RACCONTI & OPINIONI

L'Italia che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, Un'analisi inquietante nell?almanacco Guanda


L'Almanacco Guanda racconta la politica  della paura L'almanacco che l'editore Guanda propone ai lettori italiani a partire dal 2005, tende a fissare ogni anno la propria attenzione su un tema considerato come centrale nel dibattito culturale e politico del nostro paese. Così, dopo che nelle ultime edizioni si è occupato di mafia, cricca, satira politica e di "complotti", non stupisce che l'edizione 2011 di questa pubblicazione racconti l'Italia del razzismo, interrogandosi su "Dove porti la politica della paura". Ciò che forse gli scrittori, giornalisti, disegnatori che contribuiscono con i loro interventi a realizzare quest'opera, unica nel panorama dell'editoria nostrana, non avevano immaginato, è che l'arrivo nelle librerie dell'Almanacco Guanda 2011 avrebbe coinciso con l'uscita di scena dell'uomo che ha incarnato la politica, anche e soprattutto quella "della paura", lungo l'arco dell'ultimo quindicennio di storia italiana. Con il risultato, non voluto ma non per questo meno efficace, di finire per offrire una sorta di bilancio della lunga stagione di pregiudizi e di discriminazioni che ha accompagnato il berlusconismo.Di fronte alle sfide poste dalla globalizzazione, dalle nuove relazioni tra il Nord e il Sud del pianeta e, recentemente, dal nuovo vento di rivolta che si è levato nel mondo arabo, spiega Ranieri Polese aprendo l'Almanacco con una riflessione dal titolo "Scene di ordinaria intolleranza", «i nostri governanti, invece di prendere atto dei problemi e impostare programmi razionali per far fronte ai nuovi scenari dell'immigrazione ma anche al bisogno di manodopera, hanno preferito accusare l'Europa di indifferenza nei nostri confronti (per gli sbarchi a Lampedusa) e poi hanno finito per imboccare la deriva delle campagne terrorizzanti, del richiamo alla difesa dei posti di lavoro, dei confini, e pure delle donne padane». Si è così assistito, a detta di Polese, «a una sorta di condivisa isteria come ci si trovasse di fronte a una nuova invasione barbarica, confondendo le cifre reali della presenza di stranieri con l'idea di un'orda sterminata che si abbatte sul nostro paese».Attraverso i testi di Andrea Camilleri, Franco Cardini, Luciano Canfora, Adriano Sofri, Gian Antonio Stella, Ferruccio Pinotti, Edoarado Nesi, Marcello Fois, Gianni Biondillo, Slavoj Zizek, per non citare che i più noti, e i disegni di Franco Matticchio, Matteo Perazzoli e Guido Scarabottolo, l'Almanacco ricostruisce i contorni di quella retorica che in nome dell'emergenza post 11 settembre e della divisione su base etnica della forza lavoro, ha costruito una costante stigmatizzazione degli immigrati e ricorrenti campagne allarmistiche alla ricerca di capri espiatori su cui riversare il malessere diffuso nella società. In questo contesto, nell'Italia del Cavaliere, il principale imprenditore politico dell'intolleranza e il più forte e determinato "partito della paura", ricorda lo scrittore e giornalista Ferruccio Pinotti, è stata la Lega Nord, il movimento che ha dato voce alla rabbia e all'inquietudine delle regioni settentrionali del paese. Così, secondo Pinotti, «le offese rivolte a stranieri e migranti da noti esponenti leghisti rispondono alle paure profonde di una popolazione che non è educata ad affrontare con razionalità i problemi, ma a rispondere nella maniera più istintuale e primitiva».Se questa è l'Italia che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, l'Almanacco Guanda segnala però anche quale sia il clima di fondo su cui razzismo e intolleranza hanno potuto prosperare fin qui e rischiano di poterlo fare anche in futuro. Un'analisi inquietante affidata alle parole del filosofo sloveno Slavoj Zizek: «Dopo decenni di speranza sostenuta dallo stato sociale, durante i quali i tagli finanziari venivano spacciati per temporanei, e compensati dalla promessa che le cose sarebbero presto tornate alla normalità, stiamo entrando in una nuova epoca nella quale la crisi - o, meglio, una specie di stato economico d'emergenza, con il relativo bisogno di misure d'austerità d'ogni tipo - si è fatta permanente. La crisi sta diventando uno stile di vita». Guido Caldiron 12/11/2011www.liberazione.it