La voce di Megaride

Law and Order


di Giuseppe Lipera
Law and Order: Questo è il problema! Come spesso accade nel mondo, ma in Italia in particolare, improvvisamente si scatenano, con un susseguirsi tragico e nello stesso tempo paradossalmente armonioso, episodi che sembrano frutto di un evento siderale; il mese di agosto poi pare sia stato creato apposta per la celebrazione delle tragedie. Di turno questa volta non sono i suicidi nelle italiche caserme dei giovani militari di leva e non solo le sempre attuali ecatombe delle strade extraurbane. In primo piano quest’anno viene acclamato il fenomeno, già non più silente invero durante tutto l’anno, della mala giustizia. L’omicidio di Sanremo, il piromane di Latina (arrestato, scarcerato e poi nuovamente arrestato), il Tribunale “della Libertà” di Torino che scarcera quel maledetto pirata di Pinerolo, guardate un pò cosa c’è voluto perché la faccenda esplodesse e conquistasse le prime pagine di alcuni giornali (non tutti ovviamente e purtroppo).Fra i tanti commenti apparsi, il più autentico e fortemente sintetico, e che non rispecchia solo la comprensibilissima emotività del momento, mi è sembrato quello di Mario Cervi, il quale lapidariamente ha così condensato un’opinione diffusa nella nostra e sulla nostra povera Italia: “Che brutta situazione quella di un Paese che non si fida né di chi fa le leggi né di chi le interpreta e applica” (Mario Cervi, in Il Giornale 12/8/2007, “Il Buon Senso Dimenticato” con occhiello “Nelle Aule Dei Tribunali”). Sfido chiunque a sostenere che sia sbagliato quanto sostenuto da quell’editorialista. Solo che non basta indignarsi, bisogna ragionare e porsi il problema di come risolvere una certa situazione, che sì in questi giorni appare sotto gli occhi di tutti, ma che per chi vive quotidianamente nel mondo giudiziario ben conosce da sempre. A conforto di questa mia tesi trovo riscontro sempre nella lettura domenicale dei quotidiani. Un’altra grande penna, fine studioso del diritto, docente cattedratico autorevolissimo nonché serio Avvocato, interviene con assoluta fermezza e convinzione; in prima pagina su “La Stampa” (sempre domenica 12 agosto) vi è il richiamo e poi a pagina 35 l’intero articolo ed il titolo è perfettamente azzeccato “Un Disagio Crescente”, a firma dell’illustre Carlo Federico Grosso.  Ho pensato subito: neppure il professore Carlo Grosso, che è stato tra l’altro vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, si è potuto trattenere, tant’è che le sue argomentazioni sono avvincenti: “Le ragioni del garantismo sono … sacrosante e devono essere a loro volta rispettate con rigore. Ma quando si ripetono fatti che sconcertano e danno l’impressione di una giustizia colabrodo, probabilmente è il momento di riflettere e se possibile di reagire”. Si avverte che il professore Grosso alza il tono ed il volume perché così incalza: “se il costume giudiziario è diventato lassista per indolenza o ignoranza di qualcuno, si pensi a come rimediare intervenendo sul terreno della formazione o disciplina dei magistrati”. Alla fine si sente Grosso gridare: “si faccia comunque qualcosa”, per concludere, con profonda amarezza, che spero non sia profetica “sarebbe grave se, a un certo punto, passando di sfacelo in sfacelo, le disfunzioni della giustizia non facessero addirittura più notizia”. Vittorio Feltri, sulla prima pagina di “Libero” (sempre lo stesso 12 agosto), come al solito è diretto e sferzante: “ anche un deficiente capisce che non si può andare avanti in questa maniera. O si cambiano le leggi, se sono sbagliate, o si cambia chi non le sa applicare.” Francesco Saverio Borrelli, intervistato da Oriana Liso (vedi “La Repubblica” pag. 3, 12 agosto 2007), se ne esce dicendo: “…e poi dovremmo anche accettare l’idea che purtroppo ci sono professioni ad alto rischio di errore, come il medico o appunto il magistrato”. E poi il solito ritornello: “io so che un magistrato è tenuto ad applicare le leggi”. Temo che passato agosto, finita questa ennesima caliente estate italiana, dopo la afosa calura, la mala giustizia tornerà ad inabissarsi, il popolo si immergerà nelle fatiche quotidiane e sarà distratto, totalmente distratto, dalle partite di calcio, dai pettegolezzi dei vip (politici e di spettacolo), dagli oblii dei salotti televisivi