RACCONTI & OPINIONI

E' stata bruciata un'intera generazione. Avere trent’anni in questa Italia non è facile. Crescere non è semplice, è avvilente


I giovani, la Terza Repubblica e la speranza Diciamo chiaramente: più che di parlare di passaggio alla Terza Repubblica, guardando ai fatti che si stanno susseguendo nella vita politica degli ultimi anni, possiamo dire con molta nettezza che non siamo mai usciti dalla Prima.Gli scandali che hanno colpito il “cerchio magico” della Lega, i venti milioni di euro presi “a prestito” dal tesoriere della Margherita, la moltitudine di processi di cui sono protagonisti gli esponenti del Pdl, i tanti Comuni che ancor oggi sono commissariati per infiltrazione mafiosa, ci parlano di un Paese in cui il senso della legalità appare più che sbiadito, cancellato.Quelle a cui ho fatto riferimento non sono eccezioni, fenomeni marginali, ma un “sistema” la cui la trama dell’illegalità estende le sue maglie in tutti i settori della società: dalle istituzioni, al mondo del lavoro fino ai rapporti di “micro-potere” interpersonali. Quel germe italico della corruzione, di lontana memoria, non solo non è estirpato, ma sembra, agli inizi di questo terzo millennio, rifiorire più vivo e forte che mai.Ad esserne invasa non è solo la politica, da sempre luogo privilegiato, ma ambiti diversi e plurali dove la cultura del “favore”, lungi dall’essere un fenomeno circoscritto al sud Italia, attraversa con vigore l’intera penisola fino a radicarsi nel profondo nord.Crescere in un’Italia così non è semplice, anzi è quasi avvilente. E’ un Paese ben raccontato da una recente ricerca, volutamente sottaciuta dai grandi mezzi di comunicazione, secondo cui oltre il 50 per cento dei giovani trova oggi lavoro, non in base ai titoli conseguiti o per la formazione maturata o ai tanti sacrifici fatti, ma grazie alla “spintarella” del parente o dell’amico.Siamo, a distanza di vent’anni, anche se nessuno ha il coraggio di pronunciare quella parola - perché sa di sconfitta - in piena Tangentopoli.Avere trent’anni in questa Italia non è facile. A volte viene quasi voglia di andarsene, di gridare la propria rabbia e sbattere la porta senza voltarsi più, molti lo fanno e non mi sento affatto di condannarli, altri scelgono di restare, più per impossibilità che per scelta, scontrandosi giorno dopo giorno contro “un muro di gomma” in un Paese dall’eterno sapore gattopardesco.Poi immagino di sfogliare un ipotetico album della storia di questa Italia dove trovo - fra le foto tristi di un Paese fatto di silenzi, di stragi di stato, di lanci di monetine - i volti di Falcone, di Borsellino, di Peppino Impastato, di Pio La Torre, che sembrano quasi scrutarci e capisco come la “rinuncia” non sia solo sbagliata nei confronti della loro memoria, ma nei confronti un Paese che non può essere “abbandonato”.E’ allora che la rabbia si trasforma in voglia di lottare, di cambiare, di riprendere la parola e di costruire -passo dopo passo - un’Italia migliore.Carmelo Seracusa Segretario Prc di Udine 16/07/2012