RACCONTI & OPINIONI

Uno studio sui farmaci per trattare persone affette dal morbo di Alzheimeir. Informazione utile anche ai non anziani


Chi è depresso non prenda l’aspirina I ricercatori del Fisher Center for Alzheimer’s Disease Research della Rockefeller University guidati da Paul Greengard, Ph.D., e da Jennifer Warner-Schmidt, Ph.D., hanno dimostrato che i farmaci antinfiammatori (ibuprofene, aspirina e naprossene), riducono l’efficacia della classe più diffusa tra i farmaci antidepressivi, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRIs), utilizzati per il trattamento della depressione, del disturbo ossessivo-compulsivo e dei disturbi d’ansia malgestita.  Questa sorprendente scoperta, pubblicata nel corso dell’aprile 2011 su National Academy of Sciences, potrebbe spiegare il perché tanti pazienti depressi che assumono i farmaci inibitori la ricaptazione di serotonina, nonché SSRIs, non rispondono al trattamento antidepressivo: sembra che vi sia un’interferenza tra l’azione degli antidepressivi e quella degli antiinfiammatori. La sperimentazione è stata eseguita in prima battuta trattando alcuni animali posti in trattamento con antidepressivi, si è visto, esaminando i modelli comportamentali, come le risposte determinate dagli antidepressivi venissero inibite dal trattamento con antinfiammatori. La stessa osservazione è stata osservata anche nella popolazione umana in percentuale considerevole: in assenza di qualsiasi uso antinfiammatorio o analgesico, il 54% dei pazienti ha risposto all’antidepressivo, mentre la percentuale di successo è scesa a circa il 40% per coloro che hanno riportato l’uso di agenti antinfiammatori.  Pur non essendo ancora chiarissimo il meccanismo implicato, si consideri che i farmaci antinfiammatori esercitano almeno in parte la loro azione terapeutica regolamentando la produzione di sostanze definite citochine. Un’ipotesi accreditabile circa l’eziopatogenesi della depressione è supportata dall’osservazione che il livello di citochine negli individui depressi è aumentata rispetto ai controlli sani. Si è quindi partiti dall’ipotesi della possibilità di un’interazione tra gli agenti antidepressivi e gli antinfiammatori ed in effetti si è trovato un antagonismo sia a livello biochimico che a livello delle risposte comportamentali ai farmaci SSRIs. Lo studio assume particolare rilievo quando ci si trova a trattare persone affette dal morbo di Alzheimeir che spesso nel corredo sintomatologico ingravescente presenta anche la depressione quale fattore aggravante. Inoltre non possiamo dimenticare il fatto che nell’anziano la depressione la si ritiene un fattore di rischio proprio per l’Alzheimer, tra le varie espressioni di decadimento delle funzioni cerebrali.  Nell’individuo anziano affetto da malattia di Alzheimer spesso coesistono patologie a carico dell’apparato osteo-articolare, conseguentemente risulta indispensabile l’utilizzo di farmaci antinfiammatori, oltre che di antidepressivi che, come abbiamo visto, oltre ad aggredire la depressione dovrebbero contribuire a rallentare il quadro ingravescente della malattia in essere. Il dott. Greengard si raccomanda sull’onda dei risultati scientifici ottenuti: “i medici dovrebbero bilanciare con attenzione i vantaggi e gli svantaggi di continuare la terapia antinfiammatoria nei pazienti in trattamento con farmaci antidepressivi”, rimane pur sempre piuttosto complicata questa “bilanciatura”.  La depressione da involuzione cerebrale la si può supportare con psicoterapia di appoggio, ma non ci si può esimere dall’utilizzo della chimica, certo è che se gli stimoli vitali risultano adeguati e pregnanti il quadro migliora nettamente, fermo restando che il dolore fisico non può non interferire con la vitalità e il tono dell’umore, ragion per cui sarebbe auspicabile un sostegno a 360° capace di sostenere ed alleviare la sofferenza tenendo presente l’aspetto umano dell’interlocutore al di là delle sue espressioni cognitive.  Come di consueto in clinica mi ritrovo a sottolineare l’importanza della multidisciplinarietà proposta in ambienti poco medicalizzati anche se ampiamente supervisionati dai tecnici, quale approccio terapeutico d’elezione. Luisa Barbieri 12-05-2011 http://domani.arcoiris.tv