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FANTASMI AL FRONT-OFFICE - un raccontino tra il surreale e il reale

di Marina Salvadore



Bislacchi Caterina moglie di Guidobaldo Alceste era ormai divenuta una presenza fissa al front-office dell’Agenzia delle Entrate di Schirlimpopoli. Era una bionda donna sulla cinquantina dal bell’ovale color dell’avorio che in altro contesto -anche per via di una perfetta dentatura e una delicata somiglianza con Abbe Lane - avrebbe fatto pensare ad un’attrice americana degli anni ’60 in vacanza in Italia e non ad una contribuente in attesa da più di qualche anno di un rimborso Irpef che s’era perso per strada. A volte, trascinava seco, come appeso ad un invisibile guinzaglio pendente dalla sua mano ingioiellata di “oro di Bologna” e turchesi, l’attempato ed uniformemente grigio Alceste suo marito, il cui volto terreo e il respiro affannoso raccontavano di una qualche grave patologia in atto; infatti, lo sguardo della esile e distinta signora – chiunque, ovunque e comunque fosse il suo interlocutore - era costantemente piantato nello sguardo sempre “lontano” del marito, come s’egli fosse tenuto in vita o, semplicemente, con i piedi per terra dal fiato della compagna che – pure – nonostante il gradevole aspetto, denotava una stanchezza… stancante anche a dirsi. La signora Bislacchi non sorrideva mai; non ne aveva motivo e tale era il contrasto con la sua “mise” da adolescente: anfibi bassi ai piedi, un largo e fluido pantalone a quadri scozzesi rossi, gialli e blu ed un blazer oversize di maglia, a collo alto, blu elettrico: una “botta di vita” incredibile se abbinata al grigio uniforme del coniuge! Nel piccolo ufficio di Schirlimpopoli era da poco giunta, trasferita dalla Padania,  un’impiegata “speciale”, sociologa, psicologa e medium; una nuova figura professionale che -  date le pericolose emergenze della crisi nazionale e il malcontento crescente tra i sudditi – il Ministero aveva spedito lì, per tenere il polso della situazione e nell’intento di contenere i sempre più bollenti spiriti degli esasperati utenti vessati dal Fisco. La “guardiana della soglia” era una sorta di amazzone che sapeva tirar di scherma e all’occasione anche di fionda, alle spalle aveva un brevetto paramilitare per aver frequentato un anno di corsi di sopravvivenza in Tanzania, finanziati dal Ministero  e circa 27 anni di accademia di arti marziali alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, ove s’era specializzata anche in antropologia criminale e fisiognomica comparata. Il piccolo ufficio di Schirlimpopoli era all’apice della classifica degli Interni relativamente agli uffici più “difficili” e ingestibili sul territorio, in quanto ad utenza esasperata e reazionaria; così l’Infiltrata fu assegnata in trincea al pre -“front-office”. In uno stanzino d’ingresso  tranquillo, dipinto di azzurro – il colore del relax – riceveva uno ad uno i numerosi visitatori quotidiani, per  “audirli” e smistarli – come un abile tour operator – ai vari servizi, a seconda dei funzionari disponibili e più “in salute”… Ella stessa, fine conoscitrice del genere umano, aveva opportunamente ridotto di qualche tono la marziale presenza fisica, munendosi addirittura di due grucce per fingersi più debole degli avventori, onde evitare sin dal primo impatto l’effetto “faccia da schiaffi” che solitamente il logo dell’Agenzia stampava virtualmente in fronte ai propri operatori, senza curarsi delle conseguenze letali. La gente, infatti, non dissociava le facce dal logo, così il front-office di trincea aveva finito col somigliare sempre più al baraccone di un tirassegno del Luna Park ed il Salone di prima accoglienza ad un Saloon del Far West! Intanto, non v’era giorno in cui sui quotidiani nazionali non si lesinasse sulle terribili cronache di “pubblicani” spediti direttamente dai Front Office ai Pronto Soccorso dei locali nosocomi e quasi quotidianamente il Ministro nei tiggì nazionali si diceva preoccupato per il nuovo buco di bilancio, direttamente proporzionale