RACCONTI & OPINIONI

La lobby di Dio, un libro-inchiesta sul sistema di potere leghista e berlusconiano in Lombardia


Milano tra destra e Cl Un laboratorio a rischio Milano vacilla. Il Pdl è nervoso. L'affaire dei manifesti contro i pm ha gettato scompiglio nei vertici berlusconiani. E per fortuna che il malcapitato - si fa per dire - Lassini, ispiratore della frase "Via le Br dalle procure", ha accettato di fare pubblicamente da capo espiatorio addossandosi l'intera responsabilità per una faccenda di cui le alte sfere non potevano essere all'oscuro. Letizia Moratti teme davvero di perderle, le prossime amministrative. Milano, è il caso di ricordarlo, è da oltre un decennio a questa parte il laboratorio più collaudato di governo del territorio nelle mani della destra. Basta scorrere gli elenchi. Saldamente in mano ai socialisti dal '67 al '93, la città passa dopo la bufera di tangentopoli sotto il controllo della Lega prima (con Formentini fu l'esordio dei leghisti alla guida di una metropoli) e di Forza Italia poi, fino all'attuale sindaco Letizia Moratti targata Pdl.Milano, però, è anche sinonimo di Comunione e Liberazione o - se si preferisce, di Compagnia delle opere, un vero e proprio network di 34 mila imprese presente in settanta paesi del mondo, con oltre trecentomila aderenti. La Lombardia di Formigoni è il principale scenario su scala nazionale dei core business della Cdo: privatizzazione della sanità, scuole private, assistenza agli anziani, servizi alle imprese, come ci spiega un esperto in materia, Ferruccio Pinotti, autore del libro-inchiesta La lobby di Dio (chiarelettere, pp. 466, euro 16,60).«Il sistema di potere ciellino - scrive Pinotti - è in grado di distribuire opportunità di affari, di creare e selezionare i potenti e di affidare a uomini fedeli le poltrone che contano. Si tratta di un sistema di privati a controllo pubblico, dove il controllo non è organizzato per garantire una libera concorrenza, ma per verificare che siano gli "amici" a prevalere e ad assicurare l'impostazione confessionale e affaristica più opportuna. In Lombardia, per esempio, non si privatizza il pubblico, ma si statalizza il privato, centralizzandone il controllo... In realtà come la Lombardia (ma non solo) la politica è a forte impronta ciellina». Un sistema capillare di cui fanno parte scuole private, cliniche, associazioni no profit e imprese associate alla Cdo, le cui ramificazioni arrivano all'interno di ospedali e società a partecipazione pubblica per mezzo di assunzioni pilotate. Ognuna di queste "agenzie", la clinica come la banca, l'impresa come l'ente no-profit che raccoglie il cibo donato alle uscite dei supermercati, può diventare strumento di «raccolta di consensi, voti e preferenze». Governance poiltica ed economica del territorio, certo. «Poca religione, molta finanza», scrive Pinotti. Le cronache, puntuali ogni anno, restituiscono i quadretti delle kermesse di Cl a Rimini. Nelle prime file c'è sempre il fior fiore dell'economia e della finanza italiana. Eppure, Comunione e liberazione, erede del movimento fondato da Luigi Giussani, non è esattamente la fotocopia dell'Opus dei, un network esclusivo di personaggi dell'alta società, politici, imprenditori, banchieri, docenti universitari. In Cl, accanto al manager puoi trovare la parrocchia, il consultorio o l'associazione no-profit che opera nel sociale. Cl non ha solo l'hardware del potere, dispone anche di un repertorio di valori, certo, di una religione riletta a proprio uso e consumo, conciliata col mondo e col business, in ogni caso corredata da un software ideologico. Un sistema di valori all'interno del quale possono convivere banchieri come laici dediti alla castità e all'obbedienza più rigorosa. Denaro e ascetismo, insomma. La parola chiave, il mantra, è la sussidiarietà, la compenetrazione di imprese private e no profit col pubblico nell'erogazione dei servizi al cittadino. Ma il «fine nascosto» è «la confessionalizzazione della società attraverso il controllo del potere».Torniamo alla Lombardia. Qui «l'assistenza sanitaria è per Cl una grande opportunità d'affari, fondata sull'attacco al settore pubblico e sulla volontà di affermare una sanità convenzionata e "rimborsata". La posta in gioco è enorme: un giro d'affari di oltre 16 miliardi di euro, e il 30 per cento finisce in tasca alle lobby private. Questo solo in Lombardia. Lo spostamento di ingenti risorse dal pubblico al privato è uno dei tratti caratteristici con cui il governatore Formigoni ha gestito la sanità in tutti questi anni. Ospedali, medici, case di cura, farmaci e tutto ciò che vi ruota intorno rappresentano il 70 per cento del bilancio regionale». Tonino Bucci22/04/2011www.liberazione.it