Voci di donne migranti Per molti anni gli studi sul fenomeno migratorio hanno, nel loro sguardo, trascurato le peculiarità di genere, considerando quasi esclusivamente il prototipo del migrante maschio o dimenticando di specificare le differenze che intervengono quando a migrare è una donna. “Voci di donne migranti”, il libro a cura di Claudia Carabini, Dina De Rosa, Cristina Zaremba, parte invece proprio da quelle peculiarità trascurate per ricostruire i percorsi, non solo e non tanto fisici, che accompagnano una donna nel suo migrare. Lo fa attraverso ventuno racconti che danno voce a storie, tutte diverse, ma tutte legate dal filo rosso della maternità. Dire cosa vuol dire essere o diventare madri lontano dagli affetti e dalle tradizioni culturali di origine, in un mondo che spesso è da loro avvertito come sordo e muto rispetto alle loro necessità, è stata l’occasione per narrare anche altro: identità perdute, aspettative e delusioni, solitudini, coraggio, forza, riscatto sociale. Le curatrici, durante il lavoro di ricerca, hanno cercato di dare a queste ventuno donne la possibilità, forse per la prima volta, di raccontarsi. Hanno scelto di avvalersi della metodologia autobiografica, “traducendo” i loro racconti in una veste che sottolinea differenze e somiglianze in cui ci si può riconoscere o scoprire diverse, ma in ogni caso lontane dagli stereotipi che enfatizzano le differenze come pericolose e accrescono diffidenza e paura. Una lettura che disegna intorno al lettore un cerchio immaginario di voci che si specchiano e si scoprono e nel farlo costruiscono la soggettività migrante insieme a quella femminile. Racconti che lasciano dentro un subbuglio emotivo e che ricordano, secondo Maura Cossutta, i luoghi dei collettivi femminili “sempre pieni di fumo e di parole e ognuna di noi scopriva il piacere e l’importanza del racconto di sé e dell’ascolto dell’altra: sapevamo che stavamo sperimentando un modo di essere, prima ancora che di vivere. Stavamo insieme, diverse tra noi, ma cercando tra noi la similitudine, per scoprire una forza possibile e comune”. Scrive Antonella Martini nel saggio “Una fine senza pace...” in coda ai ventuno racconti: “le storie di queste donne non possono e non devono rappresentare una ’fine’, bensì un inizio. L’inizio di un qualcosa di nuovo e di diverso nel nostro modo di relazionarci con gli ’altri’, con le ’altre’, con coloro che vengono da un altrove geograficamente e culturalmente diverso, eppure – per alcuni aspetti – simile al nostro, che vivono nel nostro paese e con cui conviviamo e interagiamo quotidianamente”. Sono donne le cui scelte di vita sono visceralmente connesse con culture e politiche, guerre e crisi economiche, mercato del lavoro e servizi socio-sanitari. Donne il cui pensiero più pressante è quasi sempre rivolto ai figli e alla loro accoglienza in un Italia che non sa ancora se li riconoscerà come suoi cittadini in tutto e per tutto, nonostante vivano qui sin dalla nascita. Una lettura che, anche grazie ai contributi di Isabella Peretti, Cecilia Bartoli e Mercedes Frias, invita a uno sguardo che rifugge dal razzismo e dalla xenofobia dilaganti nel nostro paese, in questi giorni, di guerra e di sbarchi a Lampedusa descritti e gestiti come invasioni, più che mai. La speranza delle curatrici è che esso possa essere una piccola struttura di quel ponte di cui scrive Claudio Magris in “L’infinito viaggiare”: “Alle genti di una riva quelle della riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizi nei confronti di chi vive sull’altra sponda. Ma se ci si mette a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale paese si sia, si ritrova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo”. Claudia Carabini, Dina De Rosa, Cristina Zaremba: Voci di donne migranti, Ediesse 2011, pagg. 320 ISBN: 88-230-1554-8Antonia Cosentino
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