alle richieste di risarcimento danni  dei suoi “pubblicani”; per contro, soltanto qualche trafiletto di poche righe, qui e là nelle cronache di provincia, recava notizia dei tanti suicidi di contribuenti disperati: l’insieme dell’informazione pilotata era una sorta di “campagna di Pubblicità Progresso” ben architettata dai Media di Governo, per non allarmare la popolazione bensì solo per spronarla a recarsi  come greggi belanti presso gli uffici “maledetti”. Bankitalia e l’Istat, infatti, avevano statisticamente stabilito che su 10 contribuenti censiti in visita presso gli uffici, 2 ci lasciavano le penne, subito o nel giro di qualche settimana, in gaudio dell’INPS;  5 erano praticamente insolventi ma almeno 3 potevano ancora essere spremuti e ricavarne olio per le lampade del Palazzo e su quei 3 “solvibili” su 10 il Paese “ci campava”… Nel giro di qualche mese, in Schirlimpopoli e frazioni e province limitrofe, s’era sparsa la voce che una strana “impiagata venuta da lontano”, sciancata ma gioviale e disponibile all’ “ascolto”, era in forza all’ufficio più odiato del circondario. Il flusso d’utenza giornaliero crebbe smisuratamente. Persino i  bulli, gli arroganti, gli esasperati, i maneschi, i violenti presero a recarsi in quel purgatorio, un po’ per curiosità, un po’ per necessità… un po’ – diciamolo! - per senso di sfida. In questa masnada brigantesca, fuori posto come rigurgitati da un’altra dimensione, i coniugi Guidobaldo Alceste e Caterina: lui, maestro di scuola in pensione; lei, ex insegnante di violoncello e casalinga per dedizione coniugale. Ogni volta, più volte a settimana, da sola o in compagnia del fragile coniuge, Caterina nata Bislacchi si accomodava nel piccolo stanzino del “Centro Ascolto” dell’Agenzia, farfugliando sempre di un rimborso mancato del quale non sapeva indicare gli estremi, a cominciare dall’anno di riferimento. Faceva grande fatica a ripescare dalla memoria particolari che – probabilmente – aveva rimosso perché fonti di tristezza… e quel mancato rimborso figurava tra i ricordi tristi insieme a chissà quante altre cose… Ne parlava in astratto, implorando aiuto con gli occhi sgranati ma pieni di  lacrime non versate, simili a due trasparenti bicchierini di cognac. Non cambiava mai d’abito: sempre la stessa mise oversize e gli anfibi… ed una sacca in spalla che sembrava non contenere nulla. Lei, apparentemente sempre più confusa e gracile. L’Infiltrata, nel corso dei mesi, aveva imparato ad ascoltare col cuore e non solo con le orecchie ciò che i cuori e non solo le bocche degli incorreggibili “vandeani”  volessero esprimere, caso per caso. Spesso, i contribuenti appartenenti alle fasce sociali più deboli; in particolare gli anziani, i pensionati Inps, i giovani precari e disoccupati, gli artigiani, le vedove e le ex ragazze-madri, gli handicappati ed i disabili afflitti da terribili patologie… tutti, disperatamente soli… si presentavano in Agenzia solo alla ricerca di un interlocutore, di un volto attento alle loro recriminazioni, giuste o sbagliate che fossero. I più scalmanati e guerrieri, nel tempo, s’erano placati e passavano di lì solo per un saluto… o, addirittura un sorriso all’Infiltrata che sempre più si sentiva parte di quell’esercito e sempre meno serva del Potere. Un giorno, per rinfrancare un po’ la povera Caterina Bislacchi ch’era giunta in ufficio più pallida e triste del solito, l’Infiltrata le procurò un “pass” per il back-office, previa novena telefonica al funzionario addetto ai rimborsi perché si adoprasse per la signora, almeno cercando di capire gli estremi della ripetuta istanza. Dietro consegna di una consunta Carta d’Identità, il magico “pass” accese finalmente un timido sorriso sul bel viso di Caterina che al termine del suo primo colloquio ufficiale con il funzionario tornò, poi, a ritirare il suo documento nello stanzino che straripava di gente tra cui due arroganti supponenti in delirio di onnipotenza che altri non erano che due consulenti con tessera professionale dell’ordine dei dottori commercialisti, convinti