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Giovanissimi. L’importante nella vita è cantare, ballare, diventare famosi, non farsi domande, non avere moti d’inquietudine?

Post n°8483 pubblicato il 15 Gennaio 2014 da cile54

Violetta la cantante adolescente: dalla culla alla bara, sempre in competizione

Il 2014 non è cominciato bene. Non tanto perché Fassina non sia stato riconosciuto da Renzi. Allarmante è il fatto che non si trovi in commercio la carta igienica con la faccia di Violetta. Una grave "lacuna merceologica", che rimanda a quella, ben più grave, e tutta morale, di una società che deve per forza attaccarsi a una icona mediatica per tirare avanti. Di credere in se stessi non c'è verso. La centrifuga della crisi, nonostante la crisi, è all'opera. E tra una miseria e l'altra produce l’avvento del nuovo V day ,che scalza il V day grillino e realizza un doppio prodigio: l’'adultizzazzione' (si può dire?) di bambini e bambine e l’ 'infantilizzazione' di madri e padri verso una società planetaria più liquefatta che liquida.

V day, per chi non lo sapesse, non sta per Victory day ma per Violetta day: ogni giorno in una città d’Italia in tour uno stuolo di ragazzette e ragazzotti direttamente da Buenos Aires capeggiati dalla ‘neo-traviata’ non verdiana, appunto Violetta. Violetta chi? Stavolta Renzi di sicuro saprà rispondere. È la minidiva del momento, la nuova star della Disney che sta facendo cantare bambine, ragazzine ma anche genitori di tutto il mondo.

La gioiosa macchina da guerra commerciale

E' la protagonista della soap opera omonima incentrata sulla vita di una ragazza che frequenta un’accademia upper class per diventare cantante, è alle prese con i problemi classici dell’adolescenza che sono ballati e cantati dai protagonisti. All’anagrafe Violetta è Martina Stoessel, ufficialmente 16 enne ma si fa qualche fatica a crederlo, che ha già all’attivo due Kids' choice award, un quadruplo disco di platino per l' album Violetta: la musica è il mio mondo in Argentina, e molti altri riconoscimenti ovunque. Anche lei nella vita reale come nella finzione del personaggio vuole diventare un’acclamata popstar, la Beyoncé d’Argentina. La soap creata dalla Disney Sud America in collaborazione con Disney Europe, va in onda in ‘appena’ 20 nazioni dal 2012, è telenovela ufficialmente destinata ai bambini dagli 8 ai 12 anni (format già collaudato un paio di anni fa con Il mondo di Patty), ha conquistato Sud America, Europa fino all’Ucraina, Israele, in Italia è visibile su Disney Channel, Rai Gulp e Yoyo, ha avuto un successo immediato al di là delle più rosee aspettative della gioiosa macchina da guerra che l’ha ideata come alternativa al precedente del genere, Hanna Montana. Grazie al bombardamento del marketing, è la più vista tra le produzioni di Disney Channel, con picchi di ascolto di oltre 400mila spettatori, un vero e proprio fenomeno mediatico planetario: basti pensare che la pagina Facebook supera gli 800mila fan; 28 milioni sono le visualizzazioni su YouTube solo per una canzone della serie, Yo soy asi; c’è un' intera community che ogni mese riunisce più di 220 mila affezionati e riceve 80 mila commenti a settimana; centinaia di migliaia sono i follower. Più che un fenomeno di massa, un affare colossale da una parte, un delirio transcontinentale e trans generazionale dall’altra, o forse trattasi di una nuova deriva dei continenti però di ambito non geologico ma antropologico, culturale, psichico.

Una abile addiction manovrata dai lookmakers

Vuoi o non vuoi, che si abbiano figli o no, il volto di Violetta impostato da lookmakers, sorridente a tal punto da sembrare colpito da paresi facciale e incorniciato da boccoli ramati, lo si ritrova ovunque: cartelloni stradali, al supermercato, in copertine di libri, riviste, diari, e poi astucci, penne, cartelle, trucchi, linee di abbigliamento, t-shirt, bambole e persino prodotti alimentari, uova di cioccolato e involucri di patatine. Merchandising a oltranza a cui sembra corrispondere una pesante addiction (dipendenza) planetaria che si innesta nell’addiction già diffusa da serial tv. L’unica falla nella macchina dei consumi di cui già si è accennato, la mancanza di carta igienica e sanitari con impressi il volto santo. Finché dura fa verdura, dice l’antico adagio. Cavalcare l’onda si può e si deve: così la soap, oltre a un film, è divenuta uno spettacolo, un tour con tutti i personaggi del telefilm, già campione d’incassi in Argentina.

