RACCONTI & OPINIONI

27 aprile a Napoli, Roma e Genova, in piazza glii operatori sociali, familiari degli utenti dei servizi socio-assistenziali


Il welfare non si costruisce giocando al risparmioLa mobilitazione degli operatori sociali della Campania rappresentati dal comitato "Il welfare non è un lusso" è diventata nazionale, unendo per la prima volta in modo trasversale associazionismo laico e cattolico, volontariato e cooperazione sociale. Parte così dal Sud, in un moto a ritroso lungo la penisola italiana, la risposta unitaria del mondo sociale alla crisi del welfare, che rischia il tracollo definitivo. Gli ultimi dati dell'Istat ci confermano che la spesa per il welfare è molto al di sotto della media europea e che ci sono ancora squilibri tra Nord e Sud, visto che il Mezzogiorno presenta i livelli più bassi di spesa media pro capite (52 euro), circa tre volte inferiore a quella del Nord-Est (155 euro). Ma l'assurda riduzione di oltre l'80% dei fondi nazionali per il sociale - passati dai 2 miliardi 527 milioni del 2008 ai poco più di 545 milioni previsti per il 2011 - sta mettendo in ginocchio tutti i sistemi di welfare locale, in ogni parte d'Italia. Per questo, mercoledì 27 aprile a Napoli, Roma e Genova scenderemo in piazza con migliaia di operatori sociali ma anche di familiari degli utenti dei servizi socio-assistenziali e di cittadini con lo slogan "Il welfare non è un lusso!" per la prima manifestazione nazionale per le politiche sociali promossa dal gruppo di organizzazioni campane insieme a quelle del Roma Social Pride e alla rete di associazioni - tra cui Auser e Fish - che aderiscono alla campagna "I Diritti alzano la voce". In contemporanea nelle altre città italiane si organizzeranno sit in di protesta e volantinaggi presso le sedi delle prefetture locali. A Napoli il corteo partirà da piazza Dante alle 9,30 per arrivare, attraverso le vie del centro, a piazza del Plebiscito: qui gli operatori sociali intendono costruire una montagna di mutande vecchie, un monumento simbolico al degrado, per sottolineare la decadenza del welfare e del tempo presente, e lo stato in cui chi ci governa ha ridotto tutti, soprattutto le persone più fragili. Anziani, disabili, bambini, immigrati resteranno senza assistenza se non si pone un freno alla crisi del welfare e non si torna a investire nelle politiche sociali, e migliaia di operatori sociali saranno senza lavoro. A Roma il coordinamento delle realtà impegnate nel sociale, fra cui le cooperative sociali capitoline, si è dato appuntamento sulla scalinata del Campidoglio a partire dalle 10,30, mentre a Genova i manifestanti si raduneranno alle 11,30 a largo Eros Lanfranco, presso la Prefettura locale, dove distribuiranno fiori neri (a simbolo di lutto per la "morte" del welfare). Delegazioni chiederanno di essere ricevute dai Prefetti, ai quali consegneremo le nostre richieste al Governo. Prima fra tutte quella di ripristinare il Fondo nazionale per la spesa sociale e il Fondo per la non autosufficienza, ma anche quella di introdurre misure di contrasto alla povertà, come accade in ogni Paese che sia degno di stare in Europa, e di definire una volta per tutte i livelli essenziali di assistenza, vale a dire quegli standard basilari di assistenza sociale che devono essere garantiti a tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione in cui abitano, e che compete allo Stato determinare, così come prevede la Costituzione.  Quello che chiederemo in piazza il 27 aprile in tutta Italia, è un welfare che risponda ai bisogni concreti delle persone e tuteli dunque i diritti di cittadinanza come diritti costituzionali. Vogliamo un federalismo solidale, in cui le politiche sociali non siano più marginali. Perciò chiameremo in piazza i lavoratori sociali ma anche e soprattutto i cittadini, perché il welfare non è un problema legato alla fragilità delle persone, né semplicemente agli "ultimi" e, quindi, alle persone più in difficoltà. E' questione che riguarda tutti, perché prima o poi a tutti può capitare di essere fragili, di andare incontro a problemi di non autosufficienza, di povertà, di solitudine. Bisogna perciò sfatare anche la mistificazione che le politiche sociali siano un investimento a perdere, poiché è, al contrario, economicamente più conveniente sostenere un adeguato sistema di risposte sociali, visto che solo così si creano le condizioni per lo sviluppo e per città più giuste e più sicure. Solo con un welfare forte si potranno liberare le famiglie, in primo luogo le donne, dal peso del lavoro di cura dei propri cari. Il welfare non si costruisce giocando al risparmio, delegando gli interventi di cura e assistenza a cooperative e associazioni, a costi ridotti. Non si può portare avanti prevedendo in bilancio risorse insufficienti per servizi indispensabili. E non si può trasformare in carità o assistenzialismo. Ciò che non è più sostenibile nel nostro Paese è che il 10 per cento della popolazione debba detenere il 45% della ricchezza e oltre il 50% dei cittadini italiani appena il 10%. Quel che non si può più sopportare dell'Italia sono i 300 miliardi di evasione fiscale che si stimano e i 60 miliardi dilapidati per la corruzione: ecco da dove prendere le risorse per il welfare.  Sergio D'Angeloportavoce "Il welfare non è un lusso"25 aprile 2011www.liberazione.it