RACCONTI & OPINIONI

Il rapporto sui traffici illegali. Il 2010 è un anno da record per le inchieste sull’unico delitto ambientale


Grandi ecomafie crescono. «Per forza, lo Stato ha armi spuntate» 30.824 illeciti ambientali accertati nel 2010, 84 al giorno, 3,5 ogni ora 19,3 miliardi di euro di fatturato, 2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrati, 26.500 nuovi immobili abusivi stimati, 290 i clan coinvolti. Campania sempre in testa alla classifica dell’illegalità ambientale seguita da Calabria, Sicilia e Puglia tallonate dalla Lombardia. Business illegale in aumento nel settore agroalimentare con 4.520 infrazioni accertate; aumentano i reati contro la fauna: 5.835, +13,2% rispetto al 2009. 216 milioni di euro invece l’ammontare del fatturato dell’archeomafia.Numeri sempre più allarmanti quelli del rapporto Ecomafie di Legambiente, appena presentato a Roma (edito sempre dalle edizioni Ambiente). I curatori hanno provato, ad esempio, a immaginare quanto sarebbe lunga la colonna di tir con dentro i rifiuti sequestrati nel 2010. Risultato: 1.117 chilometri come da Reggio Calabria a Milano per 82.181 tir carichi di 2 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati solo in 12 delle 29 inchieste per traffico illecito. Ma solo una parte delle merci trafficate illegalmente riesce ad essere bloccata. 540 campi da calcio, invece, possono rendere l’idea del suolo consumato nel 2010 dall’edilizia abusiva, con 26.500 nuovi immobili stimati. Sono 290 - continuiamo a “saccheggiare” il rapporto - i clan censiti, 20 in più rispetto al 2009; 19,3 miliardi di euro invece è il giro d’affari stimato per il solo 2010. «Il business dell’ecomafia, con la sua capacità pervasiva e la possibilità di occupare stabilmente posti chiave dell’economia, si propaga e si rafforza anche grazie al coinvolgimento dei cosiddetti colletti bianchi – spiega il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - fenomeno che si aggrava notevolmente nelle fasi di crisi economica e di scarsità finanziaria e che rende difficoltoso la svolgimento delle indagini e la ricerca delle responsabilità che si perdono in un percorso travagliato tra legalità e malaffare. Per porre rimedio a questa situazione, avevamo atteso con ansia il decreto col quale il governo deve recepire la Direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, inserendo finalmente i delitti ambientali nel Codice Penale. Purtroppo, ad oggi, lo schema approvato rappresenta una vera e propria occasione mancata. Si rimane, infatti, nel solco delle fattispecie contravvenzionali, senza riuscire a individuare i delitti, con l’effetto di continuare a fornire alle forze che devono indagare e reprimere armi spuntate: nessuna possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali, impossibilità delle rogatorie internazionali, tempi brevissimi di prescrizione».Il 2010 è un anno da record per le inchieste sull’unico delitto ambientale, quello contro i professionisti del traffico illecito di veleni (art. 260 Dlgs 152/06): sono state ben 29, con l’arresto di 61 persone e la denuncia di 597 e il coinvolgimento di 76 aziende. Altre 6 inchieste di questo tipo si sono svolte nei primi quattro mesi del 2011, mentre in totale – cioè dalla sua entrata in vigore nel 2002 a oggi – sono salite a quota 183. Il fenomeno si è oramai allargato a tutto il paese, consolidandosi in strutture operative flessibili e modulari, in grado di muovere agevolmente tonnellate di veleni da un punto all’altro dello stivale. I numeri e i dati relativi alle attività d’indagine svolte sui traffici illeciti non esauriscono l’azione di contrasto dei fenomeni di smaltimento illegale. Checchino Antonini 07/06/2011www.liberazione.it