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Cliccando http://www.box404.net/nick/index.php?b  si procede ad una originalissima elaborazione del nickname ANCESTRALE di una url. "La Voce di Megaride" ha ottenuto una certificazione ancestrale  a dir poco sconcertante poichè perfettamente in linea con lo spirito della Sirena fondatrice di Napoli che, oggidì, non è più nostalgicamente avvezza alle melodie di un canto ma alla rivendicazione urlata della propria Dignità. "Furious Beauty", Bellezza Furiosa, è il senso animico de La Voce di Megaride, prorompente femminilità di una bellissima entità marina, non umana ma umanizzante, fiera e appassionata come quella divinità delle nostre origini, del nostro mondo sùdico  elementale; il nostro Deva progenitore, figlio della Verità e delle mille benedizioni del Cielo, che noi napoletani abbiamo offeso.
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« Una giornata regalere Nettuno di Ischia e P... »

Ci risiamo?.. ma adesso non c'è più "Lui"!

Post n°835 pubblicato il 11 Ottobre 2008 da vocedimegaride
 

Dalla Toscana, Patty Ghera ci segnala questo bellissimo articolo di FILIPPO GIANNINI, sperando torni utile a quel pirla di Fini che ha scelto il momento sbagliato per la sua squallida abiura strumentale alla "carriera". Si tratta ampiamente di Napoli che, nell'epoca in questione, era considerata una delle più importanti città italiane. Opportunamente a corredo, il documento video di Mauro Caiano su "La nascita della Mostra d'Oltremare



