RACCONTI & OPINIONI

Donne e aids: in occasione della Giornata mondiale dedicata alla battaglia contro il virus dell'Hiv, una campagna della Lila


L'altra metà dell'Aids L'Aids al femminile ha un volto ed è quello di Chiara, ventenne sieropositiva che si è raccontata in uno spot della Lila, la Lega italiana per la lotta all'Aids, di cui quest'anno ricorre il quarto di secolo dalla fondazione. La storia di Chiara, riproposta in occasione della giornata mondiale per la lotta all'Aids, è semplice e drammatica, asciutta, postmoderna: una storia di sieropositività lontana da quegli stereotipi che vogliono le persone qualunque immuni dal virus. Chiara ha vent'anni e, come dice lei stessa, studia ed esce con gli amici e ha avuto un solo ragazzo: "Lui non sapeva di avere l'Aids e ora sono sieropositiva anch'io". Una testimonianza la cui asciuttezza niente toglie alla tragicità dell'evento contagio. Una circostanza che accomuna molte donne italiane. Secondo la Lila, "ogni anno in Italia si registrano quasi 4 mila nuove infezioni da Hiv, circa un terzo di queste riguardano le donne, e il dato è in aumento. Per quasi l'80 per cento dei casi la trasmissione del virus avviene per via sessuale. La trasmissione dovuta a rapporti eterosessuali è quasi sempre la causa di infezione per le donne, che spesso acquisiscono il virus da un partner fisso. E lo scoprono tardi: se la diagnosi di positività all'Hiv avviene a ridosso o in contemporanea a una diagnosi di Aids, nel 60 per cento dei casi riguarda donne (per gli uomini la percentuale è del 54). Nel 2011 oltre un terzo delle donne che hanno acquisito il virus per via sessuale si sono scoperte sieropositive quando erano già in Aids". Dati allarmanti soprattutto perché, come già da tempo, la sieropositività esce dai rassicuranti contesti di "comportamenti a rischio" per confermare la propria presenza al fianco di ognuno di noi nella vita quotidiana. Accanto a noi l'Hiv assume le sembianze di amici e colleghi e ora, sempre più, di amiche e colleghe."Eppure ancora molte, troppe donne", si legge sul sito della Lila, "pensano che l'Hiv non le riguardi. Non sono informate, non si proteggono. Delle circa 7.500 telefonate arrivate ai centralini informativi della Lila tra gennaio e settembre 2011, solo il 16,5 per cento erano di donne". Ma perché le donne dovrebbero essere una categoria privilegiata nella universale lotta all'Aids? È molto semplice: perché le donne, come rilevato dalla Lila, "hanno scarso potere di imporre il preservativo prima di un rapporto sessuale". Ma non solo. Molte di loro, come Chiara, "pensano di non essere a rischio se hanno una relazione di coppia stabile". Molti fattori, al di là della fedeltà del partner, giocano un ruolo delicato nella questione: anzitutto la scarsa consapevolezza, anche da parte degli uomini, della propria eventuale sieropositività. Una buona fede alimentata dalla paura dei pregiudizi che si ripercuote sulle partner femminili, biologicamente più esposte al rischio di contagio in quanto il liquido seminale rimane a lungo nel corpo della donna. Per questo le campagne come quella che porta il volto di Chiara, la sieropositiva della porta accanto, la studentessa travolta da un destino che forse non immaginava potesse mai diventare suo, sono così importanti: insegnano a difendersi dal virus, ma anche dai pregiudizi che oggi più che mai contribuiscono a diffonderlo.Belinda Malaspina1/12/2012 www.globalist.it