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Riflessione sul concetto di salute. Un tema alieno per quest'altro governo imposto dagli interessi dei poteri di morte

Post n°8627 pubblicato il 23 Febbraio 2014 da cile54


La salute diritto fondamentale

Il concetto di «salute» ha uno spettro assai vasto di significati, che rinviano alle diverse dimensioni costitutive dell’identità del soggetto umano; in esso si riflette l’unità e la molteplicità, nonché la relazionalità, della persona. L’idea che soggiace a tale concetto è quella di integrità e di completezza, che si estende oltre i limiti della vita fisica includendo le relazioni intersoggettive (e sociali) e la loro elaborazione culturale. È del resto la stessa Organizzazione mondiale della salute (Oms) a definirla così, mettendo in evidenza come la salute non è riducibile al livello fisico, ma include anche il livello psicologico e quello sociale.

Tentazioni odierne

Nonostante sia cresciuta la consapevolezza di questa visione alta della salute non mancano oggi interpretazioni unilaterali e riduttive.

La prima di queste è dovuta alla crescita della specializzazione in campo medico-sanitario; specializzazione, che, pur avendo ricadute positive a livello terapeutico, rischia di condurre, se radicalizzata, a una segmentazione che impedisce la comprensione unitaria dell’essere umano. La tendenza che, in questo caso, prevale è infatti a curare la parte malata, dimenticando che si tratta di un segmento dell’uomo malato che deve invece essere coinvolto nella sua integralità.

La seconda interpretazione è, invece, legata alla febbre igienista e salutista, accentuatasi negli ultimi decenni grazie all’avanzamento di pratiche che conducono a una esagerata attenzione al corpo – il corpo bello e sano (non certo quello malato o quello deforme che vengono invece rimossi) – che finisce per impedire l’integrazione degli elementi costitutivi dell’umano nella totalità della persona. Si tratta di una ipervalutazione del corpo, concepito come corpo oggetto, e di conseguenza sottratto alla soggettività personale. A determinare questa visione ha concorso (e concorre) la cultura consumista dominante, che tende a tutto mercificare e che rende impossibile l’inserimento del corpo entro un orizzonte contrassegnato dal riferimento a parametri personalisti.

Il concetto di salute non può essere ridotto all’efficienza fisica o alla capacità di provare piacere; deve integrare realisticamente anche gli aspetti di limitazione e di sofferenza propri della esperienza umana, senza rinunciare a coltivare, nel contempo, la speranza di un loro, sia pure parziale, superamento. La sofferenza fa parte della vita dell’uomo; se è vero che essa deve essere, per quanto è possibile, debellata, non è meno vero che la sua persistenza esige che si proceda alla sua positiva elaborazione. La salute, in quanto completo bene-essere della persona esige una costante educazione del desiderio a introiettare il limite come condizione per una corretta acquisizione delle possibilità e per la coltivazione dell’impegno a dare ad esse concreto sviluppo.

Diritto alla salute e criteri etici

Intesa nel senso precisato la salute costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo, sancito dalle Carte dei diritti umani e dalle Costituzioni dei paesi democratici, non esclusa quella italiana, che ne precisa il significato sottolineando che si tratta di un «fondamentale diritto della persona» e di un «interesse della collettività» (art. 32). La salute è infatti un bene primario, che corrisponde a un’esigenza fondamentale dell’uomo e costituisce il presupposto per il conseguimento di altri beni. Le legislazioni degli Stati definiscono poi i contenuti del diritto alla salute, sottolineando la responsabilità delle istituzioni pubbliche nei confronti della prevenzione, della cura e dell’assistenza alla malattia, nonché della promozione della ricerca scientifica.

L’esercizio concreto di tale diritto implica l’elaborazione di paradigmi etici fondati su una visione

insieme personale e sociale della giustizia, attenta cioè ad interpretare le esigenze delle singole persone e a rispettare, nel contempo le esigenze di tutti. È importante infatti garantire la libera espressione del singolo favorendo la tutela del suo benessere personale, ed è insieme necessario superare ogni discriminazione, ripristinando l’uguaglianza negli interessi nel caso di sperequazioni.

Il principio di giustizia deve allora tradursi nell’adozione di due criteri che vanno strettamente correlati tra loro.

Il primo è il criterio dell’imparzialità, fondato sull’uguale dignità di tutti gli esseri umani, e dunque sull’esigenza che tutti fruiscano del medesimo trattamento in campo di assistenza sanitaria.

