RACCONTI & OPINIONI

Breve saggio sociopolitico propedeutico ad una elementare quanto profonda riflessione sulla barbarie della politica attuale


NON SERVE IL RIFIUTO DELLA POLITICA, SERVE RIPRENDERCELADalla fine del XIX secolo agli anni 80 del XX i movimenti popolari mondiali (contadini, operai, studenti, i rivoluzionari bolscevichi, gli intellettuali) hanno combattuto guerre rivoluzionarie spesso perdute o battaglie per il miglioramento delle condizioni di vita, di lavoro  e sociali delle proprie terre governate dal patronato e dal liberismo capitalistico. Anche la liberazione dal colonialismo e dall'imperialismo è stata sostenuta da quei movimenti e partiti che sono definiti di sinistra, comunisti e socialisti.  Nel mondo occidentale le forze socialdemocratiche e riformiste hanno dato il loro contributo, pur diluendo le idde rivoluzionarie e accettando alcuni schemi di ingaggio, ma sempre a favore delle classi meno abbienti, dei poveri della Terra, per un ideale di governo democratico popolare. La storia ci offre esempi di successi, di sconfitte e di fallimenti di questi ideali. Il quadro d'insieme è però chiaro: il capitalismo con le sue molte facce non cambia nella sostanza. Ha dovuto, per molti decenni, mitigare i propri egoismi proprio sulla spinta della protesta e delle lotte popolari. Ma il capitalismo resta sempre se stesso: una idea e una governante tesa all'arricchimento di pochi. Le due facce principali apparentemente agli antipodi sono note: da una parte la tecnocrazia nazi fascista e dall'altra l'estremo libero mercato con lo sfruttamento delle risorse e del lavoro altrui per il proprio tornaconto. Grazie ai movimenti popolari i teorico del capitalismo hanno dovuto accettare alcune varianti delle note della stessa sinfonia. Hanno pertanto dovuto proporre carte dei diritti, accettare ed applicare alcune teorie meno stringenti quali la diffusione del concetto dei diritti umani, della parità di genere, della abolizione (teorica) di alcune frontiere, traducendo in trattati e leggi internazionali alcune delle teorie meno radicali proposte sempre da personaggi del capitalismo, che parlavano di (parziale) ridistribuzione delle ricchezze, di (finta) partecipazione al potere democratico, di (irrigimentata) libertà di espressione, di equità, di lotta alla povertà mondiale. Le cosiddette sinistre attuali hanno perso di vista che i valori fondamentali del socialismo erano e sono sostenuti da questi principi, senza condizioni: internazionalismo, partecipazione popolare al potere, reale ridistribuzione delle ricchezze prodotte a favore di tutti, scelte condivise dal basso attraverso la partecipazione al dialogo di tutti, pace mondiale.  La falsità e la ipocrisia di fondo del capitalismo-liberismo ci viene in mente quando sentiamo parlare di pace e vediamo scatenarsi i conflitti regionali in aree ricche di risorse da sfruttare, quando ascoltiamo dire di progresso e vediamo la distruzione delle bellezze ambientali per creare una fonde infinita di guadagno per pochi, quando osserviamo come vengano perseguitati coloro che scoprono i giochi di potere e li manifestano al pubblico, quando ci accorgiamo che la equità nel sacrificio significa che a pagare sono sempre gli stessi, quando a fronte di una finanza capace di distruggere il (poco) benessere raggiunto dai lavoratori non sopravviene una presa puntale azione di contrasto. Probabilmente non vi sono più le Classi sociali descritte dai primi autori marxisti, ma il mondo è ancora e forse più nettamente diviso tra pochi che sfruttano, molti che lavorano sfruttati per vivere o sopravvivere  e moltissimi che senza lavoro stentano a sopravvivere o non sopravvivono punto. Ci meravigliamo di personaggi politici che si appropriano  delle risorse del Paese ma vogliamo far finta di credere che si tratta di "pecore nere" di