d’essere dei “padreterni” venuti a redaguire ed a castigare i sottosviluppati travét dell’Agenzia delle Entrate. Tornarono utili le due grucce all’Infiltrata che non raccolse le altisonanti offese e le minacce dei due soloni ed in perfetto silenzio, dinanzi al suo sodale esercito di poveri cristi che per lei intimamente tifavano, impugnò e puntò sul petto di ognuno una gruccia, spingendoli fuori della porta, tra le braccia della guardia giurata, come due pollastrelli infilzati allo spiedo…  ed un applauso scrosciante degli astanti riempì tutto il Front-Office. Liberatorio! Fu lì che scattò l’illuminazione! Profonda conoscitrice della Storia, l’Infiltrata comprese che sull’onda psichica mai esauritasi della Rivoluzione Francese non tanto il tronfio regime al Potere, distratto da se stesso e sordo ad ogni richiamo all’Etica, quanto la casta occulta o setta degli pseudo-intellettuali era responsabile delle tensioni sociali, sobillando il popolo e aizzandolo, prima in guerra fratricida contro se stesso, in una sorta di pulizia etnica di quelli da loro definiti inutili, improduttivi “straccioni”, eppoi scagliandoli come una muta di cani rabbiosi contro lo Stato, in favore del loro sordido gioco di avvicendamento al Potere della Fratellanza sovranazionale. Insomma, i giacobini di sempre, i primi nemici di quel Popolo che – a chiacchiere -  fingono di voler tutelare, oggi come ieri. Il giorno dopo l’episodio dei due pollastri intellettuali, Caterina Bislacchi si ripresentava con il grigio e silente marito al “Centro d’Ascolto”, per chiedere di nuovo un “pass” per il funzionario addetto ai rimborsi, farfugliando di aver dimenticato sulla scrivania del medesimo due “carte” delle quali non sapeva proprio dare definizione. Purtroppo, non era giorno di ricevimento in back-office ma lei insisteva disperata, con l’urgenza di chi  avesse dimenticato le chiavi di casa. L’Infiltrata  contattò quindi telefonicamente il funzionario, chiedendo lumi ma tutte le pratiche lavorate il giorno prima erano state da questi archiviate e non ricordava di aver rinvenuto due documenti abbandonati sulla sua scrivania. Affranta, trascinandosi il marito, Caterina andò via… ma quando l’Infiltrata sortì dal suo stanzino per salire ai piani alti della Direzione, la intravide seduta in attesa dinanzi alle postazioni del Front-Office. Del marito, neppure l’ombra. La pietas prese il sopravvento sulla naturale irritazione del momento; probabilmente, Caterina Bislacchi era affetta da qualche patologia neurologica grave, povera donna. Il giorno dopo, ancora, verso le undici si ripresentava all’Infiltrata, chiedendo un “pass” che non le si poté negare, in quanto era giorno canonico di ricevimento in back-office ed il funzionario vi era addetto per i rimborsi… e lei insisteva sull’importanza dei due documenti smarriti, senza riuscire ancora a descriverne il genere… Consegnò con un soddisfatto sorriso a labbra serrate la Carta d’Identità e volò leggera come una farfalla verso i piani alti, stringendo in una mano il conquistato “pass”…  L’ufficio era parecchio trafficato in quel giorno… e l’Infiltrata dimenticò di informarsi sulle sorti di Caterina, accorgendosi solo a fine giornata ch’ella aveva dimenticato nel suo stanzino il proprio documento di riconoscimento e che non aveva riconsegnato il “pass”… Per un’intera settimana, dopo settimane di presenza fissa che rasentavano quasi lo stalking, I coniugi Guidobaldo, singolarmente o in coppia non si videro… e non solo l’Infiltrata ma anche alcuni colleghi pensarono al peggio. Dal consunto documento  di riconoscimento, che s’avvide essere scaduto da qualche anno, l’Infiltrata recuperò l’indirizzo  e due pomeriggi dopo, con una strana ansia addosso, decise di andare a verificare di persona la situazione. Nel centro antico di Schirlimpopoli, in un basso di vicolo Misericordia, al civico 33 era la residenza dei due strambi coniugi… ma, al posto di un’abitazione c’era, invece, un negozio di casalinghi. Entrò, si presentò e spiegò il perché di quella visita