LA CONGIUNTURA MONDIALE DEL 1929 E IL “MALE ASSOLUTO”
Come si è articolata la risposta italiana alla grande crisi economica mondiale del 1929? Giorgio De Angelis [6,137], scrive: «L'onda d'urto provocata dal risanamento monetario non colse affatto di sorpresa la compagine governativa e provvedimenti di varia natura attenuarono, ove possibile, i conseguenti effetti negativi soprattutto nel mondo della produzione (...). L'opera di risanamento monetario, accompagnata da un primo riordino del sistema bancario, permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizione di sanità generale la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (...) ». Sempre nello stesso volume, il professor Gaetano Trupiano, a pagina 169, afferma: «Nel 1929, al momento della crisi mondiale, l'Italia presentava una situazione della finanza pubblica in gran parte risanata; erano stati sistemati i debiti di guerra, si era proceduto al consolidamento del debito fluttuante con una riduzione degli oneri per interessi e le assicurazioni sociali avevano registrato un sensibile sviluppo». In altre parole, come avevamo già scritto, mentre nel mondo decine di persone si uccidevano per la disperazione, in Italia, anche se la crisi internazionale stava producendo diversi danni, le iniziative del Governo erano riuscite ad evitare che la catastrofe assumesse quelle drammatiche proporzioni che altrove si erano verificate. È vero che la capacità dei ministri finanziari del Governo Mussolini e, ultimo in ordine di tempo fra questi, Antonio Mosconi, riuscirono a far sì, che negli anni fra il '25 e il '30, i conti nazionali registrassero attivi da primato. Vennero intraprese iniziative che ancor oggi non mancano di stupire per la quantità e la qualità dei meccanismi messi in opera e per il successo da essi ottenuto; meccanismi tutt'ora validi, anche se, come tutti sappiamo, l'amministrazione della cosa pubblica in questi ultimi decenni, non è priva da critiche. Lo Stato affrontò la crisi congiunturale spaziando «dalla politica monetaria alla politica creditizia, dalla politica finanziaria alla politica valutaria, dalla politica agricola alla politica industriale, dalla politica dei prezzi alla politica dei redditi, dalla politica fiscale alla politica del commercio estero, dalla politica previdenziale alla politica assistenziale» (Sabino Cassese). Così, con questa varietà di interventi, la politica economica composta da un fattivo intervento nelle attività produttive e finanziarie, lo Stato italiano nell'oculata misura rispetto a ogni altro Stato europeo, divenne titolare di una parte delle attività industriali. Seguendo questa impostazione, sembrò che la cura fosse quella più appropriata per il superamento della crisi, cura che comportò dei sacrifici: per sostenere le industrie, a fine 1930 si rese necessaria una riduzione dei salari dell'8% circa per gli operai, per gli impiegati la riduzione variò, a seconda dell'entità delle retribuzioni, dall'8 al 10%. Il sacrifìcio venne, però, quasi subito compensato dalla con¬trazione dei prezzi delle merci, per cui il valore reale d'acquisto ammortizzò, in breve tempo, l'entità del taglio. Questi sacrifici furono affrontati da tutto il popolo, a parte pochi dissidenti, con disciplina e partecipazione. In alcuni casi, soprattutto da parte dei senza lavoro (l'indice della disoccupazione subì nei primi mesi del '30 un brusco incremento). Si verificarono delle contestazioni con manifestazioni, scioperi, a volte con serrate. Le principali agitazioni avvennero tra l'aprile 1930 e buona parte del '32; mai queste si trasformarono in tumulto e tutte rientrarono in buon ordine, anche se le organizzazioni antifasciste dell'estero spingevano verso azioni violente. Nel periodo di maggior ristagno, l'attività del Governo si svolse in due diversi interventi: uno, immediato, che possiamo indicare come passivo, indirizzato ad assistere le famiglie più colpite dalla grande crisi; il secondo, che possiamo definire attivo, ten¬dente ad incrementare gli investimenti statali nelle grandi opere. Fra gli interventi passivi, possiamo ricordare, oltre al taglio degli stipendi e dei