RACCONTI & OPINIONI

Sfruttata e costretta a prostituirsi, era arrivata in Italia in cerca di salvezza. Portata in un Cie in quanto “clandestina”


Cie, da schiava a “clandestina” La storia di Rita “espulsa illegalmente”In base alle leggi italiane, Rita, 26 anni, nigeriana, avrebbe avuto diritto a un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Senza aspettare il pronunciamento della Procura, è stata invece imbarcata su un aereo e deportata. A rendere pubblica la sua storia la cooperativa BeFree: “Mai più altre Rita. L’Italia cominci a rispettare le leggi” DI AMBRA MURÈ Sfruttata e costretta a prostituirsi, era arrivata in Italia in cerca di salvezza. Portata in un Cie in quanto “clandestina” è stata infine espulsa con la forza. Questa è la storia di Rita, ventiseienne nigeriana. Vittima incolpevole di un sistema che, in base alle leggi, avrebbe invece dovuto accoglierla e aiutarla. Secondo l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione, infatti, ragazze come lei avrebbero diritto a ricevere un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di protezione sociale. Cosa che purtroppo non sempre avviene. La denuncia arriva dalla cooperativa sociale BeFree, che da anni opera all’interno del Cie di Ponte Galeria. E adesso ha deciso di rendere pubblica questa vicenda. “Affinché l’Italia cominci a rispettare le leggi e Rita sia l’ultima deportata”.DALLA NIGERIA AL VENETO – La storia di Rita comincia come quella di tante migliaia di giovani donne che ogni anno vengono condotte in Europa ammaliate da false promesse. 26 anni, nigeriana, la prima tappa del suo viaggio è stata la Grecia. Dove la attendeva un marciapiede e un destino da schiava del sesso a cui, “con molto coraggio e determinazione”, è riuscita a sottrarsi fuggendo in Italia. Destinazione: Veneto. Qui Rita si è rivolta a uno degli enti che che operano interventi a favore delle persone gravemente sfruttate. “Sfortunatamente però – racconta BeFree – nell’iter si è imbattuta in una pattuglia di polizia, che ha visto in lei solo una ‘clandestina’. Ovvero, una persona non in regola con la normativa impenetrabile dettata dalla Bossi-Fini”.L’ARRIVO A PONTE GALERIA – Privata nuovamente della libertà, Rita è stata quindi trasferita a Roma. Per essere rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Qui avviene però l’incontro con BeFree, che, dopo diversi colloqui, avvia le procedure previste dalla Turco-Napolitano per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Rita infatti non è una “clandestina” come le altre. È una vittima della tratta. Immediatamente la cooperativa presenta insieme a lei una denuncia-querela per il reato di traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale presso la Procura di Roma. E avvisa l’Ufficio Immigrazione del Cie. “NON È DI NOSTRA PERTINENZA” – A questo punto interviene la II sezione della Squadra Mobile di Roma che, informata dall’Ufficio Immigrazione, decide di ascoltare la ragazza. L’esito del colloquio è negativo: poiché lo sfruttamento di Rita non è avvenuto sul territorio italiano, i fatti non sono di pertinenza delle autorità italiane. Un’interpretazione che, secondo BeFree, contravviene “alle Convenzioni internazionali che riconoscono questo crimine come transnazionale”.ESPULSA MA NON ABBANDONATA – Senza aspettare le decisioni della Procura in merito al rilascio o meno di un permesso di soggiorno, Rita viene dunque imbarcata su un normale aereo di linea. E deportata in Nigeria. “Adesso – precisa BeFree – la ragazza, grazie all’intervento dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia (USMI), diretta da Suor Eugenia Bonetti, si trova presso un centro d’accoglienza di Lagos, che accompagna le ragazze deportate dall’Italia nel difficile percorso di reinserimento sociale e lavorativo”. Nonostante la distanza, la cooperativa presieduta da Oria Gargano non si è dimenticata di lei. E promette di impegnarsi “attraverso azioni legali mirate affinché possa  rientrare in Italia e trovare la protezione e il riconoscimento di diritti che le sono stati negati”.DIRITTI UMANI VIOLATI – Casi come quello di Rita non sono però purtroppo unici. “Negli ultimi tempi – denuncia BeFree – il nostro lavoro all’interno di Ponte Galeria si è fatto sempre più difficile. Sempre più arduo è infatti il compito di assicurare l’eleggibilità di diritti sanciti dalla legislazione italiana e dal diritto internazionale”. Organismi come le Nazioni Unite, il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa hanno chiaramente stabilito la necessità di identificare le persone vittime di traffico di essere umani a scopo di sfruttamento e di sostenerle in maniera adeguata. Ma i Cie – denuncia la cooperativa – “sono sordi a questi richiami, e, fedeli alla loro denominazione, appaiono sempre più attenti a identificare le persone semplicemente in senso poliziesco-burocratico. E ad espellerle”.26/1/2013 Fonte:www.paesesera.it