La voce di Megaride

I BASILISCHI. MAFIA E MAFIOSI


da Uff.Stampa "LIBERA"-Basilicata - Potenza
La Corte si è pronunciata. Ora lo possiamo dire anche noi senza timore di smentita, senza farci caso più di tanto se qualcuno si arrabbia: negli ultimi anni nel panorama criminale della Basilicata ha dominato un’associazione mafiosa, una famiglia che ha preteso di far piazza pulita dei clan storici per accreditarsi come una cosa sola, una cosca che ha estorto, ha trafficato droga, ha intimidito, ha spesso regolato con il sangue i propri conti, una mafia che ha cercato di sedersi con pari dignità al tavolo delle altre consorterie mafiose più importanti, quelle storiche, quelle che da tempo immemorabile tengono ormai sotto scacco il meridione d’Italia. La loro carriera, però, finisce qui. E non solo per una sorta di dilettantismo che non potrà mai permetterci di collocare sullo stesso piano Totò Riina e Giovanni Cosentino, Bernardo Provenzano e Saverio Riviezzi, non solo perché negli anni hanno dovuto fare i conti con clan storici certamente più “professionali” e maggiormente accrediti all’anagrafe criminale che conta e che in Basilicata ancora regnano, non solo perché tutto sommato in questa regione ancora non sono così pervasivi quella mafiosità dei comportamenti e quell’impianto socio-culturale fatto di clientele e favoritismi che altrove hanno fatto diventare Cosa Nostra la mafia con la emme maiuscola e la ‘Ndrangheta la mafia più potente oggi al mondo, non solo per tutto questo dunque, ma anche e soprattutto perché in questa nostra Basilicata ci sono magistrati e forze dell’ordine che hanno sempre saputo intervenire nel momento giusto e hanno sempre stroncato sul nascere ogni velleità criminale di chi, proprio come i Basilischi, ha pensato di far diventare questa regione come la Sicilia o come la Calabria. Ma non è stato facile perchè non poche volte questi magistrati e le stesse forze dell’ordine hanno dovuto lottare contro un altro nemico molto più pericoloso: la sottovalutazione, l’indifferenza, la minimizzazione e talvolta il silenzio assordante di certi pezzi di Istituzioni e di non poche frangie di una certa politica che forse troppo spesso non riesce a capire dov’è il confine tra un doveroso garantismo e una necessaria azione di denuncia, finendo così con l’essere troppo accomodante, troppo silenziosa. Sappiamo benissimo che i Basilischi non sono paragonabili alla Camorra e alla Sacra Corona Unita, ma hanno fatto di tutto per esserlo e comunque hanno saputo intrecciare legami e alleanze con quegli altri  mafiosi delle regioni confinanti. Sappiamo benissimo che oggi sono stati messi alla sbarra ma non ci illudiamo, perché chi vuole fare carriera in qualunque ambiente, non si ferma davanti a niente e a nessuno e perché in Basilicata ce ne sono ancora tanti altri di 416bis regolarmente in giro che continuano nei loro affari sporchi. Sappiamo benissimo che i Basilischi come i boss di Cosa nostra oggi in carcere, in definitiva rischiano di diventare solo lo specchietto per le allodole in uno scenario di mafiosità e di corruzioni che va molto al di là di questi delinquenti. Sappiamo bene tutto ciò. Sappiamo anche che noi non siamo nessuno e che spesso, troppo spesso anche fra di noi (la cosiddetta società civile) ci sono troppi compromessi, troppi silenzi, troppi accomodamenti. Oggi tuttavia, pur coscienti dei tanti nostri limiti e difetti, sentiamo forte il bisogno a nome della tanta gente bella e laboriosa della Basilicata, che è sicuramente la stragrande maggioranza, ma soprattutto a nome delle tante vittime dei soprusi e delle violenze mafiose, di chiedere conto non solo ai Basilischi per le lacrime che hanno fatto versare ma anche a quanti in questi anni con le proprie sottovalutazioni, con le proprie assurde difese d’ufficio (la Basilicata è un’isola felice) gli hanno dato il tempo di diventare quello che sono: mafia e mafiosi.