RACCONTI & OPINIONI

Uomini e donne in carne ed ossa, dentro fabbriche e cantieri, tra i supermarket che crescono e i capannoni che chiudono


Viaggio nel "mal paese"La strada dei "schei" non si trova più. Il già mitico distretto è diventato il "dislungo" e il "dislargo". Il Paolo Anemone si è inventato le "scarpe vegane" e se la sfanga (ancora bene, per il momento) con l'on line. Il San'Antonio da Padova non fa più miracoli. E anche le Coop dell'Emilia Romagna non sono più quelle di una volta.Si può proprio dire un viaggio disastroso: quello compiuto poco meno di un anno fa, fra giugno e novembre 2012, dall'ex direttore del "Manifesto" Gabriele Polo nel già felice Nord Est, sulle tracce del lavoro perduto o in via di diventarlo. Un "giro" col taccuino da giornalista in mano; un incontro ravvicinato ma del primo tipo, tra uomini e donne in carne ed ossa, dentro fabbriche e cantieri, tra i supermarket che crescono e i capannoni che chiudono. Ne è uscito questo libro che ha un titolo senza scuse: "Affondata sul lavoro. L'Italia tra crisi e rabbia" (Ediesse, pag.145, € 12) e che possiamo leggere come "uno sguardo dal ponte". Uno sguardo che dà qualche brivido.«Mario Soggiu è morto il 15 luglio 2009. È caduto da un pianerottolo senza parapetto, al termine di una scala buia che l'aveva portato al qunto piano della torre numero tre. Aveva 56 anni, era al primo giorno di lavoro da operaio tubista». Era anche il 1.050mo caduto sul lavoro nel 2009 in Italia. Il sardo Mario Soggiu che non stava lavorando al Sud, ma a Bergamo. In una Lombardia, dove ancora oggi almeno il 30-40 per cento del lavoro edile è in "nero" e dove tra il 15 e il 20 per cento dei lavoratori risulta essere assunto tramite caporalato. E dove «Il risultato è una grande operazione di occultamento: scompare la trasparenza degli appalti, i lavoratori si fanno sempre più invisibili e la loro vita sempre più pericolosa», infiltrazione di mafie e n'dranghete a parte. Tutto peggiorato con la crisi: produzione industriale calata di quasi il 6% nei primi sei mesi del 2012 e ore di cassa integrazione sopra i 60 milioni. «La Brianza, il bergamasco, il bresciano sono tra le aree più colpite».Spengo la luce e vado in Cina. Come la Brembo di Curno, l'azienda metalmeccanica di Alberto Bombassei, 2.500 lavoratori, che «oramai investe soprattutto fuori Italia, l ultima scommessa è la Cina». Come la Reggiani, dove 130 dipendenti costruiscono macchine da stampa per tessuti all'80% esportate in India» (miracolo dei Brics...). Come la Bianchi di Zingonia (quella della favolosa macchinetta del caffé Faema), il cui «padrone oggi è la Goldman Sachs, lo stabilimento sotto "tutela" di cinque banche».Come il re dell'abbigliamento Benetton, che i suoi 12 miliardi lui si appresta a investirli non nel manifatturiero ma negli assai più remunerativi aeroporti (capitolo intitolato: "Treviso, la caduta degli "schei").«Così si vive - o si muore - a Vigonovo», sul Brenta, tra Mestre e Padova, «10.000 anime e una storia fatta di scarpe», qui dove c'è anche un Museo della calzatura. Qui sul Brenta dove ancora oggi si producono venti milioni di paia di scarpe l'anno, più di due miliardi di fatturato. Eppure anche qui «la crisi mondiale è arrivata un po' alla volta, senza aspettare il 2009». Andando avanti così, «il distretto calzaturiero sparirà». E quanto dice la Confederazione italiana dell'artigianato di Mestre è una specie di "per chi suona la campana": la difficoltà di accesso al credito e l'alta pressione fiscale sono i due mali oscuri che stanno minando l'ex favoloso mondo della scarpa. E che sono pure alla base dei tanti suicidi tra gli imprenditori, «fenomeno di cui il Veneto ha il triste primato in questo periodo di crisi».Sotto il segno di Mister Spread: per esempio «Torino-1, i nuovi poveri. Torino-2, la vita al tempo del debito. Lingotto, dall'acciaio al culatello. Mirafiori, senz'auto né parte», i titoli dei quattro capitoli che nel libro sono dedicati a Torino. L'ex Grande Torino. Sapete, oggi a Torino ci sono 100.000 poveri, il 12 per cento della popolazione: 2.000 vivono per strada, 60.000 sono quelli che campano con 3/400 euro al mese. «Impoverimento è una parola quasi vietata nella città ufficiale, ma ben conosciuta tra chi è cresciuto a "pane e auto"». Certo, con 800/900 euro della Cig, non si fa molto, «ma è il vuoto di prospettive che spaventa».Giù al Nord.Maria R. Calderoni18/04/2013 www.liberazione.it