La voce di Megaride

Uber die neapolitanische Sprache


di Umberto Franzese
“Dalle imitazioni delle vesti si passò a quella del costume e delle maniere, indi all’imitazione delle lingue: si apprendeva il francese e l’inglese, mentre era più vergognoso il non sapere l’italiano. L’imitazione delle lingue portò seco finalmente quella delle opinioni. La mania per le nazioni estere prima avvilisce, indi immiserisce, finalmente ruina una nazione, spegnendo in lei ogni amore per le cose sue”. Così il Cuoco in Saggio storico della rivoluzione di Napoli. Che l’imitazione dei costumi abbia portato anche al decadere, all’immiserirsi della lingua, è fuori dubbio. L’italiano regge a stento. E’ una lingua “arrepezzata”,  rattoppata, lacera, fatta a pezzi, sciapita. Così “il giorno della famiglia” diventa family day; “interrogazione” diventa question time; “intimità”, “privatezza”, privacy; “aumento”, escalation; “RAI educativa”, RAI educational; “centro o punto di chiamata”, call center. Un’invasione di forestierismi. Un’intrusione di termini o modi dire di cui non riusciamo spesso a capire o addirittura a tradurre nel corrispettivo italiano. E come sia raffazzonato il linguaggio comune, basta l’esempio deleterio dei cosiddetti “messaggini” che scorrono in sottobanda nel corso di trasmissioni televisive. Uno scempio! Molti si vergognano di esprimersi in dialetto e non di usare termini stranieri o di maltrattare la propria lingua. E’ per questo che tessiamo l’elogio del napoletano. Non “lingua di comicità, di sguaiatezza e di versiciattoli per canzonette”. Non “basso napoletano, dialetto da riso e da oscenità, di lazzari e di facchini”. Invece lingua di nobili origini greco-latine. Ultimo baluardo di classi culturalmente e socialmente evolute che conservano il vezzo di mescolare parole dialettali in purissimi discorsi in lingua. Conservando, proteggendo il napoletano, ovvero la lingua dei padri, intendiamo salvaguardare la nostra identità, preservare, rivalutare il nostro patrimonio culturale. Parafrasando in parte Libero Bovio, ci va di affermare con lui: Il Napoletano è eterno: Gesù parlava in dialetto; San Gennaro predicava in dialetto; Dante scriveva in dialetto; noi torniamo a esprimerci in puro dialetto. E torniamo a riaffermare il nostro credo, la nostra fede. Questa volta riproponendo, in un dibattito a più voci al Goethe Institut, martedì 12 giugno, “Uber die neapolitanische Sprache”. Il perché di questa scelta a cui partecipano studiosi, specialisti, ricercatori come: Gennaro Borrelli, Silvana Capuano, Renato De Falco, Ettore Forestiere, Franco Lista, Maurizio Ponticello, Runa Toennies, Roberto Vigliotti, è presto detto. Negli studi sui dialetti meridionali e in particolare su quello napoletano, spiccano i nomi di Gerard Rohlfs, Leo Spitzer, Adolf Gaspary, Nacht, Subak, Wagner. Rohlfs, glottologo e filologo, pubblicò, tra l’altro, un “Dizionario dialettale delle tre Calabrie”; Adolf Gaspary uno studio sui dialetti napoletani (Das Studium des neapolitanischen Dialektes); Nacht “Das neapolitanische dialekt Theoretish und pratisch erlautert;  Subak Die, Koniugation im neapolitanischen“. Saltando ai giorni nostri non scema l’interesse per il napoletano da parte di studiosi tedeschi. Un progetto per un “Atlante linguistico della Campania” guidato dal prof. Radtke del Romanisches Seminar dell ‘Università di Heidelberg, indaga la molteplicità delle varietà del napoletano con una ricerca sul campo condotta dalla dottoressa Ada Plazzo nella Scuola Media Giovanni Pascoli di Napoli diretta dalla prof. Teresa Incarnato. Molto approfonditi sono da parte di ricercatori tedeschi gli studi che riguardano la tradizione presepistica napoletana della quale si è occupato il prof. Borrelli,  le cui opere sono state tradotte anche in Germania. Runa Toennies, docente di lingua   tedesca presso il Goethe Institut di Napoli, innamoratissima delle melodie napoletane, appaga questa sua intensa passione nei Cantori di Posillipo. Questi sono  motivi più che sufficienti per aver voluto il Cons. Luigi Rispoli scegliere, con i suoi attenti collaboratori, il Goethe Instut come sede ideale per riproporre ai napoletani amanti di sogni inimmaginabili, il nostro inimitabile patrimonio linguistico.