salari: riduzione delle ore lavorative per evitare, il più possibile, il licenziamento; l'introduzione della settimana lavorativa a 40 ore (operazione che comportò il riassorbimento di 220 mila lavoratori); la diminuzione dei fitti; forte riduzione delle spese nei bilanci militari; opere di assistenza diretta, come distribuzione di buoni viveri e centri di distribuzione di pasti. Mussolini seguiva con grande cura l'esecuzione di queste disposizioni; ne fa fede un telegramma inviato al prefetto di Tori¬no in data 1 dicembre 1930: «Buono viveri è insufficiente. Mezzo chilo di pane ai disoccupati senza famiglia sta bene, ma i disoccupati con famiglia devono avere oltre il pane il riso, condimento e carbone. Bisogna dare qualcosa di più del semplice pezzo di pane». Per concludere la parte riguardante gli interventi passivi, è interessante riportare il perentorio telegramma inviato da Musso¬lini il 6 aprile 1931 al prefetto di Ferrara: «Dica ai dirigenti politici e sindacali ferraresi che sciopero Po di Volano per ottenere aumento di salario è grottesco e criminoso tanto più trattasi di lavori pubblici finanziati col sudore e col sangue del contribuente italiano. Se domattina lavoro non sarà ripreso colla massima disciplina darò ordini perché lavoro stesso sia sospeso sine die. Scioperare quando ci sono 700 mila disoccupati che cercano invano lavoro da mesi è atto di incoscienza sovversiva che rivela persistenza vecchia mentalità e che va quindi immediatamente stroncata. Istigatori sciopero devono esse¬re esemplarmente condannati». L'intervento che possiamo indicare come attivo fu molto variegato e riguardò, come abbiamo più volte ricordato, quello dello Stato nelle più diverse attività della vita sociale. Fra gli interventi attivi, possiamo ricordare quelle iniziative che ancor oggi sono al centro del mondo del lavoro e dell'arte: ci riferiamo alle Fiere e attività similari. Non ultima, certamente, quella di Napoli, la Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare: concepita per far sì che ogni tre anni Napoli fosse al centro degli scambi economici e culturali fra l’Africa e l’Europa, un’iniziativa ancora oggi valida… volendo. Per rimanere ancora a Napoli possiamo citare la realizzazione degli ospedali collinari (il XXIII Marzo, poi intitolato a Cardarelli; il Principe di Piemonte, ribattezzato Monadi; la Stazione Marittima; la Stazione di Margellina; il nuovo rione Carità con i palazzi delle Poste, delle Finanze, della Provincia e dei Mutilati; il Collegio Costanzo Ciano per 3 mila ragazzi (ancora oggi occupato dalla NATO); la nuova sede del Banco di Napoli; il palazzo dell’INA, e numerosi rioni di case popolari. A Mussolini e ai suoi collaboratori non sfuggì l'importanza che queste istituzioni, le Fiere appunto, potevano esercitare nel settore commerciale: negli scambi, nelle contrattazioni e nel rilevante stimolo che tutto ciò poteva esercitare per la produzione e acquisto di beni, anche di origine lontana o di lontana destinazione. In quest'ottica, e in occasione del Decennale (1932), il Duce trasformò la Fiera di Milano in Fiera Internazionale. La Fiera Internazionale di Milano  divenne (e ancora oggi lo è) la più importante d'Europa. Visto il successo, Mussolini aggiunse a quella di Milano, la Fiera di Verona, di Napoli (poco sopra ricordata)   e, importantissima tuttora per i commerci verso l'Oriente vicino e lontano, quella di Bari, battezzata Fiera del Levante. Solo la guerra vanificherà il completamento di quella Mostra che nei programmi doveva divenire la più importante del mondo: l'E/42 di Roma. A queste brevi note non possiamo tralasciare di aggiungere l'istituzione del Festival di Venezia, di Roma, di Taormina. Altri interventi attivi videro la luce in quel periodo; ma per l'importanza che questi assumeranno nel futuro, meritano una trattazione a parte. E’ da ricordare che la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ancora oggi venne assegnata al migliore attore e alla migliore attrice la Coppa Volpi di Misurata, dal nome del gerarca fascista che nel 1932 la concepì e la istituì, ebbe ed ha tutt’ora, una valenza internazionale.

