La voce di Megaride

Acque chete


di Clara Negri
I Campi Flegrei sono ricchi di laghi e laghetti che hanno costellato il lungo viaggio degli eroi dell’antica Grecia. Il lago più famoso è senza dubbio l’Averno, circondato un tempo da una fittissima foresta, le cui acque esalavano vapori di zolfo tanto densi da soffocare i volatili che si soffermavano sulle sue rive. I greci battezzarono questo luogo col nome di Aornon, che vuole appunto dire: senza uccelli. Sulle rive del lago vi era un antro da cui si diceva che le anime morte discendevano nel regno delle tenebre per non risalire mai più in superficie. Da questo ingresso soltanto tre eroi poterono entrare ed uscirne vivi: Ulisse, dietro consiglio della maga Circe, per evocare lo spirito di Tiresia e conoscere il suo futuro. Enea, dietro consiglio della Sibilla Cumana per evocare il padre morto, e Annibale, allorché implorò Plutone di distruggere Roma. Enea, per scendere negli Inferi, dovette prima adempiere alcune condizioni impostegli dalla Sibilla, fra cui la sepoltura del trombettiere Miseno e l’offerta del ramoscello d’oro a Proserpina, moglie di Plutone. La discesa nell’Ade fu accompagnata dai laceranti latrati delle cagne di Ecate, la luna infernale, e dalla visione di spaventevoli mostri che rappresentano i mali dell’umanità: la fame, la morte, la paura, la miseria, la guerra…Nel viaggio egli incontrò Didone, l’amata che si suicidò per il suo abbandono, e tanti eroi troiani prematuramente scomparsi. Dopo un lungo cammino vide finalmente venirgli incontro il padre Anchise, che per ben tre volte si schernì al suo tentativo di abbracciarlo, e che poi gli svelò la grande missione che aveva da compiere e il futuro dei grandi re di Roma che un giorno avrebbero governato il mondo intero.  Il lago Lucrino fu considerato la Palude Stige da cui nasceva il fiume omonimo. In quelle acque Teti immerse il figlio Achille per donargli l’immortalità, tenendolo però per il tallone, unico punto  del corpo che rimase vulnerabile e che fu poi colpito dalla mortale freccia nemica. Dallo Stige nasceva il fiume omonimo che si avvolgeva per ben nove volte attorno all’Ade onde impedire alle anime dei defunti ogni possibilità di risalire nel mondo dei vivi. Il Fusaro, separato da Lucrino da una stretta lingua di terra, aveva la foce da cui scaturiva l’Acheronte, “il fiume del lamento”, e il Cocito, il fiume “compianto”. Su questo fiume il vecchio Caronte, dietro compenso d’un obolo fisso, traghettava le anime dei defunti, se però avevano avuta degna sepoltura. Il suo aspetto era demoniaco, “spaventoso e sozzo/ a cui lunga dal mento, e incolta, e irta/ pende canuta la barba: Ha gli occhi accesi/come di bragia. Ha un groppo al collo/appeso a un lordo ammanto e con un palo/ ch’egli fa da remo, e con la vela regge/ l’affumicato legno, onde tragitta/ sull’altra riva ognor la gente morta” Il Marmorto, che si trova subito dopo Miliscola, secondo gli antichi, nel mondo sotterraneo attraversava i Campi Elisi , luogo dove soggiornavano i giusti, “le fortunate genti/ parte in su  prati e parte in su l’arena/scorrendo, motteggiando  vari giuochi /di piacevole contesa esercitando” Eneide libro VII. E le sue acque, non appena venivano bevute dalle anime prossime a reincarnarsi, avevano il misterioso potere di far dimenticare il passato. “L’anime, a cui dovute/sono altri corpi, a questo fiume accolte/ bèon dimenticanze e lunghi oblii/ de l’altra vita…” Lo stesso Capo Miseno, vicino al Mar Morto, aveva una fama sinistra ed era considerato estremamente pericoloso sia per la sua vicinanza al fiume infernale e sia per le grotte profonde e misteriose dove i Tritoni uccisero il figlio di Eolo, chiamato appunto Miseno, compagno di Ettore e trombettiere di Enea. Lì Enea, dietro consiglio della Sibilla Cumana, fece cremare le spoglie del povero giovane e, posatele in un’urna, le depose in un mausoleo appositamente costruito sulla roccia, che da quel giorno prese definitivamente il nome di Miseno.