RACCONTI & OPINIONI

Riceviamo, condividiamo e pubblichiamo. Due riflessioni sul 17 Marzo.


LA LUNGA NOTTE DELLA MEMORIA Dai cacciatori delle Alpi di Garibaldi alla guerra di Crimea, dalle montagne del Carso alle azioni partigiane sulle colline biellesi e valsesiane, la mia famiglia e quella di mia moglie hanno onorato la bandiera, la stessa che qualche ministro della repubblica di tanto in tanto vorrebbe buttare nel cesso. Con costoro non apro diatribe. Dopo essere stato a San Martino, a Calatafimi o a Marsala, a Redipuglia, Marzabotto o alla risiera di San sabba, l’unica risposta sensata nei loro confronti è il SILENZIO, perché ormai il loro è diventato un disco rotto, che ogni tanto ci ricorda che con la Divina Commedia non si mangia o che bisogna proibire i libri che non concordano maggiormente con la giustificazione storica di un’ipotetica isola che non c’è, ovvero la mitica Padania, e sulla cui linea si è adeguata anche l’interpretazione cinematografica che narra la discesa del Barbarossa contro i comuni. Per costoro il giorno adatto sarebbe il 29 maggio, che ricorda la battaglia di Legnano. Ci sono poi i rappresentanti di altre categorie sociali pragmatiste, le quali non gradiscono i festeggiamenti patriottici per uno spirito pratico motivandolo con la perdita della produttività e giustificandolo con l’amor di patria, in questo momento di crisi economica. Sono i rappresentanti di quelle categorie imprenditoriali e produttive della Nazione, all’interno delle quali non sono tutti uomini stupendi come Adriano Olivetti o Enrico Mattei. C’è anche una schiera di gente che onora la patria (si fa per dire) evadendo le tasse per l’equivalente di molte finanziarie e portando i soldi all’estero. Infine ci sono i peggiori, i rappresentanti ministeriali di una categoria che conosco bene, che hanno accettato la vacanza a malincuore: quelli che fanno capo al ministero dell’istruzione, che avrebbero il compito primario di consegnare alle generazioni della discoteca e dei fast food la memoria storica delle bellezze e delle sofferenze del popolo a cui appartengono, incrementando nei nostri giovani il ricordo di quell’altra gioventù, quella dei Gofredo Mameli o dei Carlo Pisacane o di quella torturata nelle prigioni dai nazifascisti. Questo servirebbe a far sì che l’attuale gioventù non esaurisca i suoi anni migliori nelle discoteche o negli sballi. Ritengo che la sottovalutazione da parte del ministro di tali ricorrenze che riguardano la patria, vada di pari passo alla demonizzazione della scuola pubblica definendola ideologica ed è proprio questo un errore ideologico irreparabile. Ho insegnato per molti anni in scuole di ogni ordine e grado e per molto tempo a Biella ed è per questo che ricordo ai biellesi di non trasmettere ai propri figli l’abitudine a sottovalutare le ricorrenze importanti come il 25 aprile o il 17 marzo, ma che al contrario li rendano fieri di vivere in una città, medaglia d’oro della resistenza. Lo ricordo in particolare a quei genitori che ormai si sono arresi a sostituire ai padri della patria i palazzinari o i celoduristi. E rammento ancora ai governanti che, quando questa morte del pensiero e della cultura cesserà, il loro scarso entusiasmo per simili occasioni, oltre che per gli attacchi abietti alla scuola pubblica, avrà creato delle ferite insanabili ai nostri figli. Credo che non sia mai giusto sacrificare gli ideali e la cultura per un tozzo di pane, poiché come diceva quel tale che i romani hanno crocifisso come zelote-terrorista, non di solo pane vive l’uomo (Mt 4,1-11). E altrettanto auspicabile, parafrasando la canzone di Vecchioni, che la notte un giorno finirà. Professor Roberto Ettore Bertagnolio