Il tour italiano

Quello italiano, cominciato il 3 gennaio, prima tappa Milano, in tutto 32 tappe, ha appena terminato la tre giorni romana (V day salvifico, uno e trino,10-11-12 gennaio). Al concerto romano al Palalottomatica da osservatori esterni sia pure trascinati a causa di biglietti omaggio a favore della figlia di 8 anni, quasi involontari caschi blu dell’Onu, ci siamo imbattuti nei V-lovers o Vilù, il popolo violaceo dei fan: non paiono pericolosi, ma fanatici sì, scimmiottano la loro diva replicando passi e canzoni se provocati ma anche no. Qui vigeva merchandising partenopeo: parcheggiatori abusivi napoletani che però per l’occasione erano anche rivenditori non ufficiali delle sciarpe di Violetta garantite made in Naples (altro che roba cinese) a soli cinque euro l’una. Fuori i cancelli tutta un’umanità iperattiva dedita a contrastare la crisi del lavoro: bagherini, venditori di gadget, anche il calendario o il cerchietto luminoso più da Minnie però, truccatrici improvvisate pronte a imprimere sul viso di bambine e ragazzine il logo del prodotto. Tribù di V-lovers: padri e bambini (fenomeno nuovo) con la sciarpa dell’amata al collo per una volta al posto di quella della squadra calcistica; bambine delle elementari acconciate in modo da sembrare donne in miniatura; madri con la fascetta della beniamina in testa che sembravano adolescenti invecchiate precocemente. Ovunque genitori iper eccitati malgrado la spesa sostenuta per i biglietti, anche fino a 300 euro, alla faccia della crisi.

Spettacolo ben confezionato con finale ruffiano

Abbiamo visto un musical ben confezionato, niente lasciato al caso, la gioiosa macchina da guerra al lavoro, tra passi di ballo stereotipati, movenze hip hop, vocalizzi dimostrativi, siparietti dall’esito incerto: una classe di ragazzi e ragazze che studiano e tengono la testa a posto non per prendersi una laurea, né una Laura, ma per inseguire la celebrità. Violetta-Martina sa muoversi con disinvoltura come una star consumata, cala sul palco da un’altalena e il pubblico va subito in delirio; duetta con Leon, uno dei protagonisti del suo casto triangolo amoroso (l’altro è Diego); poi si scatena sui tre livelli del palco con tanto di moon boots argentati e vestitini audaci quanto basta perché le minidive della Disney non devono essere troppo provocanti. Gran finale ruffiano: Violetta fasciata dalla bandiera italiana circondata dagli amici in maglia azzurra che sembrano più giocatori della nazionale che ballerini, ascende al cielo grazie alla solita altalena, ridiscende fino a congedarsi sotto una pioggia di cuoricini viola.

Il vero spettacolo è nella platea

Un’ora e mezza di prove canore e salti, ma il vero spettacolo l’ha offerto la platea: abbiamo visto genitori-figli sdilinquirsi, ‘nativi digitali’ intenti a riprendere Violetta e company con smartphone e Ipad e tra una ripresa e l’altra riposarsi smanettando il Nintendo. Nulla di nuovo, si dirà: ci furono Grease, Happy days, Saranno famosi, ci fu Flash Dance, fino ai recenti High School Musical, il Mondo di Patty e Hannah Montana. Ma questa costipazione viola è senza precedenti per forza di penetrazione, capacità di adescare neoconsumatori precocissimi di 6 ma persino 4 anni e uniformarli ai consumatori di 14 ma anche 40, 50, 70 anni. Perché? Sarà perché la soap sudamericana destinata ai bambini piace anche alle madri e alle nonne per via di una trama semplice e sentimentale. O perché il sistema valoriale di riferimento è quello televisivo e la serie astutamente non fa che replicarlo e confermarlo.

L'età della competizione si abbassa sempre di più

Il meccanismo competitivo alla base del talent show, genere che dilaga in tv dalla musica alla cucina, è ben riprodotto nella serie. Violetta, che diventa la rock star della scuola, sembra l'Emma Marrone, l'Alessandra Amoroso o il Marco Mengoni della realtà televisiva nostrana. Il contesto tra musica, canzoni, prove, sfide, ricalca quello di Amici o The Voice o X Factor. Le relazioni tra ragazzi e ragazze sembrano ispirate al format Mediaset Uomini e donne. Ma questa roba cosa c’entra con il mondo di bambini e bambine di 6, 7, 8 anni? Che razza di modello relazionale e femminile contagia il pianeta? Bellissima di Visconti è lontanissimo. Ma anche il Tempo delle mele lo è. Candy Candy che pure aveva i suoi difettucci sembra Catone il Censore al femminile; Winx e Bratz che in Italia andavano per la maggiore fino a un paio di anni fa paiono a confronto educande. Suvvia! Non sottilizziamo e non facciamo i bacchettoni. Bisogna rottamare non solo in politica. E poi in fondo Violetta-Martina racconta la favola di sempre sia pure aggiornata: vive in un ambiente agiato, studia per diventare una star, rincorre i ragazzi tra prendi e lascia, compete con le coetanee bullette (tale Ludmilla), ama lo smalto multicolor, i trucchi glitterati, le zeppe, i vestitini e le gonne di tulle color rosa cipria. L’importante nella vita è cantare, ballare, diventare famosi, non farsi domande, non avere moti d’inquietudine, eliminare i peli superflui e affidarsi da subito a un buon centro estetico. Pazienza se le precedenti minidive create dalla Disney, schiacciate dall’ingranaggio, hanno fatto una fine più o meno ingloriosa. In attesa che l’opera di annichilimento di massa si compia del tutto e l’audience inglobi i consumatori in fasce, è facile prevedere un mondo (dopo la folla di Sue Ellen, Jessica, Pamela, Deborah e altre) non di viole del pensiero, ma di Violette. ‘Traviate’ for ever, dalla culla alla tomba.

Piera Lombardi

14/01/2014 www.controlacrisi.org

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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