La voce di Megaride

Processo ai "Basilischi"


da cestrim@tiscali.itCE.ST.RI.M. Centro Studi e Ricerche sulle Realtà Meridionali - POTENZA"La più grande punizione che i cattivi possano ricevere è quella di sentirsi controllati dagli onesti" (Stuart Mill) 
Carissimi,       Vi comunichiamo che Lunedì 18 Giugno p.v. alle ore 10.30, presso l'aula "Mario Pagano", al secondo piano del Palazzo di Giustizia di Potenza, ci sarà l'ultima udienza del processo "Basilischi". LA NOSTRA PRESENZA A QUEST'ULTIMA UDIENZA, IN ATTESA DELLA SENTENZA, E' FONDAMENTALE, QUINDI VI PREGHIAMO DI FARE IL POSSIBILE PER ESSERE PRESENTI. CON LA PREGHIERA DI DIFFONDERE IL PIU' POSSIBILE L'INVITO.Segreteria Libera Basilicatarepertorio: una memoria di don Marcello CozziQualcuno non ha gradito la presenza di gente comune in un’aula del Tribunale di Potenza durante le udienze del processo “Basilischi”. Qualcuno si è arrabbiato per quel nostro essere lì, in silenzio a seguire passo dopo passo, parola per parola la requisitoria del Pubblico Ministero. Qualcuno è arrivato persino a dire che la presenza di quella gente qualunque delegittimava il ruolo della Corte arrogandosi finanche il diritto di sostituirsi in qualche modo agli stessi Giudici. Si sono usate parole forti, in quella circostanza, fino a dire che si stava trasformando quel processo in una sorta di processo politico. Ci si dimentica però, che lì in quell’aula e nelle altre aule dei Tribunali d’Italia, alle spalle della Corte troneggia una frase: “la giustizia è amministrata nel nome del popolo”, che per quanto ci riguarda non richiama assolutamente a logiche ghigliottinesche di roberspierriana memoria, che per nulla condividiamo, ma al fatto che quella Corte agisce per nome e per conto di un popolo che in quelle aule viene tutelato nei propri diritti e nella propria dignità ogniqualvolta bisogna esprimersi in merito a fatti e a situazioni che offendendo una sola persona o un territorio hanno di fatto offeso e colpito un’intera comunità. E la comunità, che è fatta di gente qualunque, ha il diritto di sapere, di capire, di rendersi conto di persona di ciò che accade o è accaduto nella propria terra. Ma anche il dovere di evitare che quelle aule così importanti per il ripristino della legalità e per l’affermazione della giustizia siano deserte quando si parla di storie importanti come quelle della criminalità organizzata.  Ecco il perché di quella presenza. Perché abbiamo bisogno di capire se un giuramento ritrovato anni fa su un foglietto sia da intendere come la semplice trascrizione di una formula di affiliazione piacevole da ricordare perché fa cultura o come il chiaro intento di aggregarsi intorno ad un progetto criminale ben definito.Perché abbiamo bisogno di capire se il progetto nascosto di guerre tra clan sia l’ennesima cantonata di questa distratta e superficiale magistratura o la spietata pianificazione di come controllare questa terra ancora di più, e ancora con più arroganza. Perché abbiamo bisogno di capire se si tratta o meno di mafia, e se così fosse, il dovere di guardarla in faccia. Perché è venuto il momento che la “buonavita organizzata” non arretri più neanche di un centimetro dinanzi a niente e a nessuno e riprenda possesso del territorio, vivendo come spazi propri, e non di altri, anche gli spazi di un Tribunale. Forse qualcuno non ha gradito proprio questo: il nostro esserci fisicamente, e che la richiesta di una verità non è una cosa astratta ma è fatta di nomi e volti concreti che non hanno paura di nessuno.