www.filippogiannini.it

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 11/10/08 alle 13:05 via WEB
non sempre il diavolo è brutto come lo si dipinge! Con un briciolo di onestà intellettuale quel "MALE ASSOLUTO" - così battezzato dallo spergiuro Fini - andrebbe rivisitato... ed io non sono mai stato un fascista! Carmine
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 11/10/08 alle 14:26 via WEB
Molto interessante questo articolo: mi suggerisci ironicamente di pubblicarlo da Guzzanti ma tu sai bene che in quel blog non metto piede da mesi, da quando mi sono resa conto dei reali sentimenti e delle reali idee dell'ex senatore ora deputato Guzzanti. Tornando all'articolo, bell'esempio di come l'intelligenza non è di sinistra, quanto meno della sinistra italiana. Si parla del ventennio come di male assoluto quando il male c'è stato solo negli ultimi sbagliatissimi fatti. Il vero male assoluto sta dall'altra parte ma per ora continua ad essere impossibile parlarne. Maria
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 12/10/08 alle 12:04 via WEB
CI VORREBBE IL DUCE, OGGI, A NAPOLI-------------------------- Pensione completa per gli ospiti. Mentre il municipio perde 16 milioni ogni 12 mesi La vita dorata dei falsi sfollati negli alberghi di Napoli Costano 4 milioni l'anno, solo la metà ha diritto all'assistenza. E il Comune rischia il dissesto Gli sfollati che da sei anni soggiornano in alcuni alberghinapoletani a spese del Comune, vitto e alloggio bevande escluse, sono ancora lì. Nonostante la scoperta che solo uno su due era sfollato: gli altri erano «subentrati». Sono in corso accertamenti, dicono. E i furboni sperano che come le altre volte lo scandalo passi e chi paga i conti si dimentichi di loro. Difficile, stavolta: il municipio è messo male. E quegli sfollati, i veri e i falsi, costano quattro milioni di euro l'anno. Direte: non è possibile. Stando ai calcoli fatti da Alleanza Nazionale, l'ospitalità generosamente offerta alle famiglie fatte sgomberare nel dicembre 2002 da tre edifici fatiscenti di vico Longo a Carbonara, nella zona più degradata dalle parti di piazza Mercato, sarebbe costata fino ad oggi quanto bastava e avanzava per costruire un paio di palazzine in grado di accogliere tutti gli evacuati. Basti dire che ai cinque hotel nei dintorni della stazione ferroviaria, il Comune paga 55 euro al giorno per la pensione completa di ogni ospite per un totale di 79.600 euro a settimana, 341 mila al mese, 4 milioni e 98 mila euro l'anno. E quando hanno fatto irruzione al «Maxjo», un brutto albergo a due stelle, all'alba di alcuni giorni fa, i vigili urbani al comando del generale Luigi Sementa, ci hanno trovato di tutto. Persone che vivevano a sbafo a spese della collettività senza mai essere stato sfollate. Un paio di pregiudicati. Armi e munizioni. Stanze trasformate in appartamentini con angoli cottura. Un «femminiello» assonnato reduce da una notte sul marciapiede: «Ca vulite? Siete della buoncostume?». Oddio, non che il Municipio sia nuovo a «distrazioni» su questo versante. Anzi. Una bella fetta di napoletani è assolutamente convinta di avere una specie di diritto divino ad avere la casa gratis. E l'andazzo di chiudere un occhio sulle piccole e grandi prepotenze del popolino («si può ben dire che la plebe napoletana è molto più plebe delle altre», diceva già due secoli e mezzo fa Montesquieu) è così diffuso che il Comune, proprietario di un immenso patrimonio immobiliare, riesce a rimetterci 16 milioni di euro l'anno. Ovvio: stando a un recente rapporto della Corte dei Conti, gli inquilini degli alloggi municipali che dichiarano di vivere d'aria e di non avere neppure un euro di reddito annuale (neppure uno!) sono 78 su cento. Gli ultimi 22, almeno, pagano? Qualche volta sì, qualche volta no... Come andassero le cose negli alberghi dove il Comune aveva via via piazzato gli sfollati a partire addirittura dal 2000, si sapeva da tempo. Rifondazione Comunista aveva denunciato la cosa già nel 2003 e poi di nuovo alla fine del 2006, chiedendo di sapere l'entità della spesa comunale «essendoci nuclei familiari collocati in vari alberghi cittadini dei quali però si è persa ogni traccia». Solo che questa volta il ritorno di fiamma dello scandalo è arrivato in un momento delicatissimo. Nei giorni in cui la giunta comunale guidata da Rosa Russo Iervolino, come scriveva ieri mattina Il Sole 24 ore, si ritrova «a un passo dal dissesto». Carica di debiti, di mutui da pagare e con crediti per 800 milioni di euro che i revisori dei conti, con un eufemismo che la dice lunga, hanno definito «difficilmente esigibili». Traduzione: avanza un mucchio di denaro da persone, enti e società che i loro debiti non li salderanno mai. Non bastasse, sono saltati fuori tra esclamazioni di sorpresa generale 58 milioni e 349 mila euro di debiti fuori bilancio, segnalati dai vari uffici all'assessorato alle Finanze dopo la chiusura del documento contabile annuale. Una somma enorme. Tanto più che riguarda solo i primi otto mesi dell'anno e rischia, secondo l'opposizione di destra, di gonfiarsi ancora fino a cento milioni. Cosa significhi lo ha spiegato il Corriere del Mezzogiorno, ricordando che non solo lo stesso Comune partenopeo aveva chiuso il 2007 con un extradeficit che era la metà (28 milioni) ma che questo extradeficit nel 2007 ha pesato su Torino per 60 mila euro, su Roma per un milione e 800 mila, su Milano per 195 mila. Cifre risibili, in confronto a quella napoletana. Di più, accusa il Sole: nel 2007 tutti i Comuni e tutte le Province italiani messi insieme hanno accumulato perdite fuori bilancio per un totale di 600 milioni. Come diavolo ha fatto Palazzo San Giacomo a farne da solo oltre 58? Colpa del profondo rosso da 23,4 milioni di «Napoli Servizi», la società partecipata dalla quale la giunta di Rosa Russo Iervolino (che strilla furente: «Chi ha sbagliato pagherà!») vuole uscire. Colpa, per altri 11 milioni, di lavori imprevisti, improvvise urgenze, manutenzione stradale, «acquisto suppellettili»... Colpa infine, per altri 23,5 milioni, di spese processuali e risarcimenti e condanne sul fronte di varie sentenze negative, a partire da un vecchio contenzioso su un grosso appalto pubblico di metà degli anni Novanta a Ponticelli chiuso con un lodo di 14 milioni euro. «Mi vergogno di essere l'assessore al Bilancio di un Comune che ha un debito fuori bilancio così grande. È intollerabile la dimensione che sta assumendo questo fenomeno», si è sfogato accusando i funzionari l'assessore Enrico Cardillo, un ex sindacalista della Uil nel mirino della magistratura per la distribuzione di troppe consulenze. «Se ti vergogni dimettiti», gli ha risposto brusco Salvatore Varriale, oggi consigliere di Forza Italia e tanti anni fa, per conto della Dc, predecessore di Cardillo. Secondo lui, i crediti di fatto quasi impossibili da recuperare sono addirittura di più e potrebbero sfondare il miliardo: «Si pensi che le sole tasse sulla spazzatura mai pagate ammontano a 130 milioni e le sole multe stradali a 416!». Come andrà a finire? Boh... I nuvoloni all'orizzonte sono neri neri. Lo sapete, ad esempio, quante sono le cause pendenti contro il Comune? Oltre cinquantamila. Gian Antonio Stella 12 ottobre 2008
 
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PREMIO MASANIELLO 2009
Napoletani Protagonisti 
a Marina Salvadore

Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

PREMIO INARS CIOCIARIA 2006

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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
b) per il documentario "Napoli Capitale" , a Mauro Caiano
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