RACCONTI & OPINIONI

Recenzione del nuovo libro di Loretta Napoleoni Economista e politologa, autrice di "Il Contagio"


Indignados 2.0 Quel virus democratico che corre in rete  «Un virus micidiale aleggia sul Mediterraneo. Dal Nordafrica viaggia verso l'Europa, apparentemente inarrestabile. A maggior rischio è la parte più giovane della società civile, ma anche i meno giovani possono infettarsi. E' la peste democratica. La pandemia rivoluzionaria minaccia persino l'America, il cuore dell'Impero occidentale globalizzato. E' lo spauracchio di tutti, ma proprio tutti i politici del mondo: il contagio. Per questo virus infatti non esistono anticorpi né antibiotici, è un'infezione atipica, nuova, frutto della confluenza di due epidemie: la crisi del debito sovrano e quella di istituzioni politiche ormai fuori tempo e fuori uso».Economista e politologa italiana che vive da trent'anni tra Londra e gli Stati Uniti, Loretta Napoleoni insegna economia alla Judge Business School di Cambridge ed è consulente del think tank Fundaciones Ideas. Nelle sue numerose pubblicazioni si è occupata dei sistemi economici e finanziari internazionali e del terrorismo, tra le sue opere ricordiamo Terrorismo S.p.A. (Tropea, 2005), Economia canaglia. Il lato oscuro del nuovo ordine mondiale (il Saggiatore, 2008) e Maonomics. L'amara medicina cinese contro gli scandali della nostra economia (Rizzoli, 2010). Nel suo nuovo libro, Il Contagio, edito da Rizzoli (pp. 180, euro 14,00), Napoleoni analizza lo scenario della crisi economica globale concentrandosi sulle risposte che la società civile sta dando, nel Nord come nel Sud del pianeta, alla prospettiva di una bancarotta dell'intero "sistema". E l'emergere di nuovi movimenti sociali, spesso legati anche alla diffusione della rete e al ruolo crescente dei social network come canali di comunicazione diretta e non soggetta a censura, talvolta veri e propri strumenti di "controinformazione" come si sarebbe detto un tempo, è al centro della sua osservazione. Dalla crisi, sembra così suggerire Napoleoni, non si potrà uscire se non con una trasformazione radicale delle nostra economia e dei nostri sistemi sociali: quello che è già cominciato da accadere ad esempio nella sponda meridionale del Mediterraneo grazie alla cosiddetta "primavera araba". Sulla scorta delle nuove forme di comunicazione che hanno trasformato l'intero "spazio di senso" globale, la crisi, sembra suggerire Napoleoni, diventa la scintilla da cui potrà svilupparsi una "rivoluzione democratica" senza frontiere. Del resto, è proprio la natura radicale dell'impoverimento e della frustrazione scaturiti dalla crisi finanziaria prima e economica tout court poi, che sembra aver eroso anche i margini delle tradizionali mediazioni politiche. «Un evento, in particolare, mi ha convinto che il malessere del modello occidentale è ormai una pandemia: il muro di incomprensione tra la classe politica spagnola e gli Indignados. - spiega infatti l'economista, prima di aggiungere - Una carenza dello Stato moderno che, a mio parere, è emblematica del perché il nostro modello non funziona più. (...) I politici non riescono a vedere in questo movimento spontaneo un interlocutore. Anche se i sondaggi rivelano che l'80% della popolazione spagnola lo appoggia. Gli Indignados la pensano allo stesso modo e si rifiutano di dialogare con individui che non rappresentano più la popolazione ma le élite che finanziano le loro campagne elettorali». Gli Indignados spagnoli, come quelli di Atene, New York, Tel Aviv, Santiago del Cile sono solo la punta visibile di un mare di rabbia, «la cassa di risonanza della società civile impoverita e umiliata da governi fraudolenti e ipocriti, esclusa dalla gestione dello Stato», segnala l'autrice di Il contagio. E chiedono "dignità", che vuol poi dire poter decidere del proprio futuro, anche i giovani protagonisti delle rivoluzioni arabe. Anche se lo scenario è diverso, non è difficile scorgere i tratti comuni di queste rivolte. Anche perché, spiega Napoleoni, «la rivoluzione viaggia sulle ali del web e in particolare dei social network. In pochi mesi sono nati migliaia di blog e di siti da cui poter seguire in tempo reale le proteste dei singoli e le manifestazioni di piazza. Su Twitter, un tamtam virtuale potentissimo, le notizie rimbalzano da un angolo all'altro del Mediterraneo. Una ragnatela di telecomunicazioni unisce i greci ai sirani, gli egiziani ai portoghesi, gli italiani ai libici. Nell'ambiente virtuale, come in un brodo di coltura batterico, l'infezione cresce e il contagio dilaga». E nessun pensi, conclude l'economista, di poter tornare allo status quo. «Non siamo più in Ungheria nel 1956, non siamo a Praga nel 1968, neppure a Piazza Tiananmen nel 1989, dove si poteva pensare di cancellare la memoria storica con un colpo di spugna». Con la rete e i social network ora la rivolta, e la repressione che cerca di fermarla, sono ogni giorno "in diretta". Guido Caldiron07/10/2011www.liberazione.it