, i caschi bianchi sono bersaglio di brucianti strali da parte: a) dell’amministrazione, intenta a modulare lo stipendio effettuando tagli (ai dipendenti) o aumenti (ai funzionari); b) da parte della Magistratura che ha attivato indagini verso alcuni vigili urbani; c) della stampa locale, da sempre pronta a colpire duramente su un corpo che, in verità, non è mai stato ben visto dalla cittadinanza, non solo a Napoli, ma un po’ in tutta Italia. Negli ultimi 3 anni, ovvero all’indomani della gestione decennale del Gen. Giosuè Candita, e dopo una fulminea parentesi con l’efficace ma incompreso Dr. Andrea Bufalo (ex Questore della P.S. di Arezzo, voluto dalla sindaca Rosa Russo Iervolino e silurato tre mesi dopo con la complicità di qualche politicante di turno), la gestione del Gen. Carlo Schettini si è rilevata un quasi totale fallimento, gettando un corpo di quasi 2200 persone allo sbando e senza adottare alcuna misura per tutelare i SUOI dipendenti. Nello specifico, è da sottolineare che il generale è stato autore di dure azioni vessatorie nei confronti di alcuni vigili rei, a quanto pare, di: a) essere stati dichiarati “non idonei” da parte di commissioni mediche legalmente riconosciute; b) essere stati ammessi ai benefici della L. 104/92; c) aver ricevuto il vestiario (divise ed accessori) non conforme alle taglie, di qualità scadente o, peggio ancora, non averlo ricevuto affatto; d) aver partecipato ad assemblee regolarmente indette dai sindacati, nel pieno rispetto di quanto sancito nel contratto di categoria. In sostanza, a parte le divise, il funzionario disconosce i diritti legalmente riconosciuti ai lavoratori, preferendo, però, le vie giudiziarie a quelle disciplinari. Praticamente, anziché “lavare i panni sporchi in famiglia”, ha preferito assegnare tutta la querelle alla Magistratura locale, la quale, ovviamente, dovendo avviare un’inchiesta su un corpo di polizia locale, in particolare quella di Napoli, ha ricevuto un vero e proprio invito a nozze, visti anche i quotidiani attacchi da parte della stampa locale che, tra l’altro, tempo fa pubblicò un articolo nel quale lo stesso alto ufficiale li chiama “pregiudicati”, dandosi, di fatto, la cosiddetta “zappa sui piedi”, considerando che, in passato, grazie alla L. 285, è stato autorizzata (e poi, fortunatamente, “sanata”) l’assunzione diretta di persone che, nel 50% dei casi, avevano precedenti penali e, pertanto in palese conflitto con l’attività dell’agente di Polizia Municipale; è da sottolineare, tra l’altro, che quest’assunzione arrivò come uno schiaffo in pieno viso a quei dipendenti che sostennero un regolare concorso sul finire degli anni ’70 e che si videro scavalcare da persone che si ritrovarono regalato un “posto” in piena regola, rimettendoci l’anzianità e … la faccia; oltretutto l’amministrazione comunale (sempre con la complicità degli stessi politicanti) li ha addirittura ammessi ad una selezione concorsuale per il conseguimento del grado di tenente! E nonostante tutti i divieti imposti dallo stato centrale, unitamente alle sentenze emesse da alcuni Tribunali Amministrativi Regionali sull’illegalità del provvedimento, ci si ritrova con il risultato, poco edificante, di vedere, nei panni di un ufficiale, magari a contatto con parigrado dell’Arma o della Polizia di Stato, persone che hanno conseguito la 3^ media, escludendo, dalla selezione concorsuale, l’ultima assunzione del 2000 che, al contrario, vede, nel proprio organico (così come richiesto nel bando di concorso del 1998), solo gente diplomata, senza contare, tra loro, una buona aliquota di laureati. In questi ultimi giorni, pertanto, sono fioccati avvisi di garanzia a quei dipendenti dichiarati non idonei, ai beneficiari della L. 104/92, e agli aderenti alle iniziative sindacali. Come se non bastasse, 14 dipendenti hanno avuto la sgradita sorpresa di vedersi sequestrare, da parte degli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, le loro divise di ordinanza! Per finire, quei “pochi rimasti” che fanno, quotidianamente, onestamente e dignitosamente, il proprio dovere, si son ritrovati anche loro la sorpresa poco edificante di non vedersi riconosciuti in busta paga, dal mese di agosto 2006, i propri onorari che hanno maturato lavorando di straordinario nei giorni festivi, sacrificando loro stessi e le loro famiglie per avere qualche soddisfazione in più a fine mese; onorari che, tra l’altro, già sono maturati dagli stessi dipendenti! Sì, perché, come si evince