della seconda serata con i neo professionisti dell’opinione pret a porter pronti a pontificare su tutto, dai finti scoop dei mega arresti, e il tutto tornerà nel dimenticatoio più totale. E io, e tanti come me, come noi, non siamo d’accordo: non basta ogni tanto turbarsi e ripetere, come una semplice litania, mala tempora currunt. Diciamolo chiaramente: non voteremo più per quei partiti (vista la legge elettorale in atto non si può dire per quei politici) che come primo punto all’ordine del giorno non porranno il problema di come affrontare l’emergenza italica, che sintetizzerei con due parole inglesi, tanto ormai ci stiamo abituando anche a questo: Law and Order. Questo è il problema da affrontare e risolvere. Cambiare sistema di assunzione dei magistrati, di nomina dei vertici delle forze di polizia locale e nazionale, e prima fra tutto ovviamente sistema di reclutamento del personale politico (ridicolo: anni fa, eletto Consigliere Comunale, già avvocato e ovviamente già laureato, non potei immettermi nelle funzioni se non dopo aver fatto la prova di “alfabetizzazione”; questo tanto per dare un esempio di come vanno certe cose). Ora, per non allargarci troppo e per rimanere nel tema della Giustizia, il dato è uno solo e semplice: la Giustizia si amministra applicando le Leggi è chiaro, ma non basta. Occorre buon senso e intelligenza. Il Giudice deve essere autonomo sì, indipendente certamente, ma dotato, anzi super dotato di buon senso e intelligenza, deve avere nel suo dna saggezza e sensatezza. Non mi pare che la nuova riforma di Mastella abbia inciso su questo aspetto importante. E poi, per concludere, vorrei dire un’ultima cosa, prendendo in prestito le parole da Albert Camus (1957, premio Nobel per la letteratura) il quale, pur riconoscendo che i giudici occorrono, così scrisse: non riuscivo a capire come un uomo si proponesse da sé per esercitare questo compito strabiliante (Albert Camus, La caduta, citato da Daniela Bifulco in “Del Giudicare” di Antoine Garapon, pag. XIII, Milano, 2007). Forse è questa la chiave del problema! Basta con queste castronerie della Legge, “il Giudice ha applicato la Legge”, “il Giudice è soggetto solo alla Legge”. Ma perché gli altri cittadini a chi siamo soggetti? Ah, certo dimenticavo i miseri sudditi siamo soggetti al potere
dei potenti quindi anche al potere dei Giudici (anche il Giudice che arrestò Enzo Tortora ha applicato la Legge, non c’è bisogno di andarglielo a chiedere; anche i Giudici che lo ha condannato in primo grado hanno applicato la Legge; così come quei Giudici della Corte di Appello di Napoli che poi lo hanno assolto. Solo che dopo un anno e mezzo, il 18 maggio del 1988, Enzo Tortora è morto). E’ sbagliato questo modo di ragionare. I "sacerdoti di Temi" non devono rappresentare nessun potere; innanzi tutto chiamiamolo, come già suggeriva più di venti anni fa l’allora Presidente del Consiglio Nazionale Forense Avv. Franzo Grande Stevens, servizio giustizia e non potere giudiziario. Secondo, stabiliamo che è essenziale sottoporre il magistrato ad un giudizio di idoneità psicofisica (come per gli ufficiali dei carabinieri o come i piloti degli aerei), costantemente e periodicamente. Terzo, fare il giudice deve essere inteso come un servizio di volontariato (questo a dire il vero dovrebbe valere anche e soprattutto per i politici) che però deve essere strapagato. Quarto, fermo restando che occorrono comprovata capacità giuridica ed esperienza maturata nel mondo del diritto, non è accettabile, come diceva Albert Camus, che “un uomo si proponesse da sé per esercitare questo compito strabiliante”; dovranno essere gli altri a dirlo: Tu hai le qualità morali ed intellettive per fare il Giudice!, e solo costoro, vere anime elette, potranno esercitare l’arte di rendere Giustizia al popolo. Si pensi al sistema di reclutamento dei Magistrati come avviene in Inghilterra e si rifletta; ma non si pensi troppo, perché – come si è soliti ricordare - mentre a Roma si discute Sagunto muore. “Riflettere e se possibile di reagire” ha detto il professore Carlo Federico Grosso, che significa unicamente che bisogna intervenire subito; non si può attendere oltre.P.S. ED INTANTO IL DOTT. BRUNO CONTRADA MUORE INNOCENTE NELLE PATRIE GALERE!Giuseppe Lipera - Avvocato www.studiolegalelipera.it