La voce di Megaride

Con e oltre la denuncia


di Giuseppe Corona
Il gioco dialettico mafia-antimafia è stato più volte smascherato e con penne più attrezzate che la mia. Esso ha prodotto vittime illustri, come Andreotti, che, però, sono riuscite a cavarsela. In genere quando il politico incappa in questo gioco, sia pure tra mille pene e lunghe penitenze, se la cava, e quando patisce il carcere, alla fine ne esce.Perché? Non ci si lasci ingannare dai politici caduti sul terreno, a volte per ragioni opposte, in questo caso sono personaggi che hanno fatto un passo più lungo della gamba, che non è conveniente portare alla sbarra.Diverso è il caso di quei servitori dello Stato che perseguono il reato di mafia restando fedeli ai principi di uno Stato di diritto, basato sulle garanzie e sulla responsabilità individuale, dove il metodo investigativo è rigoroso basato sulla notizia di reato e non sulla ipotesi di reato ad personam, i metodi dell'interrogazione sono severi e duri e conducono alla confessione per la forza degli indizi e delle prove davanti alle quali viene posto l'indagato.Qui non vige la retata, il pentitismo e la ricerca del colpevole prima che si scopra il reato, qui, a volte, ci si avvicina alla verità e la pena, per chi si avvicina ad essa, deve essere dura e senza alcuna concessione, nemmeno la buona condotta o lo stato di salute.Vittime di questi metodi sono integerrimi servitori dello Stato che hanno creduto nel proprio ruolo e nella propria missione di protezione e difesa del cittadino, oppure cittadini a caso, magari per omonimia.Sono questi casi clamorosi di ingiustizia che la Voce di Megaride ha documentato e elevato a simboli, quelli di Bruno Contrada e Peppe Fontana. Il primo perchè, probabilmente, doveva essere messo in condizione di più non nuocere, il secondo, probabilmente, perchè vittima di tale errore che ammetterlo suonerebbe tale disonore per la Magistratura da metterne in discussione ogni legittimità. Servitori dello Stato come Falcone e Borsellino non dovevano, invece, arrivare nemmeno all'onore del carcere e del processo.Il volume, l'articolazione, la precisione di documentazione della Voce sono sempre più massicci, tuttavia mantengono sveglia l'attenzione e la coscienza, ma non sono sufficienti a risolvere il rebus.Bisogna proseguire questa azione, renderla ancora più potente, va fatto, però, un salto di qualità, essa va messa a servizio di una interpretazione e di una azione politica che si pongano il problema di costruire una risposta politica, non giudiziaria né poliziesca, al fenomeno delle malavite meridionali. Bisogna capire su quale terreno alligna questo fenomeno, perchè convive e collude con le varie forme della politica del nostro paese, perchè è stato ed è brodo di cultura in cui prospera il potere crescente della Magistratura.Solo così si comprenderà come certi processi alla politica e ai grandi mafiosi sono quasi sempre, se non sempre, forme di dibattimento per giungere a compromessi tra politica e mafia con il ruolo arbitrale della magistratura che così consolida un potere sempre più manifesto.Solo così fenomeni come Falcone, Borsellino, Contrada e Fontana si capiscono come incidenti indesiderati di quel complesso e sottile gioco del Potere in Italia che ha nel Mezzogiorno terra di elezione. E' il prezzo che il paese paga a una falsa unificazione.Retate, pentitismo, reato di concorso, 41 bis, sono arnesi di una dinamica conflittuale, oscura e perversa, nelle stanze del Potere, che la malavita stabilmente abita.La lotta per la riforma della Costituzione e per la soluzione della Questione Meridionale fanno tutt'uno con il problema della illegalità nel Meridione, che è problema sistemico, sociale e politico, intrinsecamente unito a quello della costruzione nazionale, solo la Grande Politica può risolverlo, ponendo fine a mafia e antimafia.Il deficit di Politica è alla base di un potere malato, sempre più cattivo man mano che diventa più ingiustificato.E' quanto tenterò di approfondire per esteso, affrontando la questione nei prossimi numeri.