dall’art. 208 del Codice della Strada, una parte dei proventi derivanti dalle multe elevate dagli appartenenti dei vari corpi di polizia municipale, deve, per Legge, essere elargita agli stessi comandi per un proprio auto-sostentamento. In pratica, il Codice della Strada prevede che, una parte dei soldi incassati deve andare ai vari comandi per l’acquisto di divise, automezzi, radio, modulistica e quant’altro occorra per poter mandare avanti il servizio. Invece, data la sua cronica carenza di fondi (per i dipendenti salariati, mentre ai funzionari va molto meglio di un alto ufficiale militare), il Comune di Napoli, in passato già dichiarato in “dissesto finanziario”, ha pensato bene di destinare i fondi del capitolato dell’art. 208 del C.d.S. per il pagamento degli straordinari effettuati dai dipendenti. Risultato? I vigili sono costretti quotidianamente a lavorare in strutture arrangiate, con automezzi non idonei al servizio e (in alcuni casi) prossimi alla fatiscenza, con divise logorate o di taglia spesso totalmente differente alla propria, senza carta per le fotocopiatrici e i fax e dovendo, in alcuni casi, provvedere a proprie spese per quanto occorra al regolare espletamento del servizio. E’ il caso di alcuni appartenenti al reparto motociclistico che si sono autotassati per acquistare giubbotti idonei alla particolare tipologia di servizio (con apposite protezioni per schiena, spalle e gomiti), e, talora, anche di caschi e stivali, senza contare chi provvede personalmente alla messa a punto delle moto e delle auto. Nell’ultimo anno la situazione è peggiorata ulteriormente, tanto da costringere l’amministrazione ad appellarsi al senso di solidarietà e del dovere, da parte dei vigili, per il buon andamento del servizio; tradotto, senza mezzi termini: “lavorate per la gloria”. Ma adesso si è deciso di mettere la parola fine a questo malessere generale che, puntualmente, si riversa sulla cittadinanza, che si trova al cospetto con agenti che, seppur preparati alla mansione cui vengono chiamati a svolgere quotidianamente, non hanno più motivazioni per un “improvement” qualitativo della loro posizione lavorativa E il comandante, ovvero colui che dovrebbe essere il “papà” dei vigili, cosa fa? Cerca di migliorare questa situazione o, almeno, cerca di mettere delle “pezze a colori”? NO! Non solo non si preoccupa minimamente di proporre nuove assunzioni per colmare il buco di personale, ma, dopo aver sperperato soldi per l’acquisto di Fiat Scudo per l’infortunistica corredati da computer portatili (in teoria, e solo in teoria, collegati in rete con il comando centrale), rimanda indietro ulteriori fondi inviati dallo Stato centrale, fa avviare inchieste giudiziarie sui suoi dipendenti, propone azioni vessatorie parallele verso gli stessi, minacciando denunce e controllando ogni loro minima mancanza, dal capello fuori posto alla pausa caffè (sancita dalla L. 626), pronto a colpire duramente e spietatamente. Ieri, nonostante il comandante abbia intimorito gli agenti su sicure azioni verso chi usufruiva di un minuto in più, si è tenuta in mattinata, e ne nel pomeriggio, un’assemblea sindacale presso la sede comunale in Palazzo San Giacomo, presenti quasi tutte le sigle sindacali di categoria (ad eccezione del S.U.L.P.M.), clamorosamente unite per il bene comune, dove è stato chiesto il riconoscimento di tutti gli onorari, l’avvio della riforma del corpo e la tutela dei vigili urbani da parte di chi è chiamato a sovrintenderli; in verità, però, c’è stata un piccolo ma insistente gruppo che voleva le dimissioni del comandante che, pur essendo una persona di indubbia onestà, non l’ha dimostrato fino in fondo rifiutando un incarico, a loro dire, del quale non avrebbe la preparazione sufficiente per espletarlo.I sindacati e i lavoratori adesso hanno lanciato il sasso nello stagno; staremo a vedere gli sviluppi successivi, a cominciare, nell’immediato, dalla mancanza del personale, in questi giorni che aprono il “Maggio dei Monumenti”, nei punti cardine della viabilità cittadina. Vedremo come finirà questo braccio di ferro, ma c’è, dalla parte dei caschi bianchi, stavolta, tutta l’intenzione di non arrendersi, combattendo fianco a fianco con i sindacati per il riconoscimento della dignità di cui, questo corpo si è visto togliere sia dall’amministrazione comunale, sia dalla magistratura, sia dai mass-media, sia dall’opinione pubblica in generale, da sempre nemica giurata dei “vigili urbani”.   Firmato: C.E.