La voce di Megaride

Napoletanità


di Mario Carillo
Parlare di lingua o dialetto napoletano in una sede come il Goethe, l’Istituto di cultura tedesca della Riviera di Chiaja, lasciava perplessi politici e cultori del nostro idioma intervenuti numerosi alla tavola rotonda: Dibattito a più voci.  Ragionamenti, dispute, curiosità, sopra il parlare e scrivere in dialetto napoletano, organizzata dall’Associazione Italiana Giovani Europa (Aige) e dal periodico Questanapoli. All’interessante incontro, introdotti dal giornalista Umberto Franzese, hanno preso parte l’avv. Renato de Falco napoletanista; Gennaro Borrelli storico dell’arte; l’arch. Franco Lista, ispettore ministero Pubblica Istruzione, Università e Ricerca; Runa Tonnies, docente di lingua tedesca; Roberto Vigliotti, dialettologo; Adriana Dragoni, storico dell’arte; Silvana Capuano scrittrice;  Enzo Rivellino e Antonio Scala, membri della commissione cultura della Regione e  Maurizio Ponticello scrittore. L’avvocato De Falco, autore di molte pubblicazioni e amabile conversatore, riferendosi alla proposta di legge, presentata dal consigliere Luigi Rispoli, approvata all’unanimità dal consiglio Provinciale e ora all’esame della Regione Campania, ha affermato “La tutela, la difesa e la rivalutazione di quell’autentico patrimonio storico e culturale del nostro dialetto, archivio vivente delle radici e del patrio costume della quasi trimillenaria civiltà di quella Napoli di cui resta il più sacrale emblema, è un principio irrinunciabile”. Gennaro Borrelli, a sua volta è risalito alle nobili origini della parlata napoletana. Interessanti le relazioni delle docenti, Adriana Dragoni e le scoperte, arrivando a Napoli da Dusseldorf della professoressa Runa Tonnies, componente il coro dei Cantori di Posillipo, la quale ha detto che nell’Università di Heidelberg esiste un corso di dialetto partenopeo. Gli scrittori non sono stati da meno, citando Basile, Viviani, Capurro, Bovio, De Filippo, Troisi. Il disegno di legge al centro della discussione, prevede in tredici articoli:  “La Regione al fine di salvaguardare ed incrementare il patrimonio storico e culturale del proprio territorio, tutela, valorizza e promuove la lingua napoletana sia nella sua espressione orale sia nelle forme letterarie e di ogni altro tipo di espressione artistica”. Istituisce un’Accademia, punto di riferimento per la conservazione di elaborati, ricerca storica e linguistici, percorsi formativi, preparazione di una grammatica e un vocabolario, archivi sonori e videocinematografici”. “La lingua napoletana – ha dichiarato Rispoli – è una grande opportunità ed un grande patrimonio culturale che va salvaguardato, di là delle appartenenze politiche. Nella Regione Lazio sono stati più tempestivi di noi, approvando all’unanimità una legge per la tutela e la valorizzazione dei dialetti laziali con particolare riferimento al romanesco”.  Altre Regioni, come quella siciliana, piemontese hanno richiesto “Lo studio della lingua, della letteratura e della civiltà nelle scuole regionali di ogni ordine e grado; introduzione del bilinguismo nella legislazione, nel linguaggio della pubblica amministrazione e nelle insegne rivolte al pubblico; istituzione di un servizio radiotelevisivo regionale che dedichi un numero minimo di ore di programmazione”. L’enclave di Greci, in provincia di Avellino e in molti paesi del Molise e della Calabria, dove popolazioni arbereshe, croati e albanesi, perseguitati dai turchi si rifugiarono, conservano lingua, costumi e tradizioni.  Gli onorevoli Rivellino, Taglialatela e Scala di opposti schieramenti politici, si sono impegnati a sollecitare alla Giunta Regionale l’approvazione della legge. Un’indagine Istat, “I cittadini e il tempo libero”, rivela che si parla sempre più l’italiano, dovuto anche al livello scolastico; in famiglia, con amici e tra le nuove generazioni, però prevale il dialetto.