La voce di Megaride

Riflessioni legittime


CONTRADA/ REVISIONE, ANDREOTTI E CARNEVALE ASSOLTI CON PENTITI Roma, 17 gen. (Apcom) - I processi al senatore a vita Giulio Andreotti ed al giudice Corrado
Carnevale sono connessi a quello di Bruno Contrada, ma è "evidente" il "contrasto sui risultati conclusivi", e perciò "alla luce delle considerazioni in ordine alla validità del materiale fornito dai testimoni nei suddetti processi" il difensore dell'ex funzionario del Sisde, l'avvocato Giuseppe Lipera, ha presentato istanza di revisione e l'ha depositata alla Corte d'appello di Caltanissetta. Contrada è stato infatti condannato con sentenza definitiva a 10 anni per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso. "Com'è possibile che su tre imputati in altrettanti processi nei quali uniche fonti di accusa sono gli stessi testimoni - ci si chiede nell'atto- che raccontano di fatti fra loro concatenati, due siano assolti per la dimostrata inattendibilità degli autori di quei racconti, mentre il terzo è condannato sulla scorta di propalazioni fornite dagli stessi elementi già ritenuti privi di attendibilità, se non addirittura motivati da spirito vendicativo per rancori e risentimenti personali, perché non si può non ricordare che Contrada quegli stessi criminali, per l'occasione 'pentiti', li aveva osteggiati, braccati e fatti catturare nel corso della sua carriera di funzionario di polizia".Nel ricorso poi si sottolinea poi che è pendente un processo per calunnia a Contrada nei confronti dei pentiti Calogero Pulci e Giuseppe Giuca, un reato che, secondo i legali, "potrebbe essere esteso a chi sa quanti altri collaboratori di giustizia". Ma è sull'analisi del percorso che ha portata alla condanna che si sottolinea come "l'impianto accusatorio abbia poggiato esclusivamente sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, in altre parole di criminali reo confessi". E poi, alla luce di ciò, ci si chiede: "Ma quanto sincero e attendibile è il loro pentimento?". Infine si spiega: "Anche il giudizio sulle presunte attività del senatore Andreotti in favore di organizzazioni mafiose è dipeso in via esclusiva dall'ascolto degli stessi testimoni sentiti al processo Carnevale (e al processo Contrada) e, per le stesse ragioni di inaffidabilità e mancanza di riscontri sulla veridicità delle dichiarazioni, esso si risolve in favore dell'imputato che viene assolto 'perché il fatto non sussiste'". ************************************************************GIUSTIZIA: COSSIGA, IL CSM E' LA PIU' POTENTE LOBBY ITALIANA Roma, 18 GEN (Velino) - "Tutti nel Pd e in particolare negli ex-Ds si aspettavano che di
fronte all'arresto della moglie e del consuocero di Mastella e in realta' all'arresto di quasi un intero partito, Forza Italia e in particolare l'amico Silvio Berlusconi sferrassero un duro attacco contro i magistrati militanti; l'ordine di Silvio e' invece stato: 'Zitti e muti, non mettiamo in imbarazzo l'amico Walter Veltroni!'". Lo afferma il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. "Leggo oggi il testo della richiesta con la quale diciannove membri del braccio secolare della piu' potente lobby politica d'Italia, l'Associazione nazionale magistrati e cioe' il Consiglio superiore della magistratura, con una prepotenza e ignoranza che 'gareggiano e vincono entrambe', chiedono che venga convocato il braccio secolare per censurare le dichiarazioni che un senatore e ministro della Giustizia ha reso alla Camera dei deputati! Conosco gia' la storia e ricordo quando in un caso analogo ma meno grave la maggioranza del Csm voleva esprimere la sfiducia al presidente del Consiglio dei ministri. Io mandai i carabinieri minacciandoli di cacciarli fuori del Palazzo dei Marescialli e si c....o sotto! Oggi non lo posso fare e mi limitero' a scrivere domani o dopo una lettera al capo dello Stato. Per il momento, specie dopo aver visto che faccia ha il segretario della lobby, ormai al limite dell'organizzazione sovversiva e o dell'organizzazione di stampo mafioso, mi limito a dire: 'Andate a fa' in c...o!'".********************************************************di Mauro Mellini per www.giustiziagiusta.info - 18 gen 08 - Ho sotto gli occhi tre articoli