al commerciante che, al racconto, impallidì. Non profferì parola, non emise suono… soltanto scappò come una saetta a chiamare senza voce ma a gesti il panettiere che aveva lì adiacente la sua bottega e l’attrasse nel suo esercizio, perché ascoltasse anch’egli il racconto dell’impiegata delle Entrate, la quale credeva di poter ottenere informazioni più precise dal nuovo interlocutore che – però – man mano che ascoltava il racconto, impallidiva anch’egli… Dopo una buona mezz’ora di mezze parole, di sospiri, di cardiotonici, il panettiere si diede coraggio e raccontò un’incredibile storia. Il maestro Alceste Guidobaldo pensionato era molto ammalato, cardiopatico grave. Con la moglie Caterina – che lo assisteva – tiravano avanti con la misera pensione di lui che, per metà se ne andava per l’affitto di quella piccola casa, per un quarto per le medicine e le cure salvavita di lui e per l’altro quarto per il  vitto quotidiano, fatto di pane e latte, pane e pastine in brodo di dado, pane e patate lesse o pane e cicoria bollita… insomma, pane sempre più spesso senza il companatico. Accadde che il Fisco, nell’anno precedente l’ingresso nell’Euro,  comunicò al maestro Alceste, con lettera raccomandata, l’immediato accreditamento di un rimborso Irpef di 900mila delle vecchie lire e che essendo egli bisognevole dell’intervento clinico di un luminare, possibile nell’urgenza dei tempi solo a pagamento e in struttura privata del “barone”, accolse come manna dal Cielo quella bella notizia e con la moglie decise di poter anticipare mediante l’utilizzo della pensione mensile quel ricovero indispensabile di due giorni che gli prosciugò il conto. Al padrone di casa chiesero venia per il ritardo eventuale del rateo anticipato di affitti per il mese successivo, ch’era in scadenza. Fecero quanto mai e più la fame, in quei giorni ma felici per aver potuto affrontare l’opera immane e inimmaginabile di assicurarsi una migliore qualità della vita con un pizzico di “salute” in più. Purtroppo, di quel rimborso Irpef annunciato e liquidato non si verificò mai l’accredito… così, pochi mesi dopo, per morosità gli fu notificata l’ingiunzione di sfratto… poco dopo, l’ufficiale giudiziario si presentò a pignorare le uniche poche cose di valore che avessero: il violoncello della signora Caterina, un orologio d’oro del padre del signor maestro ed un po’ di paccottiglia di qualche utilità… Come potevano, col rateo mensile della pensione cercavano di tamponare qui e là qualche falla, sperando sempre nell’accredito di quel rimborso… Le visite agli uffici finanziari non davano mai gli esiti sperati: quel rimborso risultava liquidato ma che fine aveva fatto? Inutile descrivere quell’agonia nel girone infernale nel quale una BUONA NOTIZIA dello Stato, uno scherzo crudele del destino li aveva gettati! Gli fu prima staccata l’energia elettrica… e prima che gli staccassero il gas, la dolce Caterina Bislacchi, morigerata ed esile creatura, nell’ultima notte su questa terra non si curò dei consumi ma ne inondò la casa, dopo aver addormentato col sonnifero il marito ed essersi sdraiata al suo fianco. Li trovarono vestiti di tutto punto; lui steso lungo sul letto, lei, in posizione fetale nel suo maxipull blu elettrico, avvinta come l’edera al corpo di suo marito. Accadde più di dieci anni fa ed a Schirlimpopoli ne parlano ancora.
 

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vocedimegaride il 12/03/14 alle 20:14 via WEB
Suicidio nell'ufficio dell'Inps di Nola. Un uomo di 47 anni R.C. si è impiccato oggi nei bagni della sede Inps di Nola. L'uomo, originario di Acerra sembra fosse disperato perché gli avevano revocato l'indennità per una sua invalidità. Sul posto gli agenti del locale commissariato. Sembra che il corpo dell'uomo sia stato ritrovato solo nel pomeriggio: poco dopo che R.C. si era chiuso nel bagno, gli uffici erano stati chiusi.
 
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Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

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