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Il Sebeto

Post n°112 pubblicato il 08 Gennaio 2007 da vocedimegaride
 

di Clara Negri

immagineFra i tanti misteri e simboli della zona partenopea non si può non parlare del misterioso Sebeto, fiume dalle acque piene di poteri magici, che una volta scorreva fino a Napoli e che ora è letteralmente scomparso, dissolvendosi nella leggenda. Il suo strano nome ci obbliga a risalire al lontano passato e al popolo fenicio che, nel suo peregrinare per terre lontane, aveva la consuetudine di dare ai nuovi lidi nomi che ricordassero la madrepatria. La parola Sebeto deriverebbe quindi dal palestinese Sabato col significato di “la fonte degli orti" certamente riferiti alla lussureggiante campagna della valle vesuviana. Questa etimologia viene suffragata da un altro sabato, ossia dal giorno della settimana, che risale addirittura al tempo dei babilonesi i quali, credendo che la dea della Luna Ishtar avesse le mestruazioni durante il plenilunio, e quindi fosse molto nervosa, chiamavano questo giorno sabattu, cioè “brutto giorno”, destinandolo al riposo. Anche l’ebraico ha la parola shabbâth col significato di riposo; lo stesso ciclo lunare era chiamato Sabattu e le acque sono sempre simbolicamente appartenute all’astro d’argento. Qualcuno ha invece ritenuto che Sebeto provenisse dal greco Sebo, che significa “andare con impeto”, ma questa etimologia è stata contestata da De la Ville sur-Yllon il quale ricorda che sebo significa “onorare con culto”. IL Mancini però giustamente osserva che “se si dimostrasse accettabile la coniugazione sebo-sebeto, dovremmo individuare una prepotente volontà originaria (il corsivo è mio) che finalizzò il nome al culto dovuto al Sebeto quale divinità riconosciuta dal popolo”. Sia per i  immagine dopo la battaglia navale di Cuma, erano divise dalla foce del Sebeto. Alcune monete d’argento che risalgono al 500 a.C. mostrano il volto d’un giovane con un corno sulla fronte e attorno alla moneta la scritta Sepeitos  mentre sul retro vi è una donna alata. Il giovane sarebbe appunto il dio del fiume e risponderebbe all’uso dei greci di divinizzare i suoi fiumi sia dedicando loro un tempio sia raffigurandone la divinità sulle monete. Fenici che per i Greci era consuetudine fondare le loro città nei pressi di qualche fiume e Napoli ha un’indubbia origine greca per cui tutte le supposizioni possono essere giuste. Di certo la città di Palepoli o Partenope e quella di Neapolis, fondataIL Sebeto era dunque il dio fluviale di cui parla anche Virgilio nell’Eneide, libro VII: “ …Ebalo, dalla ninfa del Sebéto, come narra la fama – ti generò Tolone, già avanti negli anni, quando nell’isola di Capri regnava sui Teleboi”. La ninfa del Sebeto, o Sebetide, sarebbe quindi la figlia di Sebeto e della sirena Partenope che, più tardi, generò Ebalo, futuro re dell’isola di Capri. Ma da dove scaturiva questo mitico fiume e dove scorreva prima di sfociare vicino a Megaride? Molto probabilmente proprio dalla zona vesuviana e, nel suo percorso irregolare e rapido, convogliava altri ruscelli che provenivano dalla zona di Poggioreale e dei Colli Aminei, confluendo per l’attuale via Medina prima di sfociare verso Santa Lucia dopo aver lambito la collina di Pizzofalcone. Questa teoria spiegherebbe anche la sua attuale sparizione in quanto i continui fenomeni vulcanici che hanno sempre interessato la zona partenopea, con i susseguenti fenomeni geologici, hanno esaurito o deviato molte antiche sorgenti. Ce lo confermerebbe anche Giovanni Boccaccio, che soggiornò a Napoli nel 1300, e che così scriveva: “ Sebeto…come taluni affermano, è il fiume presso Napoli in Campania, che io non ricordo di aver visto, tranne che non si tratti invece di quel rivolo che scorre nelle paludi tra le falde del monte Vesuvio e senza nome s’immerge nel mare”. Questo fiume, che certamente ha avuto il merito di costituire  al suo tempo un’utilissima fonte di irrigazione, viene anche ricordato per la straordinaria limpidezza delle sue acque che, in alcuni punti, venivano anche incanalate artificialmente per essere utilizzate nella zona ovest della città. In un’antica carta del territorio di Napoli, stampata nel 1566, appare il Sebeto che passa sotto il ponte della Maddalena e poi si allarga in tanti rivoli perdendosi nel mare. Di certo quel fiume era considerato dagli antichi come un dio benefico che contribuiva alla fertilità del suolo e al benessere delle sue genti. Metastasio lo ha immortalato con i versi:” placido Sebeto/che taciturno e cheto/ quanto ricco d’onor, povero d’onde…”

(immagini di Mauro Caiano/VIP-Napoli)

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