un sistema "sano" e non vogliamo invece renderci conto che è il sistema in se stesso che è malato e che, pressato dalla cronaca ogni tanto è costretto a "bruciare" qualcuno dei suoi. Magari vengono dati in pasto alla "giustizia" quelli che si sono comportati in maniera drammaticamente folcloristica, e che hanno danneggiato la vera immagine e contravvenuto alla sana regola del Capitalista Puro "appropriarsi della ricchezza in guanti bianchi e con classe". I cosiddetti movimenti di protesta dell'antipolitica sono una fase embrionaria della presa di coscienza. Una volta parlavamo di coscienza di classe, ma ora che le classi sembrano scomparse, che il proletariato non esiste più così come veniva descritto dai padri del socialismo, è necessario che si riprenda a parlare di politica per far convergere quei movimenti di protesta in moltitudini forti e sagge, disposte a farsi carico di un nuovo governo della cosa pubblica, cominciando dalla base. Sugli stessi diritti umani bisogna fa chiarezza: non serve che si disponga di una carta dei diritti quando l'Europa intera è pronta a dimenticarsene quando caccia dalle proprie frontiere dei poveri disgraziati anche hanno bussato alle porte del nostro continente in cerca di lavoro e di una vita migliore, dopo averli fiaccati nel corpo e nello spirito dentro carceri definiti centri di identificazione ed esplulsione. In genere non sono i delinquenti a farne le spese ma poveretti in cerca di lavoro o che magari un lavoro ce lo avevano ma non avevano i documenti di soggiorno. Non è la carta dei diritti dell'uomo che protegge la persona umana bensì è la coscienza di ognuno di noi, di ogni singolo che deve farsi carico dei diritti altrui. Se non vi fosse alcuno al mondo a fare il lavoro del boia non vi sarebbe la pena di morte. Il compito della Sinistra, della nuova e vera Sinistra è nuovo e (purtroppo) vecchio : risvegliare le coscienze degli uomini e guidarli verso una nuova umanità a partire dal quotidiano. Il rifiuto a questa società basata su uno sfruttamento spietato, il rifiuto di una organizzazione politica quale la attuale europea, solo falsamente basata sui diritti umani, che offe avvocati ai cani e ai gatti ma priva di lavoro le persone deve essere il nuovo spirito con il quale i giovani e i non più giovani devono affrontare il futuro. Non basta il rifiuto della politica ma è invece indispensabile una nuova lettura del diritto e della capacità dell'uomo a ribellarsi a questo stato delle cose. Non è più sufficiente che qualche politico cosiddetto corrotto paghi , vogliamo una nuova politica che riparta dal basso, che coinvolga la gente, che sia condotta dalla gente e dalle proprie organizzazioni. Non ci basta sentire la sola monotona voce di molti, schierati sulla stessa barricata quella del "da questa parte è giusto e comunque non c'è nessuna altra parte dove andare". Si c'è dove andare, di nuovo verso  il vero potere popolare. Non serve a niente avere la rappresentanza di tanti partiti che non rappresentano ormai che se stessi e gli interessi dei pochi (peraltro molti) inaccessibili al controllo, alla giusta pena per le proprie colpe di sfruttatori, al definitivo licenziamento. Con i soldi di un'opera faraonica si possono sfamare e impiegare migliaia di persone. Con il dialogo si può (forse ancora) rendere la pace e la giustizia al mondo, con la ricollocazione del plusvalore del guadagno si può investire in benessere per la gente per tutti. E' questo che ci si aspetta dalla nuova politica. Ma la nuova politica non può fare a meno di coloro che si sono sempre battuti per questo che hanno le idee chiare in proposito. La nuova politica non può fare a meno della vera sinistra.  Ecco è di quel genere di classe in guanti bianchi che dobbiamo e vogliamo fare a meno.Roberto Bertucciredazione Lavoro e SaluteTorino 3/11/2012