che scrissi per “Giustizia giusta” allora mensile stampato, sul caso Contrada, rispettivamente il 31 luglio 1995, il 30 aprile 1996 e un altro successivo in tre fasi cruciali di quella vicenda così arruffata ed, allo stesso tempo, lineare. Tre articoli ispirati a sostanziale scetticismo, a sdegno per le assurdità e le ingiustizie che si andavano consumando ed a volontà e necessità che su quel caso non si mollasse, nell’interesse di Contrada, certo, ma di molti, moltissimi altri la cui libertà era (ed è) ugualmente in giuoco in condizioni in qualche modo simili a quelle del ben noto “Superpoliziotto”. A leggere, a distanza di anni quel che scrivevamo allora, ricavandone che ben poco avremmo oggi da aggiungerci, è cosa che ci allarma più di quanto non possa soddisfarci. Non si tratta, infatti, di particolare acume divinatorio: il copione era chiaro. Bastava attenersi al copione per conoscere il presente e il futuro. In particolare ci ha colpito rileggerci in questo passo: “ A Contrada si fa carico di aver agito da Agente e Capo dei Servizi. I Servizi che si vollero impegnati nella lotta alla mafia e che non potevano agire come un’altra squadra di polizia giudiziaria della Procura, a costo di provocare le ire, i sospetti, le suscettibilità degli “intoccabili”. E questo è il nocciolo della vicenda. Contrada è stato individuato come un poliziotto capace di concepire e gestire un’azione autonoma anche di prevenzione e di contrasto generale di una situazione di alta criminalità. Un’azione che non può né identificarsi né esaurirsi in quella di polizia giudiziaria alle dipendenze della Magistratura. Ma la Magistratura rivendica a sé ben più che le attività tipiche di veri e propri procedimenti penali. Vuole avere campo libero di “cercare” le notizie di reato, senza aspettare che ad essa prevengano dalla polizia o altrimenti, come era giudiziosamente stabilito nel Codice del 1930.  Per i P.M. che intendano sfruttare a fondo la sciagurata riforma che dell’esercizio dell’azione penale ha fatto il codice di procedura del 1989, c’è posto, magari, per studi delle stesse Procure sull’incidenza di trattamenti cui vengano sottoposti i calciatori sugli indici di mortalità negli ultimi 50 anni. Non c’è posto per un’azione di prevenzione e contrasto generale della criminalità condotto autonomamente dalla Polizia e, magari, dai Servizi Segreti, che si vogliono tuttavia impegnati, ma in modo “trasparente” ed al guinzaglio dei Sostituti Procuratori nell’azione antimafia. Certo, quanto addebitato a Contrada lascia altamente perplessi per ben altro. Che lo abbiano accusato alcuni mafiosi che aveva fatto arrestare dieci o più anni prima per l’assassinio di un suo agente, assolti da tale reato proprio dal Presidente che poi li ha ritenuti “attendibili” quando, pentiti, sono diventati testi d’accusa contro Contrada, è cosa che fa pensare a ben altro che ad un conflitto di competenze e di sistemi di polizia e di indagini. Ma una Magistratura che combatte contro la mafia (e la droga, e il terrorismo e la pedofilia etc. etc.) anzitutto combattendo per estendere il proprio potere e per limitare quello di altri organismi dello Stato, è cosa da suscitare preoccupazioni e consentire di dubitare anche di ciò che dovrebbe essere indubitabile. Questo, ricordiamolo è il caso Contrada. Lo è stato quando si discuteva della sua colpevolezza (ed, intanto, della sua salute nella carcerazione preventiva). Lo è stato nella sentenza definitiva. Lo è nella gestione della revisione e della grazia. E sempre si tratta della vita o della morte di un uomo.