La voce di Megaride

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CONTI ITALIANI IN LIECHTENSTEINLOTTE INFINITE E SPOILS SYSTEM IN SALSA ITALIANAdi Giuseppe Fortuna
Tra Visco e la Guardia di finanza davvero non corre buon sangue. Sarà probabilmente questa la prima impressione del lettore di fronte alla polemica scoppiata per la questione dei conti italiani nelle banche del Liechtenstein. Soltanto pochi mesi fa il viceministro si era scontrato con gran fragore mediatico e politico con l'allora comandante generale Roberto Speciale. Oggi si lascia trascinare in un'altra polemica imbarazzante addirittura con l'intero organismo parasindacale delle Fiamme Gialle, il Cocer. Il che, considerato il prestigio di cui il Consiglio giustamente gode presso la base, è un po' come litigare con 65mila finanzieri tutti insieme. D'altra parte, lo si sapeva. L'uomo è tanto bravo e competente nella lotta all'evasione quanto ostinato, ruvido e irrimediabilmente antipatico nei rapporti umani. Veltroni lo sa. E lo sa anche, e molto bene, il generale Speciale. Che, come si capisce dall'intervista apparsa ieri su Il Gornale, già scalda i motori in attesa di guadagnare col Pdl uno scranno senatoriale. Queste le apparenze superficiali. Ma la realtà è tutta qui o c'è dell'altro? C'è altro. Molto altro. Questi episodi secondo noi sono segnali di uno dei problemi più delicati, urgenti e complicati che la prossima legislatura sarà chiamata ad affrontare:quello dell'ormai insostenibile divaricazione operativa tra Agenzia delle entrate e Guardia di finanza, cioè tra la componente civile e quella militare della medesima amministrazione finanziaria. Come abbiamo sottolineato più volte (si veda per tutte il documento "Contribuenti per scelta" nella homepage del sito www.ficiesse.it), i due organismi semplicemente SI IGNORANO, si comportano come se l'altro non esistesse, come se non operassero esattamente nel medesimo settore. Per accorgersene, è sufficiente leggere i rispettivi rapporti o relazioni annuali, cioè quei documenti in cui si dà pubblicamente conto (in modo fin troppo autocelebrativo) dei risultati portati a casa nell'anno precedente, di quanto si è stati bravi e di quanto in più si potrebbe fare se si potesse disporre di maggiori risorse. Ebbene, in questi solenni resoconti patinati nessuna delle due strutture fa un seppur minimo cenno all'altra. Tamquam non essent. Finanza? Boh!? Agenzie? De che!? Non ci credete? Fate una prova. Andate al sito internet dell'Agenzia delle entrate e scaricate il file della "Relazione di attività 2006". Digitate con l'apposita funzione (l'icona col binocolo nella barra degli strumenti) le parole "guardia di finanza" e aspettate un paio di secondi. Ecco i risultati, o meglio "il" risultato, perché la locuzione "guardia di finanza" occorre - incredibile a dirsi - a una sola volta, a pagina 16 del documento, e per una notazione assolutamente incidentale a proposito di una nuova applicazione informatica in materia di segnalazioni sospette. Provate poi a vedere se la GDF dedica maggiore attenzione ai "fratelli-coltelli" dell'Agenzia delle entrate. Ripetete l'operazione con il "Rapporto annuale Guardia di Finanza - Anno 2006". Cliccate il solito binocolino, scrivete nell'apposito campo la locuzione "agenzia delle entrate" e aspettate mezzo secondo. Risultati: zero! Capito bene: z-e-r-o. Anche la Guardia di finanza non parla mai di Agenzia delle entrate. Parole tabù. La domanda, allora, è questa: è normale che i vertici delle strutture deputate alla funzione prima ed essenziale per un paese civile, quella di garantire il finanziamento della società civile da parte dei cittadini sulla base della capacità contributiva di ciascuno, marcino così palesemente ognuna per conto proprio? E che per conto proprio facciano marciare anche le quasi 100mila unità di personale - più di ogni altro paese dell'Unione Europea - di cui complessivamente dispongono? No, non è normale. Nel frattempo, probabilmente ripartiranno le logiche dello spoils system in salsa italiana. Con resa dei conti e ulteriore avvicendamento tra i soliti ministri e i soliti direttori di agenzia. Con altri sassolini da cavarsi dalle scarpe e altri avvicendamenti prima della scadenza dei contratti.Tanto paga Pantalone. **************************************di Rino CammilleriFiscoI pensionati stanno ricevendo in questi giorni (febbraio 2008) una lettera dall’Inps: si rechino al Caf più vicino per dichiarazioni, verifiche etc. Tanto, i pensionati non hanno niente da fare. Anche quelli che sono vecchissimi, malatissimi e solissimi. E’ nel dna degli statalisti (tutta la sinistra, ma anche quella ex democristiana e gli ex missini) “lottare” contro l’evasione fiscale, che per loro è il peggiore crimine che mente umana possa concepire. Questo refrain della «lotta all’evasione» lo si sente da sempre, con un picco ossessivo al tempo di Craxi (ricordate lo slogan governativo «Io pago le tasse. E tu?»; allora come oggi bisognerebbe rispondere: «E tu, Stato, cosa ne fai di tutti i soldi che ti diamo?»). Tuttavia, gli studenti del ragioneria sanno che anche la «lotta» ha un costo. E che, se questo costo supera il guadagno, la «lotta» non merita farla. Ecco perché con i cosiddetti «grandi evasori» (quelli in milioni di euro, quelli che hanno la residenza a Monaco o a Londra o in Svizzera o alle Cayman…) il Fisco «patteggia», contentandosi di una parte di quel che gli spetta (secondo le regole, va detto, che esso stesso ha posto). Sì, perché i ricchi, potendo pagarsi fior di avvocati e di fiscalisti, possono dare tanto di quel filo da torcere al Fisco da provocare la situazione di cui si diceva sopra: un costo, anche in ordine di tempo (che è denaro) molto vicino, se non pari, all’eventuale ricavo. Meglio un uovo oggi che una gallina (forse) domani. E’ uno dei princìpi-base della scienza economica. Perciò, il Fisco, fatti due conti, realizza che sottraendo mezzo euro a testa a milioni e milioni di poveracci indifesi, incassa molto di più, e subito, rispetto alla caccia alle, tutto sommato poche, megatrasgressioni. Così, la cosiddetta «giustizia» si risolve in un pernacchio. Tuttavia, i soliti studenti di ragioneria sanno che c’è un altro mezzo per lottare contro l’evasione: renderla poco conveniente. Il che si realizza solo tenendo basse le imposte. I miei lettori utilizzino questo piccolo promemoria per distinguere, alle prossime elezioni, chi sta davvero «dalla parte del popolo».