Cara Marina, la lettera ultimamente pubblicata che inizia con un accattivante “Cortesi Napoletani” (vedi post n. 746), non mi è piaciuta. E chiarisco il perché: l’autore della lettera esordisce dicendo che se n’è fujuto da Napoli. Nulla da eccepire: chi di noi residenti non ha avuto un’idea del genere? Chi però si trasferisce dove gli pare, non stia però lì a pontificare e a elargire sentenze più o meno amarognole: intanto, l’argomento è difficile, tanto che uno scrittore francese disse che Napoli è un test per l’intelligenza. Ed è anche un test sdrucciolevole. E poi chi va via ricordi sempre di essersene andato per suo comodo: si, perché qui si combatte una vera e propria guerra quotidiana e chi la combatte merita più rispetto di chi taglia la corda, perché Napoli è città martire. E non per colpa dei napoletani, che continuano a cospargersi il capo di cenere. Quando la smetteremo? Signori, rivisitiamo la storia! (Lo diceva anche Foscolo). Per quanto riguarda poi gli ammiratori di Gigi d’Alessio e altri – premesso che io sono fiero e noto avversario musicale e culturale di costoro, che ci sono stati regalati dalle industrie discografiche e dai mass media - ritengo che i cuozzi e, se l’autore dell’articolo preferisce, i napolilli, che li adorano a braccia alzate, sono vittime, e forse sono le maggiori vittime (per la loro accuratamente programmata ignoranza), di questa Italia, come, e forse di più degli industriali di Piazza dei Martiri, dei sedicenti “Partenopei” e dei nobiluomini e nobildonne delle zone “bene”. Ovviamente anche questi ultimi sono vittime di questa Italia, perché i rifiuti tossici, i dirigenti tossici e i politici tossici, che l’Italia che comanda ci invia, insieme alla criminalità a cui è consentito di continuare a spadroneggiare, non risparmiano nessuno e colpiscono tutti, senza distinzione, come del resto l’Italia che comanda non ama nessuno di noi, ormai si può esserne, certi, e fa di un’erba un fascio. Perciò criticare questi o quelli appioppando loro nomignoli, dividerci in zone o settori mi sembra una stupidaggine, un errore strategico che oltre tutto ci impedisce di riconoscere il vero avversario.Enrico Moscarelli
Cuozzi e Napolilli
Cara Marina, la lettera ultimamente pubblicata che inizia con un accattivante “Cortesi Napoletani” (vedi post n. 746), non mi è piaciuta. E chiarisco il perché: l’autore della lettera esordisce dicendo che se n’è fujuto da Napoli. Nulla da eccepire: chi di noi residenti non ha avuto un’idea del genere? Chi però si trasferisce dove gli pare, non stia però lì a pontificare e a elargire sentenze più o meno amarognole: intanto, l’argomento è difficile, tanto che uno scrittore francese disse che Napoli è un test per l’intelligenza. Ed è anche un test sdrucciolevole. E poi chi va via ricordi sempre di essersene andato per suo comodo: si, perché qui si combatte una vera e propria guerra quotidiana e chi la combatte merita più rispetto di chi taglia la corda, perché Napoli è città martire. E non per colpa dei napoletani, che continuano a cospargersi il capo di cenere. Quando la smetteremo? Signori, rivisitiamo la storia! (Lo diceva anche Foscolo). Per quanto riguarda poi gli ammiratori di Gigi d’Alessio e altri – premesso che io sono fiero e noto avversario musicale e culturale di costoro, che ci sono stati regalati dalle industrie discografiche e dai mass media - ritengo che i cuozzi e, se l’autore dell’articolo preferisce, i napolilli, che li adorano a braccia alzate, sono vittime, e forse sono le maggiori vittime (per la loro accuratamente programmata ignoranza), di questa Italia, come, e forse di più degli industriali di Piazza dei Martiri, dei sedicenti “Partenopei” e dei nobiluomini e nobildonne delle zone “bene”. Ovviamente anche questi ultimi sono vittime di questa Italia, perché i rifiuti tossici, i dirigenti tossici e i politici tossici, che l’Italia che comanda ci invia, insieme alla criminalità a cui è consentito di continuare a spadroneggiare, non risparmiano nessuno e colpiscono tutti, senza distinzione, come del resto l’Italia che comanda non ama nessuno di noi, ormai si può esserne, certi, e fa di un’erba un fascio. Perciò criticare questi o quelli appioppando loro nomignoli, dividerci in zone o settori mi sembra una stupidaggine, un errore strategico che oltre tutto ci impedisce di riconoscere il vero avversario.Enrico Moscarelli