RACCONTI & OPINIONI

Quando chi propugna una "rivoluzioen" ha rapporti organici con le stesse strutture di potere che ci calpestano


Quello che di Grillo si sa, ma non si dice! Il “fenomeno” Grillo impazza sulla rete, sulle TV e pure sulla stampa estera. Grillo vince, convince e trionfa già virtualmente alle prossime elezioni politiche.Moltissimi si prodigano a descrivere in pregi del personaggio e del suo movimento e a dichiarare “l’avevamo previsto”, sempre di più ascoltiamo le leccate dei neoconvertiti in un montare di sproloqui generalizzati all’insegna dell’antipolitica. E’ interessante osservare come i media, specie i mainstream della stampa, riproducano quasi in vitro lo stesso loro percorso del 1992 che accompagnò l’avanzare “invincibile” dellaLega Nord e poi di Forza Italia.Ma come nasce il fenomeno Grillo? Per capirlo basta scorrere la prima e forse unica inchiesta seria (Pietro Orsatti su Micromega n. 5 del 2010) mai prodotta nel panorama dei media. L’inchiesta sullo spin doctor Gianroberto Casaleggio (agenzia Casaleggio e Associati), sulla strategia di marketing dell’omonima agenzia e sui vincoli imposti ai fan della prima ora, sulla piattaforma a pagamento Meetup poi transitata a Twitter e Facebook.L’inchiesta anche sulle relazioni di quest’agenzia con personaggi chiacchierati nel mondo dei media e degli affari. In sostanza tutti nell’ambiente dei media sanno che l’azione di Grillo nasce da due esigenze, una banale e l’altra “sperimentale”. La prima è l’esigenza di Grillo, escluso dai palinsesti Rai e Mediaset, di affidare la sua immagine alla cura di una innovativa agenzia di marketing digitale, appunto la Casaleggio e Associati, che agli albori di internet propone in Italia quel percorso comunicativo nuovo che negli Stati Uniti aveva iniziato a dare i primi frutti nell’ambito del marketing commerciale. Grillo infatti nella sostanza ha bisogno di propagandare i suoi spettacoli e portare le folle nei teatri. Nieent’altro. Sicché  Casaleggio e Associati produce quelle incursioni nelle assemblee degli azionisti che fanno parlare la grande stampa, azioni “ambientaliste”orientate a “fidelizzare il pubblico” colto e in ultimo la serie di eventi, i V-Day, orientati ad aggregare il pubblico, a fidelizzarne la passione, a portarlo diligentemente nei teatri a pagamento e poi a trasmettere il proprio “sentiment” nell’agorà della rete. Che differenza c’è con gli eventi della Coca-Cola, della TIM, della birra Heineken?Sostanzialmente nulla, sono pressoché la stessa cosa, cioè la messa in opera di una strategia di marketing tesa alla vendita di qualcosa attraverso la fidelizzazione del pubblico.L’esigenza “sperimentale” ha invece bisogno di più tempo per affermarsi. Così nasce un’iniziativa, attraverso la piattaforma Meetup (oggi affiancata da Twitter, Youtube, Facebook), che apre un oceano comunicativo e aggregativo. Un metodo che negli Stati Uniti iniziava a essere preso in considerazione dagli spin doctors dei politici. Però non solo negli Stati Uniti: infatti la Casaleggio e Associati edita il sito e il blog di Di Pietro, dà il via “informalmente” alla nascita del Movimento Viola, sperimenta e testa la “discesa in campo” di Grillo, dimostrando platealmente che l’azione del marketing della rete può tradursi in azione concreta ed incidere nell’agone politico.Ciò che di nuovo viene dimostrato, e su cui i media tradizionali si guardano bene dall’indagare, è che si possono veramente gestire porzioni rilevanti di masse. Ciò che non ha potuto fare la televisione (per la scarsa interattività) lo possono fare i social media e l’era dell’interattività spinta. Come? Il famoso blog di Beppe Grillo detta e indica la strada: costruire un bacino di pubblico, creare degli “influenzer” che dirigono i dibattiti, “bannano” gli scocciatori, ascoltano il “sentiment” delle conversazioni attraverso software specialistici di web/social media analytics (Alterian, Vocus, Blogmeter, Google Analitics, ecc. ecc.), orientano la discussione secondo gli obiettivi prefissati consegnando però all’utente pubblico l’illusione di aver determinato le scelte.Una nuova era quindi è iniziata, uscendo dal campo più tradizionale dei consumi ed entrando in quello della politica e parificandola a un consumo qualsiasi.Tecnicamente si potrebbe affermare che ciò che fece Berlusconi nel 1992, con la discesa in campo con le sue corazzate televisive, oggi lo fa Grillo nell’era del web. La Casaleggio e Associati oggi per Grillo come Publitalia per Berlusconi nel 1993. Come Forza Italia nel ’93 il Movimento 5 Stelle è nato grazie a una struttura aziendale specializzata nel marketing e nella pubblicità. Recentemente sul suo blog Pietro Orsatti, che per primo fece un’analisi del fenomeno Grillo, ha dichiarato: “Quindi M5S non è un partito?Non lo è formalmente (dovrebbe f a r e congressi, avere una parvenza di dibattito democratico al suo interno, ecc. per esserlo), ma sostanzialmente non è che una struttura partitica a conduzione aziendale.Con un testimonial/padrone e un’organizzazione privatistica aziendale a controllare contenuti, messaggi consenso e dissenso interno, fino alle candidature minute nel più sperduto comune dove si è presentato il “movimento”. M5S è di fatto un partito moderno, mediatico, postideologico e padronale come lo sono stati Forza Italia e la Lega. Punto. Tutto il resto sono minchiate. Fra l’altro non è neanche vagamente progressista.Anzi. Sembra rifarsi più, e spesso ci sono punti di contatto non solo verbali ma anche sostanziali, con una destra che da “sociale” e “radicale” si è trasformata in meramente “antieuropeista”, xenofoba, egoista. Non ci facciamo ingannare dai messaggi ecologisti lanciati da Grillo a spron battuto. Grillo in questo momento è più vicino alla figlia di Le Pen che a SEL (e infatti Grillo è ossessionato da Vendola e lo attacca in ogni occasione perché “colpevolmente” gay, per l’integrazione dei migranti, perché europeista solidale e soprattutto perché pesca anche lui nel suo bacino elettorale)”.Una felice analisi. Oggi sappiamo certamente di più rispetto al 2010. La centralizzazione ossessiva del Movimento 5 Stelle, l’antidemocraticità che vi regna in nome del verbo del capo assoluto, le espulsioni dei non graditi, la selezione stile comparsa televisiva dei candidati alle elezioni, lo stile stalinista usato dalla sua agenzia di marketing per dirimere le controversie interne a M5S.Ma se i mainstream battono la grancassa per Grillo, perché la sinistra tace od opportunisticamente ammicca? Forse perché Grillo è No TAV o è per l’acqua pubblica?Cosa impedisce alla sinistra di sognare di meno, stare con i piedi per terra, ricordarsi del ventennio berlusconiano appena trascorso e analizzare infine lo “stato di cose presenti” non per ciò che si desidera ma per ciò che è? Non c’è nulla di “nuovo” in una “rivoluzione” quando chi la propugna ha rapporti organici con le stesse strutture di potere che ci governano, che hanno semplicemente bisogno che si affermi l’adagio del Gattopardo: “bisogna che tutto cambi perché tutto resti uguale”. Matteo Prencipe20/6/201 Lavoro&Politica n. 25-2012