di Umberto FranzeseA che... a chi serve l'Ordine dei Giornalisti?
Non ci sarò. Non voglio esserci. Preferisco essere ad una. riunione di condominio o in viaggio di piacere, che a una tornata elettorale tipo quella del 20 maggio 2007. In quarantasette anni di appartenenza ho partecipato a più e più competizioni e ne ho fin sopra i capelli. Appartengo ad altri tempi. Ai tempi di Gino Giarrusso, costruttore, “ordinatore” dell’Ordine Interregionale della Campania e della Calabria al suo nascere. Con lui era tutta un’altra musica. Con lui passavano i più meritevoli, chi aveva validi requisiti. Erano i tempi lustri di Enzo Siniscalchi, di Adriano Falvo, di Mario Stefanile, di Bruno Stocchetti. Tempi passati invano. Avevamo delle speranze: sono state tutte disattese. Tracciavamo progetti: sono andati vanificatì . Speranze e progetti per una categoria che non è andata mai oltre un vacuo contingente. Almeno per i più. Oggi, si ha un bel farneticare di “pari opportunità”, di “largo ai giovani”. Quel che avanza è il “vecchio e stantio” che mai nessuno, animato dai più nobili propositi, potrà mai smantellare. E’ un “carrozzone” per servire i propri fini, costituito da una pletora di mediocri di tutte le risme e incapacità, E guai a farsi trovare nel territorio di loro esclusività, sì rischia il linciaggio. Protervia, arroganza, prepotenza, bassezza, sono i loro caratteri distintivi. Chi fa per loro è bene accolto, ma di ricavare qualche vantaggio non speri. I vantaggi, i benefici sono tutti per loro. Da decenni sempre le stesse modeste figure. Da decenni gli stessi malanni, gli stessi vizi., le stesse macchinazioni, le stesse intolleranze, lo stesso scontento, le stesse inadeguatezze, le stesse spartizioni. Per questi ed altri motivi. nel mentre consegnamo il nostro moto di stima nei riguardi di colleghi pur bravi e attenti che danno lustro e riguardo alla categoria. prendiamo le distanze da coloro che esprimono indici di professionalità molto ma molto scadenti. Abbiamo afferrato in pieno perchè su 6.608 iscritti, abbiano votato soltanto 1.025 pubblicisti e perché taluni ferratissirni e puntuti giornalisti si tengono lontano dalle competizioni elettorali preferendo un bel fine settimana al mare o ai monti. Le campagne elettorali sono diventate dispute accesissime. Si è passati dagli sbaciucchiamenti degli anni settanta, alle intemperanze, agli insulti degli anni 2000. Immobilismo, sudditanza, divisione, sono il frutto di un’ideologia che attanaglia chi si abbarbica su posizioni di potere assoluto e inestinguibile. Non posizioni di avanzamento ma di arretramento, tali da impedire alle nuove giovani leve una giusta collocazione professionale. Non c’è alcun interesse dì pratiche per la successione, il primo e unico passo è realizzare i programmi propri e dei propri famigli. Ci si chiede: ma l’Ordine dei Giornalisti serve? Se serve non per regolare, governare, assettare, ma per tenere in piedi un carrozzone per fini spartitori, clientelari, meglio abolirlo, Il fine spartitorio, però, è inutile nascondercelo, esiste in qualsiasi centro di potere: quello della carta stampata, dell’editoria, dello spettacolo, della televisione. Non è un “caso dell’anno”, sono i “casi di anni”. Questi e quelli sono centri di potere contraffatti, fallaci, untuosi, che si manifestano con promesse ìllusorie: “forse sì”, “vedremo”, “si potrebbe fare”, “poi vediamo”. E non si fa niente per migliorarsi e migliorare. Si potrebbe fare una grande mappa di macro e di micro poteri. Ma non volendo infierire, partendo da lontano. si possono citare esempi di tempi andati degni di nota. Per restare alla RAI in cui muovemmo incerti piccoli passi, ricordiamo compianti signori della comunicazione, come Zeffiri, Mastrostefano, Fayad, Guarino. Compagnone. Quelli si. che forgiatisi nell’officina della parola e dello carta stampata, e non costituendo alcun gruppo di potere, era utile, proficuo, leggerli, ascoltarli, seguirli, cercando alla larga di imitarli.