RACCONTI & OPINIONI

A furor di popolo l’otto dicembre, ma anche il nove ed il dieci, saranno giornate di lotta poco simbolica


Val Susa, ora si passa alla protesta “attiva”  Dopo il coordinamento dei comitati svoltosi mercoledì sera il movimento Notav ha deciso di spingere sull’acceleratore della disobbedienza civile e, diversamente dal passato, utilizzerà strumenti e metodi decisamente meno simbolici di quanto è avvenuto nella manifestazione di ottobre a Giaglione. Almeno questi sono i propositi al momento. Durante un duro ma franco incontro si sono confrontate le due anime del movimento: gli attivi ed i pompieri, come essi stessi si definiscono scherzosamente. Oggetto della discussione le manifestazioni del prossimo otto dicembre, anniversario della battaglia di Venaus del 2005, quando circa trentamila persone smantellarono un cantiere molto simile a quello oggi presente a Chiomonte. La val Susa vuole spiegare al nuovo governo che non ci sarà nessun arretramento nella lotta, perché le ragioni del “no” all’alta velocità sono sempre attuali, e non passano di moda se al posto di Berlusconi ora c’è un banchiere. In questo senso il presidente della Comunità Montana Sandro Plano la settimana passata ha scritto l’ennesima lettera all’ennesimo capo di governo, nel quale con la solita base scientifica la Torino Lione viene demolita da una pletora di docenti universitari indipendenti. La contromossa dei gemelli diversi Fassino Cota è stato un accorato appello a favore del Tav: un rosario di aggettivi (strategica, indispensabile) in contrasto con i numeri e la razionalità di chi si oppone. Risposte da Roma non sono ancora giunte ma alcune dichiarazioni del neo ministro per l’ambiente Corrado Cini non lasciano molto spazio alla speranza. Così, l’otto dicembre, ma anche il nove ed il dieci, saranno giornate di lotta poco simbolica, perché durante l’incontro dei comitati è prevalsa la linea attiva. Tornano in mente le parole di Nicoletta Dosio al termine della manifestazione del 23 Ottobre: «Verranno giornate migliori». La proposta originaria, portata avanti soprattutto da Askatasuna, era di bloccare l’autostrada dal mattino al pomeriggio dell’otto dicembre. In aggiunta due cortei dovrebbero circondare il cantiere, uno in partenza da Chiomonte e l’altro da Giaglione. Partenza per tutti alle dieci e mezzo del mattino. Ma a furor di popolo la prima idea è stata ritenuta insufficiente e si è deciso per l’occupazione ad oltranza della Torino – Bardonecchia. Se questo avverrà tutto il traffico diretto alle località sciistiche dell’alta valle Susa sarà bloccato nel primo fine settimana dell’anno dedicato allo sci. L’idea è di far confluire tutti i cortei dentro l’autoporto di Susa, e qui resistere. Non è previsto al momento nessun tentativo di taglio delle reti. Così i duri dei centri sociali torinesi sono stati scavalcati dai valligiani molto meno diplomatici. La decisione di avere un profilo più conflittuale giunge dopo la constatazione da parte del movimento che a fronte di importanti vittorie morali si subiscono dure sconfitte sul territorio. Il cantiere, anche se tutti lo negano, è meno simbolico di quanto piaccia raccontare. Certo la talpa che dovrebbe fare il tunnel non è ancora giunta a Chiomonte, ma gli sbancamenti avanzano. Altri incontri seguiranno nei prossimi giorni: l’aspetto più temuto da parte chi vorrebbe una gestione della piazza meno conflittuale è l’ira di coloro che vivono nell’alta valle e lavorano nel settore turistico. Parte del movimento Notav risponde che la popolazione che vive tra Susa e Bardonecchia è storicamente indifferente alla questione Tav, dato l’opera non si sviluppa su questa parte di territorio. Maurizio Pagliassotti3 dicembre, 2011www.liberazionee.it