Il secondo è il criterio della equa distribuzione delle risorse, fondato sul riconoscimento della solidarietà tra tutti gli uomini, il quale comporta che a tutti venga offerta uguale possibilità di accesso al bene della salute. Il fatto che le risorse disponibili siano limitate crea inevitabilmente grosse difficoltà a decifrare con precisione le preferenze distributive. Frequenti sono le situazioni di conflitto, causate sia dal rapporto tra il bene della salute e altri beni sociali cui occorre far fronte, sia dal rapporto, all’interno dello stesso sistema sanitario, tra le diverse prestazioni (cura, prevenzione, riabilitazione, ricerca scientifica, informazione, ecc.) che vanno offerte.

La riforma dello Stato sociale

La condizione perché si pratichi un corretto esercizio del diritto alla salute è la presenza di istituzioni pubbliche efficienti. La crisi che attraversa oggi in Occidente lo Stato sociale (Welfare State) costituisce, a tale proposito, un dato allarmante. I limiti di una gestione eccessivamente burocratica, centralizzata e dispendiosa, come quella che si è verificata nei decenni trascorsi, fanno sì che si tenda oggi a ridimensionarlo, e che vi sia persino il rischio di decretarne la soppressione, privando di garanzie fondamentali la vita dei cittadini, in particolare di quelli appartenenti alle fasce più povere. Urgente è perciò la ricerca di un nuovo modello gestionale, che ne corregga le deficienze, senza depauperare la qualità dei servizi; un modello che renda, in altri termini, compatibile l’assicurazione a tutti di un’adeguata prestazione sanitaria con il contenimento dei costi delle prestazioni.

La prima (e più importante) condizione perché questo avvenga è l’affermarsi, sul piano strutturale, di un rapporto costruttivo tra soggettività sociali e istituzioni pubbliche; un rapporto volto a favorire lo sviluppo di forme di partecipazione e di corresponsabilizzazione, le quali, oltre a far crescere la coscienza dei doveri che ciascuno ha verso il bene comune, concorrano a migliorare la gestione dei servizi e a determinare la riduzione delle spese. L’assegnazione di centralità alla società, nel superamento tanto della tentazione statalista che di quella individualista, e la contemporanea promozione del valore della solidarietà sono garanzia di produttività non solo economica, ma anche (e soprattutto) umana e sociale. Dando spazio alla libera espressione delle potenzialità individuali e dei gruppi di aggregazione sociale presenti sul territorio si creano infatti le premesse per una conduzione dello Stato sociale più adeguata alle esigenze degli utenti.

A questo deve aggiungersi un impegno specifico per la qualificazione umana e professionale del personale sanitario. La valutazione della qualità dei servizi non va data soltanto sulla base dell’efficienza delle prestazioni tecniche (per quanto fondamentale), ma anche (e soprattutto) sulla base della personalizzazione delle cure mediche, frutto di una formazione «umanistica» per la quale la salute viene considerata come un processo umano globale.

Riappropriazione della salute da parte dei cittadini

La crescente medicalizzazione e l’eccessiva concentrazione degli sforzi a livello istituzionale hanno prodotto una sempre maggiore espropriazione delle possibilità di azione dei singoli cittadini. La salute è sempre meno percepita come un bene di cui ciascuno deve anzitutto farsi carico, ed è invece sempre più considerata come semplice frutto di prestazioni erogate da competenze specialistiche e settoriali. La custodia della salute va invece promossa sollecitando ogni cittadino a riappropriarsene, a preoccuparsi cioè direttamente del proprio benessere psico-fisico e sociale mediante l’adozione di stili di vita che favoriscano la crescita armoniosa della persona in rapporto con il proprio corpo e con l’ambiente circostante.

Il perseguimento degli obiettivi qui evidenziati comporta la promozione di una cultura incentrata su un concetto globale di salute attento alla qualità della vita e alla ricerca dell’equilibrio tra beni materiali e beni immateriali. Una cultura, che aiuti la persona ad integrare in se stessa, in modo armonico, le potenzialità derivanti dai vari livelli della propria personalità, così da restituire, anche nelle situazioni più difficili, un significato autentico alla propria esistenza.

Giannino Piana 

Fonte:  “Rocca” n. 4 del 157272014

 
 
 
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