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Loriano Macchiavelli giallista, inventore della serie dedicata a Sarti Antonio, a sostegno del quotidiano Liberazione

Post n°4180 pubblicato il 29 Dicembre 2010 da cile54

«Con voi più facile capire l'assurdo romanzo italiano»

 

«In che paese viviamo? Per essere uno che inventa storie, più cerco di capire più mi sembra di sentirmi in un romanzo. Un romanzo classico in cui tutti quelli che dicono cose in realtà ne pensano e ne fanno altre, in cui si aspetta il finale per disvelare il mistero».

Loriano Macchiavelli, gioca nella sua scrittura con l'idea di crimine e di mistero da svelare, dal ciclo dei noir che hanno come protagonista un poliziotto particolare, Sarti Antonio, ai tentativi di dare una spiegazione a quelli che sono gli aspetti oscuri della storia italiana. Solo pochi mesi fa è stato ristampato un suo libro, La strage, con cui ha provato a dare una chiave di lettura a quanto accadde il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Il volume uscì 20 anni fa ma venne immediatamente tolto dagli scaffali perché uno dei personaggi coinvolti in quegli eventi ne chiese il sequestro. Riletto oggi non ha perso nulla della sua cruda e inquietante attualità.

«Sì, siamo in un romanzo incredibile, pensato e realizzato da uno scrittore veramente perverso. I personaggi che ne fanno parte si inventano una storia e ce la fanno passare per vera, quando la realtà è diversa. Forse la politica è sempre stata così? O siamo solo noi che la capiamo tardi? Per fortuna i ragazzi di oggi sembrano più capaci di utilizzare gli strumenti dell'informazione e di non restarne prigionieri, riuscendo a non pensarla come il manovratore. Ed è utile che ci siano strumenti, anche come Liberazione, che in questo romanzo assurdo, lasciano indizi che permettono di comprendere meglio quanto accade». Machiavelli rivolge lo sguardo anche ai limiti della sinistra: «Si è in braghe di tela e si continua a fare come se niente fosse. A vivere amenamente in questa commedia degli equivoci dove c'è chi si allea con uno e poi con la sua controparte senza dover spiegare per quali ragioni. Nelle altre democrazie chi viene sconfitto sonoramente di solito si ritira dalla vita politica e lascia posto ad altri, da noi al massimo si sparisce per sei mesi o un anno per poi tornare come se nulla fosse. E l'informazione segue gli stessi canoni: io credevo molto nella professione del giornalista e oggi mi ritrovo a vederne che si comportano alla stessa stregua di certi politici, li vedo in tv che si trasformano in iene e si accapigliano per difendere coloro per cui sono al servizio o chi li paga meglio. Dovrebbero fare il proprio mestiere e farlo meglio credo. Voi di Liberazione ma non solo, siete eccezioni, eccezioni che purtroppo finiscono con il parlare solo a coloro che sono già allertati, che hanno già affinato senso critico».

E la metafora del romanzo risulta ancora più adatta secondo lo scrittore:«Perché, come in ogni romanzo che si rispetti, ci sono voci scomode che vanno spente. O eliminate - e il mercato è uno degli strumenti adoperati - o addomesticate, rese compatibili con la trama, o peggio ancora, come capita in questi giorni con gli studenti, criminalizzate, indiziate, descritte come il male pericoloso da cui difendersi. Dal romanzo va espunto chi non la pensa come la voce narrante. Io quello che ho provato a fare con La strage è stato il tentativo di fornire le informazioni giuste, ricostruire le ragioni e le motivazioni che hanno portato a quell'eccidio. Non ho potuto mettere nomi e cognomi perché, come diceva Pasolini, non ho le prove. Il romanzo di oggi è ad un altro livello, se siamo capaci di leggerlo potremmo scoprire chi è il vero capo del governo e perché agisce così. Se riusciamo a fare questo potremmo scriverlo collettivamente un altro romanzo, in cui la realtà si mostri per quella che è».

Perché in effetti, uscendo fuori dalla metafora, chi comanda oggi non accetta né dissenso né desideri, secondo Macchiavelli una scelta pericolosamente miope:«Bisognerebbe che la politica prestasse ascolto a questo dissenso e a questi desideri. Come fa la Gelmini a dire che si tratta solo di una minoranza, anche se è minoranza va ascoltata. E come si fa a far passare quanto accade come opera di "delinquenti", di persone che non vogliono il bene comune. Io non sopporto neanche una politica e una informazione che si dichiarino al di sopra delle parti, si è dentro le parti. Inutile agitare lo spettro del terrorismo, è una trappola in cui non si vuole cadere. E i ragazzi che oggi protestano non debbono sentirsi in colpa, debbono esprimere desideri, pensiero, manifestare esigenze». Ed è evidente il ruolo centrale che assume l'informazione, è vero che nel mondo giovanile c'è, rispetto alle esperienze passate, una grande capacità di utilizzo delle nuove tecnologie, ci sono i sistemi di relazione che permettono di comunicare senza dover passare per i canali ufficiali ma anche i giornali possono avere, secondo Macchiavelli un loro ruolo:«Come lettore quasi quotidiano di Liberazione credo che il giornale possa ancora migliorare. Dovrebbe poter arrivare ad una platea più ampia, che comprenda anche chi non è totalmente schierato ed è a metà strada. Mi rendo conto del ricatto economico, della difficoltà ad andare avanti ma bisognerebbe anche riprendere un impegno individuale mediante il quale ogni lettore diventi un diffusore del giornale. In secondo luogo bisogna investire sul web, restando consapevoli che questo taglia una fascia di potenziali soggetti che non utilizzano la tecnologia. Poi ci sarebbe la sfida più importante. Quella di far connettere, anche dal punto di vista dell'informazione, le diverse esperienze europee. Sarebbe un sogno avere una testata capace di interconnettere le esperienze continentali perché il vero contesto su cui si agisce oggi è quello. La crisi dell' "informazione minoritaria" ha queste dimensioni e Il territorio nazionale è limitante, quindi bisognerebbe analizzare e rilanciare. Sarebbe un modo per fare un salto di qualità nell'informazione in cui il ruolo di Liberazione potrebbe essere molto forte».

Stefano Galieni 

28/12/2010

 
 
 
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