RACCONTI & OPINIONI

Porto Marghera oggi è come il far west, immense aree dismesse, un luogo strategico che fa gola a molti


Mobilitazioni in vista per Porto Marghera La fine del ciclo del cloro a Porto Marghera era la richiesta di un referendum popolare del 2006 partecipato da 80mila persone. Ora che quella fine sta per diventare realtà non è aria di festeggiamenti. Per settembre è prevista una nuova mobilitazione: un sondaggio di massa attraverso questionari per capire che destino vogliono gli abitanti di Marghera per l’immensa zona industriale. «Stiamo arrivando al tramonto di quel tipo di produzione così come avevamo previsto – racconta Roberto Trevisan dell’assemblea contro il rischio chimico -, il mercato del pvc è crollato per la crisi, arriviamo a questo punto per inerzia, senza programmazione politica, senza alternative e con le bonifiche al palo». E’ dal 2009 che la Vinilys, la più grande industria chimica italiana – stabilimenti a Marghera, Ravenna e Porto Torres – è in crisi: nel 2008 l’inglese Ineos, azionista unico della Vinyls, ha abbandonato la produzione in Italia. L’industriale Fiorenzo Sartor, nel 2009, ha comprato la Vilnys, ma dopo meno di un mese ha gettato la spugna. Da qui il commissariamento e lo stop della produzione. Le offerte per l’acquisto non abbondano e, se ci sono, riguardano gli impianti di Ravenna e Porto Torres. Per i 160 operai dello stabilimento di porto Marghera, impegnati in una lotta disperata che gli ha condotti sulla cima della torre del petrolchimico un recente intervento della Regione dovrebbe garantire la copertura totale della cassa integrazione. Questa è l’unica buona notizia per gli operai del ciclo del cloro. Per gli abitanti di Marghera, reduci da decenni di nocività e lutti, nulla di chiaro e definito: «Porto Marghera oggi è come il far west, immense aree dismesse, un luogo strategico che fa gola a molti, c’è pure la possibilità che il peggio della vecchia gestione dell’area industriale ritorni realtà» sottolinea Trevisan. Come nel caso dell’inceneritore Sg3 che una cordata di discussi imprenditori come Jeroncich e Gaviol, vecchie conoscenze in zona, voleva utilizzare per bruciare rifiuti speciali e tossici da tutta Italia e «rispolverando l’idea di utilizzare Porto Marghera come immondezzaio» denuncia l’esponente ambientalista. Le mobilitazioni dei cittadini e l’azione dell’amministrazione comunale hanno tarpato le ali al progetto delimitando l’utilizzo ai soli rifiuti locali. La logistica sembra la chiave di volta per la riconversione della zona industriale e l’autorità portuale, guidata da Paolo Costa [il commissario del Dal Molin] sembra l’unico soggetto con le risorse economiche e le idee per intervenire concretamente. Di circa un anno fa l’acquisto dell’ex area Agrimont. «Diventare solo uno scalo per container non è detto che sia il destino migliore possibile per Porto Marghera – racconta Trevisan -, per questo è bene che la parola ritorni agli abitanti di Marghera e che le decisioni non rimangano appannaggio degli opachi poteri forti che si affacciano sulla laguna». Gianni Belloni  3/05/2011 www.carta.org