RACCONTI & OPINIONI

E' incolmabile la distanza del palazzo del potere dalle condizioni materiali e spirituali in cui versa gran parte del popolo


Il ballo macabro sulle spoglie del PaeseIl vicolo cieco in cui si è cacciata la politica italiana diventerà, per i politologi della posterità, un caso di scuola e, per gli storici, un frammento d’epoca che racconta della decadenza cui sono condannati un paese e le classi dirigenti che se lo sono divorato, lasciandolo andare in rovina, nel tempo del dominio del capitale finanziario e della massima subalternità culturale e sociale del lavoro.Questo per il domani. Per il tempo presente c’è solo da vivere, in presa diretta, oppressi dalla più cupa angoscia esistenziale, la distanza abissale che separa il Palazzo del potere dalle condizioni materiali e spirituali in cui versa gran parte del popolo al quale si dovrebbe garantire un’esistenza dignitosa e che invece langue, abbandonato – da quasi tutti – a se stesso.Tutti i partiti, da quelli di più lungo corso a quelli – come il M5S – di più recente conio, non vogliono tornare a votare. Questa è, in definitiva, la sola cosa certa che li unisce. E che salda fra loro, come un sol uomo e una sola donna, i parlamentari freschi di nomina, se non altro per un riflesso conservativo che li spinge – senza eccezioni – a difendere uno status (e un reddito, malgrado tutte le possibili decurtazioni) cui non vorrebbero mai rinunciare. Ciò che sta a fattor comune finisce qui. Per il resto è la babele dei linguaggi e regna l’eterogenesi dei fini.Il Pd, ad esempio, vuole ad ogni costo incassare quel premierato che l’imprevisto esito elettorale rischia di strappargli sul filo di lana. Fino alle elezioni, Bersani pensava di formare maggioranza e governo con Mario Monti e il suo “centro liberale”: era esattamente questo che il segretario dei democrat aveva in mente quando raccontava urbi et orbi che neppure con il 51% avrebbe voluto governare da solo. Ma ora che in ragione dei numeri l’alleanza a cui agognava è tramontata, quell’intendimento è evaporato come neve al sole. E, a fortiori, ora muta anche l’orientamento politico. Se non per convinzione, per necessità. Dall’opzione continuista, nel solco delle politiche monetariste, al governo “di svolta”, teso, per il poco che il Pd può mettere in gioco, ad intercettare il consenso di Grillo. Il quale, per converso, vuole continuare a cuocere “l’odiata casta” nel suo brodo, negandosi a qual si voglia forma di collaborazione e spingendo all’”inciucio” le forze che per un anno hanno sorretto il governo “tecnico”, nella speranza di raccogliere poi nelle urne il definitivo successo, sulle macerie dell’Italia e, forse, di ciò che resta della nostra esangue democrazia. Quanto a Berlusconi, padrone indiscusso della destra “sud-americana” che ha forgiato a sua immagine e somiglianza, vuole semplicemente salvare se stesso. Egli “sente” che l’establishment e una parte “di peso” del Pd medesimo accarezzano l’idea di un’intesa col Centrodestra, in qualunque modo camuffata, e ci si getta a pesce, aspettando che il cadavere di Bersani passi sotto il ponte per ritessere la sua trama.Napolitano, del resto, guarda esattamente a questa soluzione. E si capisce che non scommetterebbe un centesimo sull’esito del debole mandato da lui conferito al segretario del Pd.Intanto, a bordo ring, scalpita già Pietro Grasso, “pronto a tutto”, cioè a rendere i suoi servigi al Paese…ove richiesto. Il neo-presidente del Senato, quanto ad ambizione, non scherza, se già si offre come becchino di quel Bersani che qualche giorno fa lo ha portato ai vertici istituzionali.Monti, invece, dopo avere tentato, non proprio sobriamente, tutte le possibili scalate, emette ormai solo flebili lamenti, sempre più isolato nello sgangherato schieramento di reduci che solo un mese fa aveva riunito con molte ambizioni intorno al suo sopravvalutatissimo carisma.In questo scenario, a metà fra l’Apocalisse ed Hellzapoppin, dove ai progetti si sostituiscono il dilettantismo, l’improvvisazione, le meschine convenienze personali e di gruppo, il Paese collassa.Dino Greco22/03/2013 www.liberazione.it